Diverse sezioni della norma che regola le finanze dello Stato parlano delle nuove imprese. Con alcuni cambiamenti anche in materia di sgravi e contributi, e una profonda rivisitazione di Invitalia
Nella Legge di Bilancio 2019, quella che un tempo si chiamava “finanziaria”, sono contenute una serie di norme che avranno impatto diretto sulle startup e sulle nuove imprese. Si tratta di fatto di una razionalizzazione di alcune delle regole attualmente in vigore, che puntano sulla creazione di incentivi all’investimento e che definiscono in modo formale anche alcune delle figure che fino a oggi hanno operato nel settore. Vediamo nel dettaglio i diversi elementi contenuti nel testo approvato al Senato e che dovrebbe passare inalterato (non senza polemiche) anche alla Camera.
La privatizzazione di Invitalia?
Il veicolo di investimento governativo, Invitalia, fin qui ha operato con una certa lentezza: a causa, va detto, di una sua conformazione tale per la quale ogni decisione doveva essere avvalorata e pesata alla luce dei compiti e delle finalità che erano state stabilite per esso. Ora il Governo ha deciso per la possibile cessione di quote di partecipazione di Invitalia: ma questa mossa non va letta come l’intenzione di liberarsi di un peso, bensì come la possibilità di far affluire altri capitali (anche privati, ma prima di tutto di Cassa Depositi e Prestiti) all’interno di quello che dovrebbe diventare un “fondo dei fondi” col bollino governativo.
116. Al fine di semplificare e rafforzare il settore del venturecapital e il tessuto economico-produttivo del Paese, il Ministero dello sviluppo economico può autorizzare la cessione, a condizioni di mercato, da parte dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa – Invitalia, di una quota di partecipazione, anche di controllo, detenuta nella società di gestione del risparmio Invitalia Ventures SGR Spa – Invitalia SGR, nonché di una quota di partecipazione in fondi da essa gestiti, per favorire la gestione sinergica delle risorse di cui all’articolo 23 del decreto- legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, all’articolo 1, comma 897, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e al comma 121 del presente articolo, già affidate a Invitalia SGR, e a condizione che dalla cessione derivi l’apporto di risorse aggiuntive da parte del soggetto acquirente. Con direttiva del Ministro dello sviluppo economico a Invitalia sono stabiliti i contenuti e i termini della cessione, anche ai fini dell’esercizio del diritto di opzione di cui al comma 117, unitamente ai criteri di governance per l’esercizio dei diritti di azionista sull’eventuale quota di minoranza e di titolare di quote dei fondi di investimento.
117. Per le finalità e alle condizioni previste dal comma 116, è attribuito all’Istituto nazionale di promozione di cui all’articolo 1, comma 826, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, il diritto di opzione per l’acquisto della quota di partecipazione azionaria in Invitalia SGR nonché della quota di partecipazione in fondi da essa gestiti, da esercitare nel termine e con le modalità stabilite nella direttiva del Ministro dello sviluppo economico di cui al comma 116, ove ritenuti congrui.
118. Nel caso di cessione ai sensi dei precedenti commi, la gestione delle attività e delle risorse di cui al comma 116 già affidate a Invitalia sulla base di provvedimenti normativi e regolamentari vigenti alla data di entrata in vigore del presente articolo prosegue in capo al medesimo gestore, o ad altra società veicolo eventualmente costituita a seguito di operazioni di aggregazione del gestore con altri soggetti. I termini e le condizioni della gestione delle predette risorse possono in ogni caso essere ridefiniti, nel rispetto della normativa di riferimento, da una nuova convenzione sottoscritta tra il Ministero dello sviluppo economico, Invitalia e il soggetto gestore, in sostituzione delle disposizioni regolamentari e convenzionali che disciplinano tale gestione.
119. In caso di cessione della partecipazione di controllo, la restante partecipazione di Invitalia in Invitalia SGR può essere trasferita, mediante operazioni societarie senza oneri per la finanza pubblica, al Ministero dell’economia e delle finanze anche in deroga alle condizioni di cui al comma 116 e alla disciplina in materia di società a partecipazione pubblica.
