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«Nel 2018 lo scoppio della bolla bitcoin si è verificato dopo l’impennata del valore della criptomoneta: da mille dollari era arrivata a valerne 20mila in pochissimo tempo per poi crollare a 3mila. Oggi si fa il paragone proprio con quel periodo e ci si prefigura una situazione analoga. Molti però non credono allo sgonfiamento per il fatto che su bitcoin stanno investendo anche attori istituzionali». Marcello Bussi, giornalista di Milano Finanza ed esperto in materia, ha risposto alle domande di StartupItalia mentre nel mondo finanziario gli occhi sono tutti puntati sull’andamento del bitcoin, che a dicembre ha superato per la prima volta i 30mila dollari come prezzo di scambio. «Chi investe in bitcoin deve sapere che può perdere molto – ha spiegato Bussi – se qualcuno pensa di farci trading è come stare su un cavallo imbizzarrito. Molti di quelli che comprano bitcoin li considerano una riserva di valore, come oro digitale. E sono convinti che tra qualche anno varrà molto di più».

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Bitcoin: non ci sono solo i nerd

Il fenomeno bitcoin è figlio della crisi economica e frutto di una rivoluzione copernicana che stravolge il concetto di valuta. Satoshi Nakamoto è lo pseudonimo di chi ha coniato per la prima volta questa criptovaluta nel 2008, pensandola come moneta sganciata da qualsiasi banca centrale. Ma a più di dieci anni di distanza, si è evoluto il profilo di chi possiede bitcoin, o si parla sempre di informatici e nerd? «Il caso più celebre riguarda MassMutual – ha detto Bussi – un’assicurazione storica statunitense, l’equivalente delle Generali in Italia per intenderci, che ha acquistato bitcoin. Un altro esempio significativo è quello di MicroStrategry, società di consulenza quotata a Wall Street che ha investito tutta la sua tesoreria in bitcoin. E infine in Italia va citata la partecipazione di Banca Generali all’aumento di capitale di Conio». A garantire, in qualche modo, l’affidabilità dei bitcoin c’è senz’altro la loro quantità. «21 milioni: non uno di più, non uno di meno. Il rischio inflazione è pari a zero. Sarebbero pazzi se iniziassero a stamparne di più: crollerebbero immediatamente i prezzi».

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Le differenze con euro digitale e Libra

L’eco delle notizie che riguardano le critpovalute, bitcoin in testa, spesso confonde risparmiatori e cittadini rispetto alle enormi differenze presenti all’interno della galassia delle valute digitali. Ad esempio, si è molto discusso sull’iniziativa della Banca Centrale Europea di introdurre l’euro digitale. «Non ha nulla a che vedere con i bitcoin – ha precisato Bussi – credo poi che non ci sia alcun bisogno di uno strumento simile dal momento che la circolazione dell’euro è già elettronica».

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E poi c’è stata la polemica attorno a Libra, la moneta di Facebook. «È stato un fallimento totale perché i governi e le banche centrali hanno subito lanciato un avvertimento a Zuckerberg: Libra era pensata come una stable coin, una moneta digitale collegata a monete fiat (monete a corso legale, ndr) come euro e dollaro. Dunque il rischio era che diventasse un mezzo di pagamento per sostituire le valute fiat».

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I Paperoni dei bitcoin

Se sappiamo quanti dollari ha in tasca Elon Musk, ovvero l’uomo più ricco del mondo, non è invece facile sapere chi sono i Paperon de’ Paperoni dei bitcoin. «Ci sono le cosiddette balene che muovono il mercato, ma si sa poco di loro. C’è poi Satoshi Nakamoto, dietro cui si nasconde un team di programmatori e sviluppatori. Loro hanno una quantità notevole di bitcoin». Ma è ipotizzabile un futuro in cui queste criptovalute sostituiscano euro o dollaro? «Credo sia molto difficile – ha risposto Bussi – non pagheremo certo il caffè coi bitcoin. Invece potremo comprare un casa in questa maniera ed è già successo con una delle più belle abitazioni di Ibiza».