«C’è stato un inverno del fintech, per fortuna abbastanza breve. Ad un crollo delle valutazioni non sembrava inizialmente corrispondere un rimbalzo o riadattamento. Oggi stiamo assistendo invece a grandi investitori istituzionali che si affacciano con maggiore consapevolezza». Daniele Zini, senior advisor di ItaliaFintech, è un esperto del comparto che ha fotografato nel libro Il Fintech in Italia. Istruzioni per l’uso. Nel volume analizza trend, tecnologie, facendo chiarezza soprattutto sul cosa rientra (e cosa no) nella definizione. Di questo e molto altro parlerà al Salone dei Pagamenti, in programma a Milano dal 27 al 29 novembre, dove è atteso come speaker. Online sono disponibili il programma, nomi di relatori e partner. Per iscriverti all’evento è disponibile qui il link.
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Fintech, terra di (troppi) unicorni
«Fintech – scrive Zini nel libro – non significa semplicemente tagliare i costi. La user experience e la soddisfazione puntuale delle esigenze degli utenti di riferimento sono aspetti strategici per gli operatori». Trattando da oltre dieci anni di innovazione, StartupItalia si è più volte imbattuta in grandi trasformazioni nel comparto. Il fintech potrebbe essere definito il settore più mainstream quando si parla di startup.
«Il 2024 – ci spiega Zini – sta rappresentando un momento di rinascita virtuosa del fintech. Se guardiamo agli anni scorsi riscontravo hype ed entusiasmo a volte irragionevoli. Ciò si rifletteva nelle valutazioni delle società, soprattutto all’estero. Tra 2017 e 2023 sono stato in Francia, UK e Malta e in tutti questi ecosistemi ho notato valutazioni frutto di un entusiasmo simile a quello della bolla delle dot.com». Zini ha il ricordo di quando in Gran Bretagna, Paese che nonostante Brexit resta fondamentale per comprendere trend e direzione degli investimenti, «almeno una volta la settimana qualche player diventava unicorno». Segno di grande vitalità del mercato, ma con una controindicazione. «Per reggere certe valutazioni devi avere adeguati ritorni, ma non potevano esserci perché mancavano clienti».
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Cos’è fintech
Se parliamo di pagamenti digitali in Italia le cose stanno senz’altro cambiando a livello di digitalizzazione. Come riporta i dati sul settore, nel 2023 il transato con strumenti di pagamento digitale ha raggiunto il volume di 444 miliardi di euro (+12% rispetto al 2022). Eppure rimaniamo al 24esimo posto su 27 nella classifica stilata dalla BCE per il numero di transazioni pro capite con carta (dato 2022).
Le cose stanno evolvendo anche perché le persone cambiano abitudini negli acquisti e maturano fiducia nei confronti degli strumenti digitali. «Ho deciso di inserire nel titolo la dicitura “Istruzioni per l’uso” proprio perché vuole esser uno spunto di riflessione per studenti e per chi lavora nel settore finanziario – argomenta Zini -. Dal mio punto di vista oggi ogni servizio finanziario è permeato di tecnologia. Saremo dunque portati a pensare che anche una banca tradizionale, con un buon home banking, sia fintech. Fintech è ciò che è nativamente tecnologico».
Nel corso dell’intervista a Zini sono state poi citate due delle aziende del settore più grandi: Satispay e Scalapay. «Satispay è uno strumento di pagamento che senza una tecnologia diffusa come gli smartphone non potrebbe esistere. Scalapay non ha inventato la dilazione di pagamento, ma ha sviluppato la capacità in tempo reale di valutazione immediata di merito creditizio che consente di valutare la bontà del soggetto in quanto debitore». Non serve dunque costruire da zero: a volte basta inserirsi e risolvere un problema per il cliente.
Le opportunità per l’Italia
Zini ha fatto esperienza in diverse aziende innovative del settore (October e Yapily), passando anche da CheBanca!. L’esperienza e i contatti con l’estero gli hanno permesso di inquadrare le difficoltà del nostro ecosistema, evidenziando i punti di forza di altri. «In molti Paesi europei troviamo italiani a capo di imprese che non hanno il tricolore sulle spalle. Purtroppo abbiamo due problemi: farraginosità normativa e difficoltà nel raccogliere capitali».
L’esperto cita il caso di Revolut, una delle più importanti fintech a livello internazionale. «In quel caso la Banca centrale lituana ha fatto da facilitatore, in ottica costruttiva. In Italia le fintech attendono invece il silenzio assenso, quando all’estero rispondono su WhatsApp». E per quanto riguarda gli investimenti, il problema è il medesimo di altri comparti. «In Italia c’è ancora la mentalità dei BOT e questo ha un impatto indiretto anche nel settore». Per cambiare occorre la sinergia tra attori tradizionali – le banche – e le società innovative. Le opportunità, in sostanza, sono maggiori rispetto alle situazioni di conflitto. Se ne parlerà a lungo nella prossima edizione del Salone dei Pagamenti 2024 dal 27 al 29 novembre a Milano.