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L’ultima frontiera della sharing economy è farsi l’ufficio in casa d’altri, anzi basta una stanza, anche solo una scrivania. Un limbo d’affari tra Airbnb e coworking che prende spunto dal couchsurfing (la cui filosofia iniziale però è l’ospitalità gratuita) ma al posto del divano ci mette un tavolo di lavoro e naturalmente un wi-fi.

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Così Office Riders s’è inventata l’Airbnb degli uffici

È questa l’idea da cui sono partiti i tre ragazzi francesi che hanno fondato quasi due anni fa la startup Office Riders, una piattaforma (davvero molto simile ad Airbnb) che mette in comunicazione chi ha una stanza libera e chi ne vuole fare il proprio ufficio per un giorno o anche di più.  Nel primo anno di attività hanno ricevuto 1.300 prenotazioni e il loro giro d’ affari è cresciuto del 20% ogni mese. «Noi crediamo in ciò che ha senso, crediamo nell’economia della condivisione. C’è un enorme potenziale nei benefici che possiamo cogliere gli uni dagli altri e l’ottimizzazione degli spazi aiuterà la gente a vivere e lavorare meglio», si legge nel manifesto della giovane società, i cui fondatori si sono incontrati a San Francisco nell’estate del 2013 e hanno deciso di dar vita a questo progetto proprio partendo dal fatto che la loro condivisione di una stanza li avesse ispirati: «Una notte, ci siamo resi conto che un sacco di spazi sono stati lasciati vuoti o parzialmente inutilizzati quando altre persone potrebbero farne sicuramente buon uso. Questi spazi privati ​​potrebbero diventare più utili e proficui per tutti, conducendo così una vera e propria doppia vita».

Se sul motore di ricerca di Office Riders si cercano stanze a Roma, Milano o anche Londra non si trova nessun risultato, ma per Parigi, altre città francesi e Bruxelles la scelta è vasta e va in media dai 10 ai 15 euro a persona al giorno. Per Berlino c’è solo una soluzione, ma super vantaggiosa: 6 euro per condividere la cucina o il soggiorno di Khasberg in una giornata di lavoro.

Affittare una stanza. I numeri del fenomeno

A preferire questo tipo di soluzione rispetto ai più “tradizionali” coworking sono i freelance in movimento da una città all’altra, più giovani e soprattutto più poveri. Il risparmio rispetto agli uffici in condivisione offerti sulle piattaforme più note si aggira fra il 30% e il 50%.  A Roma e Milano, in media, una postazione di lavoro si può avere con 20 euro al giorno, oppure con un abbonamento mensile che va dai 140 ai 160 euro al mese. Al di là dei costi però c’è proprio il concetto di fondo del coworking che va oltre la semplice condivisione degli spazi e aiuta il freelance di turno ad uscire dall’isolamento della sua stanza per andare ogni mattina (o qualche giorno della settimana) a lavorare in vero ufficio con altri “colleghi” con cui scambiare idee, proposte di lavoro, o semplicemente quattro chiacchiere in una pausa caffè. Tutte cose che si possono fare anche in un appartamento altrui…ma molto dipende dalle condizione che mette il padrone di casa.

Meglio va invece per chi decide di affittare in questo modo la propria stanza vuota, senza doverla tenere occupata giorno e notte come succede per Airbnb. A fronte infatti di un risparmio di 60-70 euro per chi sceglie una casa al posto di un coworking, per chi mette in questo business la propria camera “l’arrotondamento” di fine mese può arrivare a 300 euro a persona “ospitata” (ipotizziamo un prezzo di 15 euro al giorno per 20 lavorativi) da moltiplicare per quanti “riders” si possono contenere nel proprio appartamento, soggiorno, mansarda o quel che si preferisce.

Fenomeno “Air-biz-nb”, dagli Usa all’Uk

I media anglosassoni non hanno avuto nessuna difficoltà a trovare una definizione appropriata alle caratteristiche di queste nuove startup della sharing economy a cui è stato subito affibbiato il termine di “Air-biz-nb”, naturalmente ispirato dalla loro estrema somiglianza, sia nella forma che nella sostanza, al business di Airbnb. Un giornalista della BBC,  Dougal Shaw, ha provato proprio su se stesso la scrittura di un articolo in una casa messa in condivisione dal suo proprietario, una prova professionale che si potrebbe (scherzosamente) definire da “embedded”  e che mostra l’efficacia di un racconto scritto direttamente dalla realtà che si vuole trasmettere. Insieme a lui c’era un giovane startup, che come il giornalista, aveva pagato poco più di 17 sterline per occupare quel pezzo di scrivania per un giorno.  Hanno usato la piattaforma di Spacehop che è appena nata e che segue il motto “Their home. Your office”.

Probabilmente, sia questi giovani startupper inglesi sia quelli francesi di Office Riders, si sono ispirati all’esperienza positiva di Breather, nata nel 2013 negli Usa e che oggi è presente in oltre 100 città e prepara lo sbarco anche in Europa. Insomma, anche in questo settore stanno cominciando a farsi concorrenza diversi nuovi attori presenti sul mercato. Che la cosa cominci a far un po’ di paura anche gestori di coworking “tradizionali”?

Mariachiara Furlò
@mariachiarafur