Dopo Apple Pay e Samsung Pay, è arrivato anche il momento di Android Pay, il nuovo servizio di pagamento mobile di Google che replica (o almeno questa è l’impressione) Apple Pay in ogni suo aspetto. Dopo l’insuccesso del primo sistema di pagamento mobile (Google Wallet), Mountain View ritorna con convinzione (e nuovi ingenti investimenti) nel settore.
Un milione di esercenti
Fin dal primo giorno è già disponibile presso un milione di esercenti negli Stati Uniti, è semplice da attivare per i possessori di Visa, MasterCard e American Express ed è altrettanto semplice da utilizzare proprio come il gemello di Cupertino. A differenza di questo però non richiede il riconoscimento dell’impronta digitale (fingerprint) per completare l’acquisto. Per iscriversi è necessario un dispositivo che supporta Android 4.4 KitKat come sistema operativo (o successivi) e che si dotato di un chip Nfc (Near Field Communication) come lo sono praticamente tutti i dispositivi Android usciti da tre anni a questa parte. Per scaricare l’applicazione basta accedere a Google Play. Successivamente si può caricare la propria carta anche attraverso una semplice foto. Sono accettate tutte le carte dei principali circuiti internazionali, emesse dalle principali banche americane (Bank of America PNC, U.S. Bank, USAA, Navy Federal Credit Union solo per citarne alcune) con molte altre come Wells Fargo in arrivo nelle prossime settimane. Se la propria carta era già connessa a un account Google, il processo di registrazione ad Android Pay avviene davvero in un click. Una volta effettuata la registrazione è possibile pagare al momento solo negli Stati Uniti, in tutti i punti vendita che espongono il logo per i pagamenti contactless, il logo Android Pay e anche il vecchio logo Google Wallet. Tra gli esercenti già convenzionati spiccano i grandi nomi di SubWay, Whole Foods, Macy’s, Toys’R’Us Walgreens , Rite Aid ed altri seguiranno promette Google, che non ha mancato di fornire garanzie assolute anche sulla sicurezza.
La sicurezza e Google Wallet
Il servizio di pagamento non trattiene i dati della carta facendo leva sul sistema della “tokenizzazione”. Una volta registrata una carta di pagamento l’app genera un codice univoco (il token) che identifica quel solo dispositivo. Quando tale dispositivo effettua un pagamento NFC, un altro codice viene generato (token temporaneo) per identificare quella transazione legata a quel dato numero di carta. Numero che né Google né l’esercente hanno la possibilità di vedere. Sia Google sia Apple garantiscono che questo sistema è ancor più sicuro della “tradizionale” carta di pagamento in plastica che sarebbe più esposta a furti e frodi. Le premesse perché il nuovo sistema di pagamento di Google abbia successo sembrano esserci tutte. Resta una domanda: cosa ne è del primo tentativo? Il fallimentare Google Wallet? In realtà il lancio i Android Pay sembra essere anche per il vecchio borsellino di Google l’occasione di una nuova vita. Lo sfortunato Wallet (disponibile sia per Android sia per iOS) in realtà sopravvive e viene destinato ad una funzione di scambio denaro (cash swap), come i vari Venmo, Square Cash o lo stesso PayPal che da tempo cercano di accaparrarsi la fetta più ampia del mercato americano.