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Con l’Assessore del Comune di Roma approfondiamo la questione di genere che si manifesta con una scarsa presenza femminile negli ambiti scientifici, tecnologici, ingegneristici e matematici con conseguenze che riguardano tutti
Il divario tra il genere maschile e quello femminile indicato solitamente con il termine “gender gap” riguarda diversi ambiti della società, dalle condizioni economiche a quelle sociali, dalle modalità, possibilità e scelte di istruzione alle ripercussioni sul mondo del lavoro.
Nel rapporto di “Save the Children” dal titolo “Che genere di tecnologie: Ragazze e digitale tra opportunità e rischi” (Feb 2018), le ragazze intervistate hanno spiegato come motivazione principale la percezione di assenza di pari opportunità nel mondo del lavoro e la spinta quindi a scelte differenti e “più sicure”. Una delle intervistate scrive: “Alcune ragazze volevano fare il professionale e alcuni ragazzi hanno detto loro che erano delle lesbiche”. Dunque pregiudizi associati ad una visione stereotipata della donna nella società a fronte di esempi ancora esigui.
Ne abbiamo parlato con Flavia Marzano Assessore “Roma Semplice” del Comune di Roma.
L’intervista
Donne e discipline STEM: un binomio ancora troppo poco frequente. Possono esserci problemi a livello sociale, culturale, professionale?
Il primo problema è strettamente italiano e non di genere. In Italia secondo un l’ultimo studio OCSE (Education at glance, rapporto annuale OCSE sullo stato dell’istruzione in Italia) le scienze sono poco approfondite, ed i ragazzi/e sulle discipline STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) sono indietro rispetto ai connazionali di altri paesi, con dati che rispecchiano livelli insufficienti fin dalla scuola superiore (liceo). E’ su questa base che si aggiunge il concetto di genere per cui le scienze sembrano un tema “da maschi” e le ragazze sono portate a scegliere altro. In particolare nell’ambito informatico, l’Università Ca’ Foscari ha portato avanti una ricerca specifica sulle motivazioni del divario di genere sulle STEM, scoprendo che le ragazze non si iscrivono ad informatica perché non vogliono diventare dei “nerd”, senza sapere che in realtà solo il 3% dei laureati in informatica si dedica al codice come lavoro finale e che in realtà ci sono molti altri sbocchi possibili. Quindi manca una informazione specifica in questo senso. Una cultura che dovrebbe svilupparsi fin da piccoli, fin dalle elementari. Ma pensiamo anche ai giochi che si regalano ai bambini: la bimba riceve spesso una bambola, mentre i mattoncini per le costruzioni LEGO sono più spesso destinati ai maschietti. Ma è proprio questo tipo di giochi che aiuta a sviluppare la capacità logica. Ancora in una periodo scolare primario, sarebbe utile favorire la cultura verso il coding e la programmazione. Quindi per concludere direi che si ci sono diversi livelli del problema: scolastici, di informazione e poi di conoscenza delle opportunità lavorative.
Come approcciare ciascuno di questi ambiti per diminuire il GAP?
Da diverso tempo sono nate le iniziative di coding nelle scuole. Si tratta di giornate in cui i ragazzi da 7 a 17 sviluppano software a scuola e imparano a programmare capendo il valore di questa capacità. In qualche caso sono anche organizzate con temi specifici, ad esempio la programmazione per la sicurezza informatica, o su altri ambiti tecnologici, ma si potrebbe organizzarli anche in ottica di genere. Ad esempio, l’iniziativa Ada Lab organizzato da Codemotion Kids e patrocinato dell’Assessorato Roma Semplice è un laboratorio gratuito dedicato alle ragazze per avvicinarle in maniera neutra alle tecnologie digitali e alle tematiche STEM.
