Forbes ha annunciato come ogni anno la lista dei più ricchi del mondo e per il terzo anno consecutivo il re dei paperoni è Bill Gates, che però ha visto assottigliarsi la sua fortuna, passata da 79,2 a 75 miliardi di dollari. Assottigliamento che riguarda un po’ tutta la classifica annuale dei super ricchi, che sono 16 in meno rispetto al 2015.
Per la prima volta dal 2009 c’è da registrare la discesa delle fortune complessive, diminuite di 570 miliardi di dollari e che si sono atteste così a 6.480 miliardi. E di questi, i 20 più ricchi tra i ricchi hanno visto sparire dai propri conti in banca oltre 70 miliardi di dollari. Le cause sono da ricercare molto probabilmente nell’andamento negativo dei mercati finanziari mondiali.
La crisi porta bene solo a Zuckerberg
Chi invece non risente di questo calo ma, anzi, fa un grande salto in avanti è il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg, il cui patromonio secondo Forbes è cresciuto di 11,2 miliardi di dollari, per attestarsi a 44,6 in totale: adesso è il sesto uomo più ricco del mondo. Davanti a Zuckerberg e alle spalle di Gates la classifica di Forbes indica al secondo posto Amancio Ortega, l’imprenditore che controlla il gruppo Zara, l’investitore Warren Buffet e il fondatore di Amazon Jeff Bezos.
I paperoni italiani
Nella top 100 dei super miliardari di Forbes ci sono 3 italiani: al 30esimo posto Maria Franca Fissolo, residente a Monaco e vedova del papà della Nutella, Michele Ferrero, con un patrimonio di 22,1 miliardi di dollari; al 37esimo il numero uno di Luxottica Leonardo Del Vecchio, con 18,7 miliardi di dollari; e al 62esimo posto il numero uno del gruppo farmaceutico Walgreens Boots Alliance, Stefano Pessina, con 13,4 miliardi di dollari.
E anche i paperoni italiani sono un po’ meno ricchi. Stando all’ultimo report Oxfam (dati 2014), le ricchezze della vedova Ferrero erano stimate in 23,4 miliardi di dollari, mentre quelle del patron di Luxottica in circa 20,4 miliardi.
L’oceano tra ricchi e poveri
A proposito di Oxfam, non è facile mettere a confronto la classifica di Forbes con quella dei paperoni diffusa alla vigilia del World Economic Forum di Davos, secondo la quale i 62 uomini più ricchi del pianeta posseggono una ricchezza pari a quella di 3,6 miliardi di persone (la metà della popolazione mondiale). Non è facile, dicevamo, perché Forbes è una rivista economica e ha uno sguardo molto più “capitalista” e liberale, mentre Oxfam, che è un’organizzazione che mira a contrastare le diseguaglianze, ha uno sguardo molto più critico nei confronti della ricchezza (e di questo non fa certo mistero).
I dati di Oxfam meritano comunque di essere analizzati, anche perché restituiscono un quadro significativo della situazione italiana. Anche qui, infatti, le cose non vanno meglio che nel resto del mondo: l’1% degli italiani possiede il 23,4% della ricchezza nazionale. Oggi il 10% più ricco degli italiani possiede quasi 8 volte la ricchezza detenuta della metà più povera della popolazione. In linea con il trend globale infatti, anche nel nostro Paese l’1% più ricco l’anno scorso deteneva il 23,4% della ricchezza nazionale netta: praticamente, 39 volte quello che si riuscirebbe a ricavare frugando nelle tasche del 20% più povero dei nostri connazionali.
Tutti i numeri delle diseguaglianze secondo Oxfam
Nel 2010 i super ricchi che avevano insieme entrate uguali a quelle della metà della popolazione mondiale erano 388, poi 177 nell’anno successivo e in diminuzione anno per anno fino ai 62 del 2015: «La nostra previsione che l’1% degli abitanti del mondo avrebbe avuto risorse pari alla metà di tutti gli altri, si è avverata un anno prima» scrive Oxfam che pubblica tutti i numeri delle diseguaglianze.
– 62 i super ricchi (Bill Gates, Carlos Slim, Amancio Ortega, Warren Buffet, Larry Elison nelle prime cinque posizioni, in basso la lista completa);
– Solo 9 dei 62 sono donne;
– 44% è l’aumento della ricchezza dei 62 dal 2010 a oggi (un incremento di 542 miliardi di dollari);
– 3,6 miliardi di persone (la metà della popolazione mondiale);
– 41% è la riduzione della ricchezza della metà della popolazione mondiale dal 2010 a oggi (-1.000 miliardi di dollari);
– 3 dollari l’incremento del salario del 10% della popolazione più povera dal 1990 al 2010, meno di un centesimo al giorno;
– 7,6 trilioni di dollari i soldi nascosti nei paradisi fiscali;
– 9 su 10 delle 200 imprese più grandi del mondo sono presenti in paradisi fiscali (gli investimenti societari in tali paradisi sono quadruplicati rispetto al 2001);
– 500 miliardi, 1/3 del patrimonio degli africani ricchi è custodito in paradisi fiscali. Si stima che questo costi al Paese 14 miliardi di dollari l’anno, cifra che coprirebbe la spesa sanitaria, salvando la vita di 4 milioni di bambini.
Registro delle lobby e trasparenza per colmare il gap
A far volare gli «inarrivabili» del pianeta, ma non certo tutti, sono i paradisi fiscali e le abilità in materia di «gestione della ricchezza». Secondo le stime di Oxfam ci sarebbero complessivamente circa 7.600 miliardi di dollari di patrimoni conservati in paradisi off-shore, molto di più della somma dei Pil di Germania e Regno Unito.
Al World Economic Forum di Davos Oxfam ha chiesto ai leader mondiali di porre fine all’era dei paradisi fiscali, attraverso alcune misure. Come l’introduzione di una tassazione unitaria delle multinazionali, l’obbligo di rendicontazione pubblica Paese per Paese di tutte le corporation. E l’istituzione di un comitato intergovernativo per facilitare la cooperazione fiscale tra nazioni e riscrivere le regole della fiscalità internazionale.
E poi Oxfam sugerisce ai potenti altre le azioni da compiere per ridurre le ineguaglianze, come:
1. Pagare ai lavoratori un salario dignitoso e colmare il divario con gli stipendi dei manager;
2. Tenere sotto controllo l’influenza delle élite istituendo registri pubblici obbligatori dei lobbisti e regole più severe sul conflitto d’interessi;
3. Riformare il quadro normativo, in particolare per quanto attiene alla trasparenza dell’azione di governo, assicurando che vi sia piena trasparenza sui finanziamenti privati ai partiti politici. Con norme che impediscano il fenomeno delle “porte girevoli” che permettono un continuo interscambio tra grandi società e governi.
Aldo V. Pecora – Giancarlo Donadio
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