120. Per le finalità di cui ai commi da 116 a 119, all’articolo 1 della legge 27 dicembre 2017, n. 205, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 899, le parole: « per almeno il 50 per cento » sono sostituite dalle seguenti: « secondo le modalità definite nel regolamento di gestione del Fondo, anche »;
b) al comma 900, le parole: « il 30 per cento della consistenza complessiva dei predetti fondi » sono sostituite dalle seguenti: « la percentuale della consistenza complessiva dei predetti fondi, secondo le modalità definite nel regolamento di gestione del Fondo ».
La gestione di Invitalia, dunque, potrebbe passare in mano a privati o comunque non essere direttamente sotto il controllo del MISE: ma solo a condizione che chiunque comandi porti in dote capitali consistenti per aumentare la dotazione del fondo. Nel capitale di Invitalia SGR resterà comunque una partecipazione pubblica. A tale scopo, con apposito comma, viene anche trasferita la cifra di 200 milioni di euro facente parte del pacchetto “Italia Venture III”, creata dal governo precedente per combattere la delocalizzazione.
121. Le risorse per complessivi 200 milioni di euro di cui alla delibera del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) n. 14 del 18 febbraio 2018, assegnate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 7 maggio 2018, pubblicato nella GazzettaUfficiale n. 227 del 29 settembre 2018, ad Invitalia, a valere sulle risorse del « Piano operativo imprese e competitività FSC 2014-2020 », per la costituzione, unitamente a eventuali ulteriori risorse finanziarie proprie, di un apposito fondo di reindustrializzazione, denominato « Italia Venture III », già affidato in gestione a Invitalia SGR con il medesimo decreto, sono assegnate al Ministero dello sviluppo economico che le utilizza per le finalità di cui al comma 116 in quanto compatibili con le politiche economiche del Fondo per lo sviluppo e la coesione di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88, di concerto con il Ministro per il Sud, Autorità politica delegata per la coesione, sentita la cabina di regia di cui all’articolo 1, comma 703, lettera c), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, assicurando l’informativa al CIPE.
Più soldi alle nuove imprese
C’è un altro capitolo interessante che va analizzato: la decisione di reinvestire il 15 per cento degli utili provenienti dalle partecipate dal MISE in fondi VC (comma 216).
216. Con l’obiettivo strategico di sostenere il tessuto economico produttivo più innovativo ed assicurarne lo sviluppo e la crescita nell’interesse generale del Paese, le entrate dello Stato derivanti dalla distribuzione di utili d’esercizio o di riserve sotto forma di dividendi delle società partecipate dal Ministero dell’economia e delle finanze sono utilizzate, in misura non inferiore al 15 per cento del loro ammontare, nel rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, per investimenti in Fondi per il Venture Capital ai sensi del comma 206. Le somme introitate a tale titolo sono riassegnate, anche in deroga ai limiti previsti per le riassegnazioni, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze ad apposito capitolo dello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia e delle finanze per essere versate al fondo di sostegno al Venture Capital di cui al comma 209. Le disposizioni del presente comma si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge ed includono le entrate dello Stato rivenienti dai risultati dell’ultimo bilancio di esercizio delle società partecipate.
Ma ci sono anche altri milioni che dovrebbero convergere nelle startup: parliamo di 30 milioni l’anno dal 2019 al 2021, totale quindi 90 milioni, che dovrebbero essere investiti in partecipazioni a fondi di venture capital, più altri 20 milioni spalmati tra 2022 e 2025 (comma 209).
206. Al fine di promuovere gli investimenti in capitale di rischio da parte di operatori professionali, lo Stato, tramite il Ministero dello sviluppo economico, può sottoscrivere quote o azioni di uno o più Fondi per il Venture Capital o di uno o più fondi che investono in Fondi per il Venture Capital, come definiti dall’articolo 31, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, come sostituito dalla lettera b) del comma 219 del presente articolo.
207. Lo Stato può sottoscrivere le quote o azioni di cui al comma 206, anche unitamente ad altri investitori istituzionali, pubblici o privati, privilegiati nella ripartizione dei proventi derivanti dalla gestione dei predetti organismi di investimento.
208. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono definite le modalità d’investimento dello Stato di cui ai commi 206 e 207 nel rispetto della comunicazione della Commissione europea 2014/C 19/04, relativa agli « Orientamenti sugli aiuti di Stato destinati a promuovere gli investimenti per il finanziamento del rischio », o del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014.
209. Per le finalità di cui al comma 206, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, il Fondo di sostegno al Venture Capital con una dotazione di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 e di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2022 al 2025.
