Intervista a al ceo di Lastminute che racconta delle difficoltà lato venture e startup. E racconta della fortunata serie televisiva come un esempio di quanta confusione e polemica inutile ci sia nel mondo delle startup
Al SeedStars World Summit di Losanna abbiamo incontrato Fabio Cannavale che con Lastiminute.com Group era lo sponsor del panel dedicato al Travel tech. Abbiamo cercato di capire lo stato dell’ecosistema italiano dal suo punto di vista.
Innanzitutto, qual è secondo lei lo stato attuale del venture capital in Italia?
Credo che in Italia ci sia, sia chi opera bene che chi opera male. Bisogna anche comprendere che i VC sono fatti di persone e come tali attraversano difficoltà umane e professionali ma non penso che ci sia qualcuno che sia volutamente disonesto. Guarda United Ventures, Digital Magics e 360 Capital Partners che ha creato compagnie come YOOX che ora danno lustro al paese intero all’estero. Se poi guardiamo all’ultimo anno sono nate molte realtà interessanti. Da nuovi fondi di investimento a piattaforme per la community degli angels passando per il gran numero di acceleratori che si stanno diffondendo su tutto il territorio.
In molti dicono che la scena startup Italiana non riesce a competere con ecosistemi più maturi a causa della mancanza di investimenti e di chi vuole prendersi il rischio. E’ d’accordo?
Sinceramente non credo sia vero. In Italia i soldi ci sono e ci sono anche manager capaci di gestirli e di supportare le startup nella loro crescita. Forse quello che manca in Italia è il Serie A, chi mette i 5 milioni per intenderci. Per quanto riguarda seed, pre seed ma anche Serie B non ci sono problemi, ma ad ogni modo basta andare all’estero, Londra è a un’ora d’aereo (leggi il caso Face IT che da Londra ha ottenuto un serie A da fondi italiani n.d.r). Questo per dire che per gli imprenditori è importante dare il prima possibile un respiro internazionale al proprio progetto, per essere appetibili per un investimento in capitale di rischio anche da parte della comunità finanziaria internazionale, che di solito investe tra l’altro a valutazioni più alte di quelle italiane e con condizioni meno rigide.
Quindi come mai l’ecosistema italiano non è a livelli di quello inglese ma nemmeno di quello francese o spagnolo?
Ci sono molteplici fattori che possono influire ma credo che dipenda a chi lo chiedi. Secondo me mancano le aziende, ma è un gioco delle parti: se chiedi agli imprenditori ti diranno che mancano i VC e se chiedi ai VC ti diranno che mancano le aziende. In Italia, a differenza che nel resto dell’Europa, è molto difficile fare delle exit. Nel venture capital la maggioranza dei disinvestimenti avviene tramite acquisizioni, e in Italia non abbiamo molte società che credono in questa strategia per espandersi in nuovi mercati, lanciare nuove linee di business, acquisire talenti o semplicemente internalizzare asset tecnologici su cui basare il proprio sviluppo futuro. Per quanto riguarda invece la residuale parte di exit tramite quotazione sul mercato regolamentato, il tema del “nanismo” delle startup italiane domestiche che non riescono ad internazionalizzare o quantomeno dominare il mercato domestico non consente di arrivare alla fine dell’holding period dei fondi di venture capital tradizionali con i parametri necessari a sostenere una quotazione di successo.
Due parole sul caso Shark Tank: dopo mesi dalla fine della prima stagione in molti hanno lamentato che gli “affari” non siano andati in porto come promesso in trasmissione.
Credo che anche questo discorso sia piuttosto emblematico. In Italia si tende a fare molta polemica per nulla. Tutti sanno che in trasmissione i giudici manifestano esclusivamente un interesse in alcune startup. Dopo c’è da fare tutta la “due diligence” e non è detto che un affare vada in porto. E questo era chiarissimo fin dall’inizio, come del resto riportato puntualmente da StartupItalia. Noi come Sharks avevamo puntato a portare a casa tra il 30 e il 40% dei deal e così stiamo facendo anche attraverso il fondo SharkBites. Alcuni affari sono attualmente in corso di negoziazione e sembrano andare in porto, altri invece si sono dissolti, mentre poi, purtroppo, abbiamo anche avuto casi di imprenditori sui quali mi sarebbe piaciuto investire ma che invece sono deceduti….si…purtroppo è capitato anche questo. In ogni caso Shark Tank è stata un’esperienza positiva: ha permesso ai cittadini di capire meglio cosa fosse il mondo startup e venture capital, e con Shark Bites con gli altri investitori della prima edizione della trasmissione stiamo continuando a vedere opportunità di investimento interessanti in attesa della prossima edizione in cui siamo sicuri la qualità dei progetti sarà ancora più elevata dopo il primo anno “conoscitivo”.
Gianluca Dettori
Vi racconto il vero dietro le quinte di Shark Tank
Destination Italia: una newco controllata da lastminute.com Group, che ha sede in Svizzera, per rilanciare il turismo in Italia. Ci spiega come pensa di farlo?
Come tutti sanno, “Destination Italia” è di lastminute.com group al 57% e di Intesa Sanpaolo al 38%, ma è aperta all’ingresso di altri soci che possano contribuire valore e possibilità di essere un punto di riferimento centrale e condiviso per il turismo incoming, con la conseguenza che per noi sarà naturale, ad un certo punto, non possedere più la maggioranza assoluta del capitale. Ovviamente l’operatività, basata in Italia, ne determinerà anche la sede legale e fiscale. Si tratta di una “for profit” con lo scopo di fare attività di promozione e vendita all’estero per portare più turisti in Italia, visto il gap che ci divide dai paesi concorrenti e soprattutto dalle potenzialità dell’Italia. Sinceramente non credo che faremo grossi dividendi all’inizio, lo facciamo soprattutto per promuovere il turismo nel paese. L’idea di stimolare le iniziative in questa direzione è stata colta e rilanciata anche dal Fondo Strategico Italiano, che ha investito in Forte Hotels e che inizialmente aveva comunicato pubblicamente l’interesse a contribuire alla nascita di un forte operatore dedicato all’incoming, un’idea che abbiamo discusso con loro e sulla quale, appunto, abbiamo poi deciso di investire in base alle stesse motivazioni che, insieme, avevamo condiviso.
Cosa l’ha colpita di questo SeedStars World Summit?
Beh noi cerchiamo di rimanere il più a contatto possibile col mondo dell’innovazione. Essere davanti a imprenditori dalla provenienza più svariata ed esotica rappresenta sia cibo per la nostra mente che grandi opportunità di business. Ci è piaciuta molto TripMyDream, una startup proveniente dall’Ucraina che permette una ricerca di pacchetti viaggio in maniera estremamente rapida ed intuitiva. Abbiamo deciso, insieme agli altri giudici, di premiarla come migliore startup dell’evento. Ad ogni modo investiremo in tutte e tre le startup finaliste (Tickey dalla Bulgaria, PeopleFlyPlanet dall’Ucraina), abbiamo passato oltre un anno a lavorare braccio a braccio con gli organizzatori per selezionare i finalisti dell’edizione di quest’anno. E’ bello vedere come anche in questi paesi che spesso sono nei telegiornali per motivi non strettamente legati all’innovazione, ci sia invece chi ha idee vincenti. Credo proprio lavoreremo molto bene assieme.