C’è chi li blocca, c’è chi li mina. E c’è anche chi fa entrambe le cose. I bitcoin sono da tempo sulla bocca di tutti, comprese le banche centrali di tutto il mondo. Mentre ci sono paesi che ne bloccano i servizi di trading ce ne sono altri che istituiscono criptovalute di Stato. Ecco una panoramica.
Estonia all’avanguardia con EstCoin
Il fatto che l’Estonia sia il paese più all’avanguardia sotto la sfera digitale non è certo una sorpresa. Le iniziative di Tallinn su innovazione e sviluppo tecnologico sono tante e diversificate (ne abbiamo parlato anche lo scorso luglio, all’inizio del semestre di turno di presidenza dell’Ue del paese baltico). Non desta dunque eccessivo stupore il fatto che sia proprio l’Estonia il primo paese europeo a voler introdurre una criptovaluta di Stato. Come già spiegato lo scorso agosto, la nuova e-currency dovrebbe chiamarsi EstCoin.
Tallin sfida Mario Draghi
Dopo l’annuncio di qualche mese fa, però, il governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi è intervenuto per bloccare il progetto sul nascere, spiegando che “nessun Paese dell’eurozona può introdurre una sua moneta”. Ma il governo estone non sembra intenzionato a mollare la presa, tutt’altro. Tallinn insiste anche perché ha inquadrato l’EstCoin nel suo progetto di e-Residency, l’identità digitale studiata per attrarre investitori dall’estero. L’opzione è quella di agganciare la criptomoneta al valore dell’euro, senza dunque creare scompensi e differenze legate agli sbalzi di valore delle monete digitali. Ma Draghi non vuole creare un precedente in grado di incoraggiare altri paesi a introdurre nuove e-currency e autorizzare il pagamento di beni reali con la criptomoneta.
Putin vuole il controllo dei bitcoin
Nel frattempo anche Vladimir Putin ha deciso di sfruttare le potenzialità di bitcoin & company. Per questo lo scorso agosto in Russia è stato annunciato l’arrivo del criptorublo, la versione russa della moneta digitale. Il tutto appena dopo che il presidente russo aveva parlato del bitcoin come un mezzo che avrebbe incrementato il riciclaggio di denaro, l’evasione fiscale e il finanziamento del terrorismo. Non c’è ancora una data di lancio, ma in ogni caso quando verrà introdotto, il criptorublo diventerà l’unica moneta digitale autorizzata in Russia, permettendo dunque a Putin un rigido controllo perché il mining di altre criptovalute sarà vietato. Un ruolo importante verrà giocato dalla Russian Miner Coin, una startup della quale è coproprietario uno dei consulenti digitali di Putin, Dmitry Marinichev.
La mossa di Israele in ottica sicurezza
Sul tema si è mosso da tempo anche Israele, che con Tel Aviv rappresenta uno dei principali hub tecnologici a livello globale. La Banca d’Israele sta infatti lavorando alla gestione di una criptovaluta alternativa alle altre e-currency in grado di sostituire il denaro contante. L’idea è quella di digitalizzare le transazioni, che nel paese avvengono già per la maggior parte in forma elettronica con l’utilizzo di carte di credito o bonifici bancari. La nuova moneta permetterebbe invece di aggirare l’intermediazione bancaria con un passaggio di denaro diretto tra venditore e acquirente. Ma dietro ci sarebbero anche motivazioni legati alla sicurezza nazionale. L’intenzione sarebbe infatti quella di poter mantenere la tracciabilità del denaro emesso, rendendone impossibile un uso anonimo che spesso, secondo il governo israeliano, finisce anche per finanziare attività terroristiche nella regione oltre che ad alimentare l’evasione.
Dubai lancia emCash
Nel panorama dei paesi all’avanguardia quando si parla di forme di denaro non poteva certo mancare Dubai. Lo scorso settembre, infatti, il ricco emirato ha annunciato che verrà introdotta una criptovaluta di Stato, chiamata emCash, che sarà utilizzata per pagare una serie di servizi governativi come le tasse e servizi privati. È già stata creata una blockchain ad hoc per ospitare la nuova moneta digitale sotto il controllo della Dubai Economy Accelerators. Ali Ibrahim, il Deputato Direttore Generale del dipartimento Economico, ha spiegato inoltre che emCash servirà a rinforzare l’identità finanziaria dell’economia locale ed accelerare l’economia smart, in continua crescita.
I dubbi sul Petro del Venezuela
In questa lista c’è anche un chiaro intruso: il Venezuela. Il Paese, dilaniato da una profonda crisi economica e dalle tensioni politiche e sociali, ha comunque annunciato il lancio di una criptovaluta di Stato, il Petro. La decisione del presidente Nicolas Maduro desta più di una perplessità. Caracas deve rifinanziare un debito enorme, superiore ai 120 miliardi di dollari. Molte compagnie statali sono in bancarotta e pare proprio difficile che creare una versione virtuale degli svalutatissimi bolivares possa aiutare in qualche modo. Secondo Maduro la nuova criptovaluta sarebbe “collegata alle ricchezze del paese” e servirebbe a combattere sia l’inflazione sia “l’embargo internazionale”. Ma secondo molti economisti si tratta semplicemente di uno strumento centralizzato motivato dal costo ormai troppo alto di carta e inchiostro per stampare banconote.
Stretta in Cina, si muovono Francia e Germania
La lista non finirebbe qui. Anche il Canada, uno dei nuovi paradisi del mining, starebbe considerando la possibilità di creare una sua criptovaluta. Ma nello stesso tempo si moltiplicano i paesi che stanno bloccando le monete digitali, come la Corea del Sud, o vogliono comunque introdurre regolamentazioni più stringenti. Francia e Germania, per esempio, sono pronte ad avanzare una proposta congiunta di regolamentazione dei bitcoin. “Abbiamo le stesse preoccupazioni e condividiamo l’obiettivo di regolamentare le e-currency” ha dichiarato il ministro francese delle Finanze Bruno Le Maire. La Corea del Sud, dal canto suo, impone pesanti restrizioni ma allo stesso tempo sta preparando il lancio di una propria criptovaluta di Stato. Ma a destare maggiori preoccupazioni agli appassionati di monete digitali c’è il nuovo giro di vite di Pechino, con la banca centrale cinese che starebbe valutando una stretta come per esempio il blocco dei servizi di trading delle criptovalute. E un paese come la Cina, dove la grande maggioranza delle transazioni avviene ormai in forma digitale tramite smartphone, potrebbe presto diventare patria di una nuova moneta digitale di Stato.