Quanto crescono in realtà Cina e India? È una domanda da 13 trilioni di dollari, secondo la CNN. Considerando gli ultimi dati del Pil, Pechino corre a un passo di + 6,7%, mentre Nuova Delhi è in pole position con un + 7,9%. Ma ci sono dei dubbi sull’affidabilità di questi dati.
I dubbi degli economisti
Secondo la Banca Mondiale la crescita del Pil globale segue una media del + 2,4%. Cina e India sono irraggiungibili per chiunque e da sole coprono il 16% del Pil del Pianeta, per una cifra intorno ai 13 trilioni di dollari. Eppure, per diversi economisti malgrado questi dati lusinghieri i conti non tornano. L’India, per esempio, ha attirato recentemente diverse polemiche per i metodi usati nel calcolare il suo Pil dopo che ha apportato modifiche sostanziali ai fattori presi in valutazione. Una misura adottata lo scorso anno proprio in un momento duro, quando cioè il Paese frenava con una crescita tra le più basse dal 1980, spiega Forbes.
Il “trucchetto” degli indiani
Cosa è successo nel gennaio dello scorso anno? L’India ha deciso in sostanza di apportare due cambiamenti:
1. Spostare l’anno di riferimento dell’analisi dal 2004/2005 al 2011/2012;
2. Abbandonare il calcolo del costo dei fattori produttivi per adottare quello dei prezzi di mercato, valutazione effettuata sulla base dei prezzi di acquisto dei beni e servizi.
Un cambiamento salutato con scetticismo da grandi banche, come Morgan Stanley, ma anche dalla Banca Centrale indiana e da molti analisti. E che ha riscritto la storia del Pil indiano, con la crescita corretta nel 2013/2014 dal 4,7 al 6,9 e passata dal 4,5 al 5,1% nel 2012/2013. Le critiche giungono soprattutto da chi considera i fattori presi in considerazioni distanti da indicatori come la produzione industriale, la spesa per gli investimenti e l’export.
«I dati non sono attendibili»
Tra le voci critiche la più autorevole c’è Capital Economics, società di consulenza e indagini di mercato londinese. Uno dei suoi rappresentanti indiani, Shilan Shan, ha dichiarato a CNN che “la crescita dell’India è sotto gli occhi di tutti, ma i dati divulgati dagli enti governativi sono poco credibili”. Mentre il governo continua a trincerarsi: «La domanda è, vi piacerebbe camminare con gli occhi chiusi o con un paio di occhiali sporchi? La risposta è che vi piacerebbe più la seconda opzione» ha dichiarato ai giornalisti, T.C.A Anant, segretario e capo dell’Ufficio statistico indiano. Come a dire, i dati non sono certo attendibili, ma anche quelli di prima non lo erano. «D’altronde non è facile misurarli in un Paese in cui il 90% è impegnato in attività di economia informale».
La Cina ancora più inarbugliata
Se in India i responsabili delle statistiche sono più aperti alle critiche al loro lavoro, questo non succede in Cina dove i dati sono condizionati dai dettami del Partito Comunista e l’agenzia che si occupa delle statistiche nazionali non gode di una grande indipendenza rispetto alla politica, secondo le opinioni di diversi analisti.
I più critici delle stime ufficiali prendono in considerazioni alcuni fattori per determinare il Pil in modo più corretto, come la produzione di energia, il volume delle merci che vengono spedite via cielo e mare. Questi indicatori suggeriscono che l’economia cresce del 4-5%, decisamente sotto il 6.7 delle stime ufficiali. D’altronde lo stesso primo ministro, Li Keqiang, aveva bollato i dati ufficiali come non affidabili. Nel 2007 quando lavorava come amministratore provinciale aveva dichiarato all’ambasciatore americano che le statistiche sul Pil venivano misurate con metodi manuali e andavano prese con le molle.
Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1