Un altro aspetto significativo è la decisione di introdurre la possibilità per i piani di risparmio gestito di investire in attività a capitale di rischio. Tuttavia per queste norme ci sarà la necessità di produrre entro 4 mesi appositi decreti attuativi (comma 215), con lo scopo evidentemente di approfondire la questione non banale di offrire un quadro chiaro a chi fino a oggi non è stato abituato ad associare i fondi pensione e i fondi gestiti all’investimento di rischio.
211. Per i piani di risparmio a lungo termine di cui all’articolo 1, commi da 100 a 114, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, costituiti a decorrere dal 1° gennaio 2019, si applicano le disposizioni dei commi seguenti.
212. In ciascun anno solare di durata del piano, per almeno i due terzi dell’anno stesso, le somme o i valori destinati nel piano di risparmio a lungo termine devono essere investiti per almeno il 70 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari, anche non negoziati nei mercati regolamentati o nei sistemi multilaterali di negoziazione, emessi o stipulati con imprese residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio medesimo; la predetta quota del 70 per cento deve essere investita per almeno il 5 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni sui sistemi multilaterali di negoziazione, per almeno il 30 per cento del valore complessivo in strumenti finanziari di imprese diverse da quelle inserite nell’indice FTSE MIB della Borsa italiana o in indici equivalenti di altri mercati regolamentati e per almeno il 5 per cento in quote o azioni di Fondi per il Venture Capital residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo. Gli strumenti finanziari ammessi alle negoziazioni sui sistemi multilaterali di cui al periodo precedente devono essere emessi da piccole e medie imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003.
213. Sono Fondi per il Venture Capital di cui al comma 212 e di cui all’articolo 1, comma 89, lettera b-ter), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, introdotta dalla lettera b) del comma 210 del presente articolo, gli organismi di investimento collettivo del risparmio che destinano almeno il 70 per cento dei capitali raccolti in investimenti in favore di piccole e medie imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, non quotate, residenti nel territorio dello Stato ai sensi dell’articolo 73 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, o in Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo con stabili organizzazioni nel territorio medesimo e che soddisfano almeno una delle seguenti condizioni:
a) non hanno operato in alcun mercato;
b) operano in un mercato qualsiasi da meno di sette anni dalla loro prima vendita commerciale;
c) necessitano di un investimento iniziale per il finanziamento del rischio che, sulla base di un piano aziendale elaborato per il lancio di un nuovo prodotto o l’ingresso su un nuovo mercato geografico, è superiore al 50 per cento del loro fatturato medio annuo negli ultimi cinque anni.
214. Le disposizioni di cui ai commi da 211 a 213 sono attuate nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dal regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato interno in applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, e in particolare degli articoli 21 e 23 del medesimo regolamento, che disciplinano rispettivamente gli aiuti alle piccole e medie imprese per il finanziamento del rischio e si applicano agli investimenti effettuati fino al 31 dicembre 2020 e gli aiuti alle piattaforme alternative di negoziazione specializzate nelle piccole e medie imprese. Agli adempimenti europei, nonché a quelli relativi al Registro nazionale degli aiuti di Stato, provvede il Ministero dello sviluppo economico.
215. Con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti le modalità e i criteri per l’attuazione delle disposizioni di cui ai commi da 211 a 214.
La nascita dei business angel
Non sono certo un’invenzione di questo Governo, ma è stato deciso di regolamentare ufficialmente la figura del business angel: chiunque abbia investito 40.000 euro negli ultimi tre anni rientrerà appieno nella definizione. L’obiettivo in questo caso pare quello di rendere chiara la distinzione tra i diversi stakeholder, anche in prospettiva futura per poter definire compiti e doveri di diversi ruoli.
217. Al fine di incentivare e rendere più efficienti tutte le fasi degli investimenti nel campo dell’innovazione, all’articolo 1, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dopo la lettera m-undecies) è inserita la seguente:
« m-undecies.1) “Business Angel”: gli investitori a supporto dell’innovazione che hanno investito in maniera diretta o indiretta una somma pari ad almeno euro 40.000 nell’ultimo triennio ».