Nel nostro paese la matematica è vista come “una brutta bestia”, ma se invece potessimo fornire una visione culturale fin da piccoli, forse si potrebbero migliorare molte cose. Ad esempio, non ci si deve dimenticare che una buona mentalità matematica e la capacità di contare permettono di essere più pronti rispetto a raggiri, frodi e tentativi di abboccamento commerciale o finanziario. La percezione che chi studia codice e programmazione finisca inevitabilmente per essere un nerd è un preconcetto da combattere con una informazione più specifica e mirata. Cultura a casa, mediante i genitori, cultura a scuola e cultura anche nella società. Nell’ambito pubblicitario sono tante le discriminazione “subliminali” che passano negli spot, ma anche guardando ai leader del G20 troviamo solo 2 sono donne. Anche nel governo le donne sono poche. Ciò che si vede nel mondo contribuisce a condizionare le scelte esattamente come fosse un messaggio subliminale. Infine anche nei convegni sono poche le donne invitate ed io stessa da oltre 15 anni, se tra i relatori se non c’è almeno una donna, a quei convegni non vado!
L’applicazione costante e controllata del sistema del merito potrebbe contribuire a cambiare le cose?
Il merito non esiste, ma il giorno in cui sarà davvero applicato il merito non serviranno le quote di genere. Invece, la diversità di genere applicata a qualsiasi disciplina permette maggiore scambio di idee e risultati di migliore qualità, perché “diverso è un valore”. Attualmente l’attenzione al merito è ancora solo prevista sulla carta, ma non veramente applicata. Un recente studio lo ha dimostrato in modo inequivocabile: per la scelta di orchestrali coperti da tenda, sono state assunte un numero maggiore di donne, mentre senza tenda, le assunzioni avevano favorito gli uomini. A dimostrazione pratica di come sia faticoso liberarsi dai pregiudizi.
Fin dall’università si assiste a scelte poco orientate alle STEM. Come incentivare invece le ragazze a queste materie?
E’ necessario informare le ragazze in modo appropriato, completo e mirato, organizzando sessioni speciali, ovvero giornate dedicate per ragazze, per aiutarle a scegliere senza raffronti con i ragazzi, perchè questi paragoni possono fuorviarle.
Si potrebbe pensare ad “Open day di genere” ma senza strumentalizzazioni?
Si, questa sarebbe una buona idea. In questo tipo di giornate, “open day di genere” la comunicazione e gli sbocchi professionali potrebbero essere spiegati e sviluppati secondo obiettivi specifici, curando quindi una informazione mirata per informare le ragazze che possono dedicarsi alle materie scientifiche, tecnologiche e matematiche senza essere tacciate come “nerd” e senza dover diventare una brutta copia di un maschio per poter emergere. Ma si potrebbe parlare dei pregiudizi e dei dubbi per chiarire e spiegare come affrontare quelle motivazioni che portano alla rinuncia verso le discipline STEM.
In termini di sbocchi professionali esiste un soffitto di cristallo per le donne in generale e in particolare per le discipline STEM?
Si certamente. Se analizziamo i fatti scopriamo un trend per cui le donne si laureano per prime, ma non riescono a fare carriera con la stessa velocità con cui hanno conseguito i loro risultati di studio. Ad esempio, per diventare ordinarie all’università il percorso è spesso talmente tortuoso che attualmente sono molto poche. Il soffitto di cristallo c’è ancora.
In un convegno recente (AFCEA) sulle questioni di genere nelle STEM si è parlato anche di un approccio femminile condizionato da buonismo, forse scarsa autostima: ma insomma sgomitiamo poco?
Non si tratta di non sgomitare abbastanza, ma di pretendere senza fare passi indietro, senza mollare. In qualche modo le donne troppo buoniste (secondo il pensiero “beh si forse lui e’ piu’ bravo” n.d.r.), forse rinunciatarie (“sarà per la prossima occasione” n.d.r.) o forse hanno poca fiducia in loro stesse (“non posso farcela” n.d.r.). Anche l’autostima andrebbe nutrita da piccolissimi mediante il ruolo dei genitori e della scuola.
Sulle quote di genere ci sono pareri contrapposti, anche femminili, quale è la sua opinione?
Credo che le quote di genere rappresentino un primo passo: laddove non c’è merito le quote devono garantire la diversità che rappresenta un valore e come tale, è importante garantire una equa rappresentazione del genere. Come secondo passo, quando si realizzeranno solo carriere basate sul merito le quote non serviranno più. Ma per oggi ancora non ci siamo.