L’Italia ora ha un alleato in più, ma è l’imbarazzante dittatore ungherese Orban. Ieri l’Olanda aveva detto espressamente che per accedere ai fondi bisogna rispettare i diritti umani
Saltata la plenaria a Bruxelles, nel terzo giorno di trattative – inizialmente sarebbero dovuti essere solo due – sul Recovery Fund a tenere banco sono gli incontri tra i due Paesi più distanti: Italia e Olanda. Tra un tavolo e l’altro, gli sherpa guidati dal presidente del Consiglio europeo, il belga Charles Michels, provano ad avvicinare le parti tessendo nuove trattative. Ma Mark Rutte, che insiste sul “freno di emergenza“, ha capito che l’Olanda ha la forza di bloccare l’intero piano di ricostruzione europea. O meglio, ha semmai compreso che Germania, Francia, Italia e Spagna attualmente non hanno la forza politica di imporre alcunché ai Paesi del Nord. Lo stesso premier italiano, Giuseppe Conte, sottolinea la disparità dei contendenti: “Da una parte la stragrande maggioranza dei Paesi, compresi i più grandi Germania, Francia, Spagna, Italia, che difendono le istituzioni europee e il progetto europeo e dall’altra pochi Paesi, detti frugali”, scrive su Facebook verso l’ora di pranzo, pubblicando una serie di foto nelle quali ormai non sorride nemmeno più.
Cosa sta accadendo a Bruxelles
“Sarebbe davvero un peccato se non raggiungessimo una soluzione. Penso che abbiamo una grande responsabilità e secondo me è anche possibile” arrivare a un compromesso, ma “affinché ciò accada, tutti devono muoversi” dalle proprie posizioni. La terza giornata consegna ai cronisti il cambiamento d’umore di uno dei più fieri membri dei Frugal Four, il cancelliere austriaco Sebastian Kurz, improvvisamente possibilista circa il raggiungimento di un accordo aggiornando la stampa al vertice Ue. “Se qualcuno pensa di poter dettare” le regole qui o decidere di andare a “casa, allora il vertice potrebbe fallire, ma spero che non sia questa la strada da percorrere”, ha poi aggiunto Kurz rispondendo indirettamente a Emmanuel Macron che – secondo quanto riportano fonti presente all’incontro – a un certo punto avrebbe persino minacciato di tornare all’Eliseo, visto lo stallo.
Viktor Orbán e Giuseppe Conte
Anche il Gruppo di Visegrad con i Paesi del Sud
“Sostanzialmente è ormai una disputa tra italiani e olandesi. Noi siamo dalla parte dell’Italia”, taglia corto il premier ungherese Viktor Orban, capofila dei Paesi dell’Est afferenti al Gruppo di Visegrad. “Bisogna dare i soldi ai Paesi che ne hanno bisogno e permettere loro di spenderli appena possibile per stabilizzare le loro economie, invece di ingaggiare lunghe dispute burocratiche” ha aggiunto, lasciando intendere di essere passato dalla parte dei Frugal Four a quella dei Paesi mediterranei. Ieri Mark Rutte aveva detto in faccia a Ungheria e Polonia che intende mettere come condizione di accesso al fondo il rispetto dei diritti fondamentali, oggi il politico ungherese, in odore di dittatura, appoggia dunque l’altro fronte nella speranza di ottenere un lasciapassare al tesoretto comunitario come ringraziamento. “Se li aiutiamo al momento giusto li aiutiamo due volte”, ha poi aggiunto Orban che ha illustrato lo stato d’arte della prova muscolare in quel di Bruxelles: “Alcuni guidati dall’olandese vorrebbero creare un nuovo meccanismo di condizionalità sullo stato di diritto. Se l’intesa non si fa è a causa del leader olandese”, ovvero Mark Rutte, “non a causa mia. È lui che ci ha fatto impantanare in questa faccenda. L’olandese è il vero responsabile per tutto il caos di ieri”.
Ieri sera Conte aveva sbottato: “Siamo in una fase di stallo: si sta rivelando molto complicato, più complicato del previsto. Sono tante questioni su cui stiamo ancora discutendo che non riusciamo a sciogliere”. Ma il fatto che l’Italia sia il solo Paese dei Ventisette a essersi presentato all’incontro senza un piano preciso per uscire dalla crisi economica dovuta al Coronavirus certo non aiuta a perorare la nostra causa. Ora si tratterebbe sulla possibilità di portare la dotazione dei grants da 500 a 350 miliardi di euro (il totale resterebbe invariato a 700 miliardi, la maggior parte prestiti a condizioni precise e stringenti), ancora troppi per i Frugal Four, troppo pochi per l’Italia e per la Spagna.