Nuove norme anche per quanto attiene i fondi VC, che previa approvazione della Comunità Europea trovano qui una nuova definizione:
219. All’articolo 31 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, le parole: « dei fondi comuni di investimento » sono sostituite dalle seguenti: « dell’organismo di investimento collettivo del risparmio chiuso, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera k-ter), del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nonché delle società di investimento a capitale fisso, di cui all’articolo 1, comma 1, lettera i-bis), del medesimo testo unico »;
b) il comma 2 è sostituito dal seguente:
« 2. Sono definiti “Fondi per il Venture Capital” (FVC) gli organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi e le società di investimento a capitale fisso, residenti in Italia, ai sensi dell’articolo 73, comma 3, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ovvero in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo che sono compresi nell’elenco di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 220 del 19 settembre 1996, che investono almeno l’85 per cento del valore degli attivi in piccole e medie imprese (PMI) non quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 2, paragrafo 1, lettera f), punto i), del regolamento (UE) 2017/1129 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 giugno 2017, nella fase di sperimentazione (seed financing), di costituzione (start-up financing), di avvio dell’attività (early-stage financing) o di sviluppo del prodotto (expansion o scale up financing) e il residuo in PMI di cui all’articolo 1, comma 1, lettera w-quater.1), del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 »;
c) al comma 3, lettera e), le parole: « da non più di 36 mesi » sono sostituite dalle seguenti: « da meno di sette anni ».
220. Le disposizioni di cui al comma 218 e al comma 219, lettera c), sono efficaci previa autorizzazione della Commissione europea secondo le procedure previste dall’articolo 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea.
Più sgravi per chi investe
Passano da 30 al 40 per cento le aliquote di detrazione per chi investe in startup: un incentivo in più a puntare sulle nuove imprese dunque, ma ci sono novità anche per cercare di ovviare alla carenza principale dell’ecosistema italiano. La quasi assoluta mancanza di exit. Nel caso di totale acquisizione del capitale sociale (la classica dinamica di una exit), le detrazioni salgono al 50 per cento: a condizione però di un impegno triennale nel mantenimento della impresa acquisita.
218. Per l’anno 2019, le aliquote di cui ai commi 1, 4 e 7 dell’articolo 29 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, sono incrementate dal 30 al 40 per cento. Nei casi di acquisizione dell’intero capitale sociale di start-up innovative da parte di soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società, diversi da imprese start-up innovative, le predette aliquote sono incrementate, per l’anno 2019, dal 30 per cento al 50 per cento, a condizione che l’intero capitale sociale sia acquisito e mantenuto per almeno tre anni.
La scoperta del cloud e della cybersecurity
Per quanto attiene la digital transformation, ci sono due novità da riportare. La prima, la più eclatante, è la introduzione di una nuova fattispecie di servizi che possono godere di agevolazioni sotto forma di voucher: si tratta del “cloudcomputing” (comma 229, sic), di fatto un’apertura chiara ai beni immateriali che possono essere costituti da SaaS, IaaS e simili e che oggi costituiscono uno dei prodotti più sviluppati e al contempo più richiesti dalle imprese.
229. La disciplina di cui all’articolo 1, comma 10, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, si interpreta nel senso che si considerano agevolabili anche i costi sostenuti a titolo di canone per l’accesso, mediante soluzioni di cloudcomputing, a beni immateriali di cui all’allegato B della medesima legge, limitatamente alla quota del canone di competenza del singolo periodo d’imposta di vigenza della disciplina agevolativa.
Fa tutto parte del percorso iniziato col piano “impresa 4.0”, che qui viene anche ulteriormente prorogato (comma 228) e rifinanziato per altri 75 milioni (comma 231).
