Gli industriali ammoniscono il Governo, che dovrà mettere in campo misure economiche più efficaci e strigliano l’Unione europea (“smetta di balbettare”) alla quale chiedono i Covidbond
Per Confindustria il Coronavirus lascerà un segno indelebile e doloroso non solo nella memoria collettiva e sul sistema sanitario ma anche nei nostri bilanci. Secondo il suo Centro studi, infatti, si prospetta una “enorme la perdita di Pil nella prima metà del 2020”. Senza grosse sorprese, “il Covid-19 affosserà il Pil” arrivando forse a segnare -10% nella prima parte dell’anno con un -6 sui dodici mesi ma, passata l’epidemia, forse rivedremo i primi raggi di sole: una “risalita lenta” che dovrebbe portare per il 2021 a un rimbalzo di tre punti e mezzo percentuali, anche se “solo i prossimi mesi diranno” se in queste ipotesi c’è “realismo o eccessivo ottimismo”.
Confindustria: prospettive economiche gravemente compromesse
Gli analisti di Confindustria non usano certo giri di parole per indicare la gravità della situazione che dovremo affrontare: “Le prospettive economiche, in questa fase di emergenza sanitaria, sono gravemente compromesse”. Anche perché nemmeno è ancora “chiaro con quali tempi esse potranno essere ristabilite neppure dal lato dell’offerta”, dice il Centro studi di Confindustria, che ha basato il proprio calcolo su questa progressione nella riapertura delle imprese nel Paese: dal 40% di inizio aprile, al 70% di inizio maggio, al 90% a inizio giugno ed al 100% a fine mese.
© Fitch – Twitter
“L’azione di politica economica, immediata ed efficace, deve essere diretta in questa prima fase a preservare il tessuto produttivo del Paese”, insistono da viale dell’Astronomia. “In particolare, dall’industria dipendono direttamente o indirettamente un terzo circa di tutti gli occupati nel nostro Paese e originano circa la metà delle spese in R&S e degli investimenti necessari ad aumentare il potenziale di crescita dell’economia”.
Leggi anche: INPS, domani day one per il bonus per le p. Iva. Le cose da sapere
“Evitare che la crisi di liquidità diventi un problema di solvibilità”
“Oggi è urgente evitare che il blocco dell’offerta ed il crollo della domanda provochino una drammatica crisi di liquidità nelle imprese: a fronte delle spese indifferibili (tra cui quelle per gli adempimenti retributivi, fiscali e contributivi) e degli oneri di indebitamento, le mancate entrate prodotte dalla compressione dei fatturati potrebbero mettere a repentaglio la sopravvivenza stessa di intere filiere produttive. Bisogna evitare che la crisi di liquidità diventi un problema di solvibilità, anche per imprese che prima dell’epidemia avevano bilanci e prospettive solide”.
E, ancora, si sottolinea ciò che bisognerà fare passata l’emergenza: “Non appena possibile, occorrerà poi mobilitare risorse rilevanti per un piano di ripresa economica e sociale. In entrambe le fasi, un’azione comune o almeno coordinata a livello europeo sarebbe ottimale. In assenza di questa possibilità, la risposta della politica economica nazionale dovrà essere comunque tempestiva ed efficace”, viene indicato.
“Il Governo ha mosso solo un primo passo, misure insufficienti”
L’occasione è stata sfruttata per ribadire la contrarietà di Confindustria ad alcune misure prese dal Governo. Com’è noto, infatti, gli industriali devono ancora digerire il decreto Serra Italia di Giuseppe Conte.”Bisogna agire immediatamente. Servono interventi di politica economica, immediati e di carattere straordinario, su scala sia nazionale che europea”, ammoniscono da Confindustria.
“In Italia, gli interventi auspicabili sono molti e vanno in diverse direzioni. Alcune delle quali già recepite nel recente decreto legge Cura Italia” che comunque “è dichiaratamente solo un primo passo”: gli economisti di via dell’Astronomia rilevando che “al netto di alcune sgrammaticature, gli intenti sono condivisibili ma la dimensione degli interventi è largamente insufficiente, anche tenendo conto delle risorse messe in campo da altri Paesi, europei e non”.
“Ultima chiamata per l’Unione europea”
Anche l’Unione europea viene strigliata: “Già la crisi dei debiti sovrani del 2011 aveva mostrato le criticità dell’architettura della casa comune europea. I limiti dell’assetto della governance europea sono nuovamente evidenziati dall’attuale crisi sanitaria. Il piano proposto finora dalla Commissione UE è poca cosa e come al solito lascia ai singoli paesi la responsabilità di gestire la crisi. La sospensione del Patto di stabilità è emergenziale, indispensabile ma insufficiente. Le istituzioni europee sono all’ultima chiamata per dimostrare di essere all’altezza della situazione”.
Anche Confindustria vuole i covidbond
Gli industriali si soffermano sulla necessità di emanare i covidbond: “dopo i consueti balbettamenti assai gravi in questa situazione, in queste settimane sono state già prese decisioni importanti. Queste azioni, però, vanno accompagnate con un cruciale passo in più: l’introduzione di titoli di debito europei, fin troppo rimandata. L’Europa è chiamata a compiere azioni straordinarie per preservare i cittadini europei da una crisi le cui conseguenze rischiano di essere estremamente pesanti e di incidere in modo duraturo sul nostro modello economico e sociale”.