Dai cosiddetti HENRY, fino agli influencer e i super ricchi. Le caratteristiche dei facoltosi 2.0 nel libro “Bling”, di Aldo Agostinelli e Silvio Meazza
La digitalizzazione impatta anche sul mondo dei ricchi, trasformandone il business e cambiando i protagonisti del nuovo lusso. Attraverso storie e analisi, “Bling. Il lusso del futuro parla Instagram, indossa sneakers e usa l’AI“, libro scritto da Aldo Agostinelli e Silvio Meazza, spiega come le nuove mode digitali siano influenzate dall’ecosistema del luxury. Pubblicato per Mondadori Electa, “Bling” racconta le nuove tendenze del futuro in tutti i settori di mercato. Con una premessa: il settore del lusso si è trasformato in modo radicale, grazie al digitale e ha dettato la linea agli altri settori di mercato. Tracciando nuovi percorsi per il marketing e anticipando anche alcuni dei temi della società del futuro.
Social e digitale, crocevia dei nuovi trend di mercato
“La nuova vita del lusso parte dal digitale perché è nel digitale che ha trovato l’approdo perfetto“, scrive Aldo Agostinelli nell’introduzione del libro. In questo approdo, “i social sono il crocevia dei gusti, i marketplace globali, gli hub dello shopping d’alta gamma”. Riguardo ai temi, le parole chiave spaziano da sostenibilità e climate change, a economia circolare. Sono i Millennial e la Generazione Z, “nuovi acquirenti di peso dell’immediato futuro”, a imporre questi argomenti alle grandi aziende.
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Dal digitale nascono i nuovi bisogni di mercato. Trend che, come riporta il libro, vanno dalla sneakerization, ossia l’acquisto su larga scala di sneaker, alla gamification. Fino al second-hand line: l’usato la fa da padrone poiché, scrivono i due autori, “il lusso ha deciso di riciclare sé stesso, passando dall’essere la seconda industria più inquinante al mondo a quella capofila della sostenibilità”.
Sostenibilità e usato
Ridurre l’impatto ambientale è tendenza comune dei marchi del lusso e dei grandi brand della “fast fashion”. Ad allentare il bisogno di rinnovare continuamente il guardaroba, ci ha poi pensato la pandemia, che ha cambiato di molto le priorità dei consumatori. Si procede, sostengono Agostinelli e Meazza, in direzione di “un ripensamento del consumo rapido e indiscriminato. Giorgio Armani e Alessandro Michele stessi hanno evidenziato che il modello produttivo, che ogni anno porta sulle passerelle un numero sempre più alto di collezioni, va rivisto per tornare a ritmi più contenuti e sostenibili. E quando il lusso indica la strada, come sempre gli altri settori del marketing poi si adeguano”.
© Foto: Armani
Altro aspetto che può aiutare le vendite nel settore del lusso, soprattutto in questi tempi di riduzione delle spese, è la diffusione dell’usato. “Il lusso vende perché piace. E più è esclusivo e costoso e più è desiderabile. E, se non ce lo si può permettere, si ripiega sul second-hand: gli articolo di lusso di seconda mano nel 2018 hanno generato un mercato da 22 miliardi di euro“, scrivono gli autori. Borse, occhiali, gioielli, vestiti, magari indossati una volta e poi abbandonati a sé, diventano oggetti da sogno esposti in vetrine virtuali per migliaia di persone. Il second-hand è considerato la nuova frontiera del glamour ed è esploso in un mercato che vale miliardi di euro. In Italia, il valore generato dalla compravendita dell’usato vale l’1,3% del PIL. Al contempo, l’online ammonta a 9,8 miliardi e cresce dell’81% in cinque anni.