228. Per i due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2018, alle micro e piccole imprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, è attribuito un contributo a fondo perduto, nella forma di voucher, per l’acquisto di prestazioni consulenziali di natura specialistica finalizzate a sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano nazionale impresa 4.0 e di ammodernamento degli assetti gestionali e organizzativi dell’impresa, compreso l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali. Il contributo è riconosciuto in relazione a ciascun periodo d’imposta in misura pari al 50 per cento dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 40.000 euro. Alle medie imprese, come definite dalla citata raccomandazione 2003/361/CE, il contributo di cui al primo periodo è riconosciuto in relazione a ciascun periodo d’imposta in misura pari al 30 per cento dei costi sostenuti ed entro il limite massimo di 25.000 euro. In caso di adesione a un contratto di rete ai sensi dell’articolo 3, commi 4-ter e seguenti, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, avente nel programma comune lo sviluppo di processi innovativi in materia di trasformazione tecnologica e digitale attraverso le tecnologie abilitanti previste dal Piano nazionale impresa 4.0 e di organizzazione, pianificazione e gestione delle attività, compreso l’accesso ai mercati finanziari e dei capitali, il contributo è riconosciuto alla rete in misura pari al 50 per cento dei costi sostenuti ed entro il limite massimo complessivo di 80.000 euro. I contributi di cui al presente comma sono subordinati alla sottoscrizione di un contratto di servizio di consulenza tra le imprese o le reti beneficiarie e le società di consulenza o i manager qualificati iscritti in un elenco istituito con apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo stesso decreto sono stabiliti i requisiti necessari per l’iscrizione nell’elenco delle società di consulenza e dei manager qualificati, nonché i criteri, le modalità e gli adempimenti formali per l’erogazione dei contributi e per l’eventuale riserva di una quota delle risorse da destinare prioritariamente alle micro e piccole imprese e alle reti d’impresa.
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231. Per le finalità di cui al comma 228 è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un fondo con una dotazione pari a 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021.
Tre milioni di euro vengono stanziati per la cybersecurity, con la creazione di un fondo presso il Ministero della Difesa: il piano di investimento ha durata triennale. L’utilizzo di questo fondo passerà comunque anche attraverso le Commissioni parlamentari.
227. In conformità agli obiettivi di cui al comma 226, al fine di potenziare gli interventi e le dotazioni strumentali in materia di difesa cibernetica nonché di rafforzare le capacità di resilienza energetica nazionale, è istituito nello stato di previsione del Ministero della difesa un fondo con una dotazione finanziaria di un milione di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Con decreto del Ministro della difesa, adottato di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, le risorse del fondo sono ripartite tra gli interventi di cui al primo periodo. Il decreto di ripartizione è comunicato alle Camere per la trasmissione alle competenti Commissioni parlamentari.
La parola Blockchain
In Legge di Bilancio si affaccia anche il termine “blockchain”: ad essa e ad altre iniziative in materia di intelligenza artificiale e IoT viene attribuito un fondo totale di 45 milioni in tre anni gestito dal MISE. Quest’ultimo dovrà vigilare sull’uso corretto di questi milioni, e anche sulla connessione dei diversi attori della filiera: nelle intenzioni di chi ha redatto la norma si dovrebbe instaurare una collaborazione tra università e privati, centri di ricerca nazionali e internazionali, allo scopo di promuovere la competitività italiana con queste tecnologie. C’è infine anche l’apertura di questo fondo alla partecipazione dei privati: di fatto potranno investire assieme allo Stato.
226. Per perseguire gli obiettivi di politica economica e industriale, connessi anche al programma Industria 4.0, nonché per accrescere la competitività e la produttività del sistema economico, è istituito, nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, un Fondo per interventi volti a favorire lo sviluppo delle tecnologie e delle applicazioni di intelligenza artificiale, blockchain e internet of things, con una dotazione di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021. Il Fondo è destinato a finanziare: a)progetti di ricerca e innovazione da realizzare in Italia ad opera di soggetti pubblici e privati, anche esteri, nelle aree strategiche per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, della blockchain e dell’internet of things, funzionali alla competitività del Paese; b) iniziative competitive per il raggiungimento di specifici obiettivi tecnologici e applicativi; c) il supporto operativo e amministrativo alla realizzazione di quanto previsto alle lettere a) e b), al fine di valorizzarne i risultati e favorire il loro trasferimento verso il sistema economico produttivo, con particolare attenzione alle piccole e medie imprese. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è individuato l’organismo competente alla gestione delle risorse ed è definito un assetto organizzativo che consenta l’uso efficiente delle risorse del Fondo al fine di favorire il collegamento tra i diversi settori di ricerca interessati dagli obiettivi di politica economica e industriale, la collaborazione con gli organismi di ricerca internazionali, l’integrazione con i finanziamenti della ricerca europei e nazionali, le relazioni con il sistema del capitale di rischio (venture capital) italiano ed estero. La funzione di amministrazione vigilante è attribuita al Ministero dello sviluppo economico. Al Fondo possono affluire, previo versamento all’entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione alla spesa, contributi su base volontaria. Le modalità di contribuzione da parte di enti, associazioni, imprese o singoli cittadini sono definite dal regolamento di cui al presente comma. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.