Abbiamo intervistato il CEO di EIT Digital, Willem Jonker. Che ci ha raccontato il suo punto di vista per progettare il futuro dell’Europa
“Se EIT Digital vuole giocare in un ruolo che abbia un impatto reale, dobbiamo affrontare ogni questione in modo neutrale: con un approccio tecnico, perché noi siamo tecnici, mettere a disposizione un’analisi dello scenario e prospettive su come si potrebbe evolvere. Non puntiamo a fornire indicazioni: a noi spetta offrire informazioni, su quanto c’è oggi e sulle conseguenze che le scelte di oggi avranno sul domani”. Non ci potrebbe essere esordio migliore per la nostra conversazione: così Willem Jonker, il CEO di EIT Digital, mi riassume in un paio di frasi qual è la missione dell’organizzazione che dirige. Non fornire soluzioni a problemi, bensì contribuire a “modellare” la società per consentire a cittadini, aziende e istituzioni di esprimersi al meglio.
La nostra intervista si svolge a poco più di un mese da un evento molto importante per la sua organizzazione: la EIT Digital Conference che si terrà a Bruxelles il prossimo 10 settembre, un evento che secondo Jonker deve essere allo stesso tempo di ispirazione per i partecipanti ma anche coinvolgente. “Voglio che quando le persone tornano a casa dopo la nostra conferenza sentano di voler prendere parte a questa trasformazione digitale della nostra società: che deve essere anche più inclusiva, riuscire a rendere le donne ancora più protagoniste di questi cambiamenti è uno dei punti più importanti che affronteremo”.
L’Europa delle startup, e non solo
Parlare di trasformazione digitale, oggi, è un esercizio molto diverso da quanto facevamo 10 anni fa, mi spiega Jonker: in questi 10 anni sono arrivate a maturazioni una serie di tecnologie, come l’AI, che hanno dato origine a una serie di riflessioni sull’impatto che avranno nella vita reale. Cosa succederà quando le nostre automobili si guideranno da sole, cosa succederà quando la robotizzazione massiccia cambierà definitivamente il mondo del lavoro, cosa comporterà la pervasività dei social network per la nostra privacy: soprattutto alla luce del fatto che saremo perennemente connessi, nel bene e nel male.
“10 anni fa c’era maggiore ottimismo – commenta il CEO di EIT Digital – Nel 2010, se ci pensate, gli smartphone erano in circolazione solo da un paio d’anni e non avevano raggiunto il grado di penetrazione che hanno oggi. Questa esplosione tecnologica ci ha fatto comprendere che per ogni vantaggio c’è anche un potenziale svantaggio che si annida nell’adozione di un nuovo servizio digitale: e la questione si è gradualmente spostata anche nell’agenda politica”. Non è un caso, dice, che nell’ultimo discorso di insediamento del nuovo Presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, siano stati toccati due argomenti come il cambiamento climatico e la digitalizzazione: due fattori che avranno un impatto notevole sulla vita dei cittadini europei (e non solo).
Quindi a EIT Digital Conference si parlerà anche di questi temi: di come cambia la legislazione del lavoro a causa della tecnologia, di come cambia il lavoro grazie ai dati sempre più onnipresenti nelle nostre vite private e nel business, di come la tecnologia sta influenzando mercato come quello della finanza, del benessere, dei servizi nelle città sempre più smart. E poi naturalmente ci sarà spazio per parlare di startup, scaleup, di come creare le condizioni per accelerare la nascita e lo sviluppo di imprese in tutte le nazioni in cui EIT Digital è presente direttamente o tramite partnership con organizzazioni locali: senza farsi spaventare dal possibile fallimento, ma anzi cercando di imparare dai propri errori per fare meglio. Lo si potrà fare seguendo la conferenza o facendo networking nel village, una formula “walk and talk” che vedrà assieme manager e giovani talenti da ispirare.
Capitali per il Vecchio Continente
C’è un altro argomento che tocchiamo nel corso della nostra conversazione: ovvero come disegnare un mercato, o forse sarebbe meglio parlare di ecosistema o di condizioni per la crescita di un ecosistema, grazie al quale ci siano i presupposti per una crescita robusta e duratura dell’economia europea. “Oggi il grosso della tecnologia europea è frutto di investimenti di capitali esteri: capitali che arrivano da economie più ricche per quanto attiene questo tipo di investimenti, soprattutto perché hanno maggiore consapevolezza di quello che la tecnologia può fare – continua Jonker – Hanno capito davvero quale può essere il valore dei dati, noi forse non ci siamo ancora arrivati”.