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Ancora una volta, sono i giovani a favorire la svolta ecosostenibile. I Millennial e la Generazione Z “rappresentano circa il 30% delle vendite globali true luxury ed entro il 2025 assorbiranno il 50% degli acquisti dell’alta gamma“, riporta “Bling”. I ragazzi sono abituati a comprare online e fare shopping con lo smartphone e hanno un’alta soglia critica negli acquisti. Un cambio di direzione, che sta portando i nuovi consumatori ad aggiungere la condizione della sostenibilità a quella della moda. Portando alla ribalta l’economia circolare, il rispetto delle risorse utilizzate e l’ecocompatibilità del settore lusso.
© Foto: Facebook Gucci
Covid, un’altra svolta
Il sopraggiungere della pandemia ha, ancora una volta, operato un cambiamento nel mondo della moda e del lusso, come notato proprio dai grandi marchi. Agostinelli e Meazza segnalano che alcuni dei messaggi più significativi sono “arrivati dai brand dell’alta gamma. Oggi il marchio di successo non è più solo un brand, ma una community. Lotta per le giuste cause, promuove iniziative benefiche, si pone come ispiratore di modelli sociali positivi da seguire. Il suo megafono“, continuano gli autori, “sono i social come Instagram e TikTok, che gli permettono di avere una comunicazione diretta e disintermediata con i giovani. L’esempio per eccellenza al momento è Gucci, con i suoi siti e i canali social dedicati alla sostenibilità, ai diritti e all’uguaglianza”.
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In modo simile, anche gli influencer stanno mutando le modalità di marketing, anche in seguito al diffondersi del Coronavirus. E sempre in direzione della sostenibilità ambientale e dell’impegno sociale. Emergono sempre di più figure non convenzionali, come gli influencer virtuali. Un esempio è “Lil Miquela, che viene ingaggiata da tutti i marchi del luxury, e attraverso i social conduce campagne di sensibilizzazione in favore dei diritti della comunità LGBT+”, affermano gli autori. In Italia, il caso di Chiara ferrigni e la sua raccolta di fondi per gli ospedali, ne è una chiara testimonianza.
Sul fronte del mercato, l’Asia Pacifico sta già facendo registrare un incremento poderoso dei consumi, a differenza dell’Europa, alle prese con l’ondata autunnale di contagi. Per grandi compagnie, come il Gruppo Kering, detentore dei marchi Gucci, Saint Laurent, Bottega Veneta, Alexander McQueen e Balenciaga, “il fatturato è già ritornato ai livelli pre-covid, con un’e-commerce, evoluto e molto efficiente, che registra +102% e a oggi rappresenta il 12,5% del totale delle vendite del Gruppo. Così in Asia Pacifico, Kering segna +18,5%, mentre in Europa -44%”.
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Chi sono gli HENRY, i protagonisti della nuova ricchezza
Fra le categorie dei nuovi facoltosi, oltre ai super ricchi e agli influencer, ci sono gli HENRY, ossia gli High Earners Not Rich Yet. Si tratta di giovani consumatori con un alto potere di spesa, i cui redditi variano dai 100mila euro fino ai 250mila euro l’anno. Un target trasversale per interessi, sfaccettato dal punto di vista dell’età e difficile da individuare. Per la loro attitudine allo shopping, “non possono essere assolutamente trascurati dal marketing del lusso. Il problema con gli HENRY, però, è che compongono una categoria molto variegata per preferenze”, scrivono i due autori di “Bling”.
Gli HENRY più giovani sono compresi fra i 25 e i 34 anni, mentre i più maturi arrivano a un’età media di 43 anni. “Differenze anagrafiche che pesano anche sui gusti”, riportano Agostinelli e Meazza. Per intercettare questi nuovi facoltosi, sostengono gli autori, occorre conoscerli, capire a chi ci si sta rivolgendo, analizzarne i comportamenti e analizzarne le scelte. È possibile operare indagini efficaci e interpretarne le preferenze attraverso l’Intelligenza Artificiale e i Big Data, ed è quello che alcuni marchi, come Nike e Burberry, stanno facendo al meglio.