Le opinioni dell’autore del best seller “Il nostro futuro” sul futuro dell’ecosistema italiano ed europeo, con un paio di consigli su come sbloccare le cose
Startupitalia! ha incontrato Alec Ross, autore del best seller “Il nostro futuro” a margine del Microsoft Forum 2017, che si è tenuto a Milano l’8 marzo 2017 per fare il punto su l’innovazione nell’industria italiana e internazionale.
Durante la sua giovinezza, ha trascorso due anni in Italia (Roma e Bologna). Che impatto ha avuto questa esperienza sulla sua visione delle differenze tra Usa e Europa?
«Quando sono in Silicon Valley e sono seduto al tavolo con le elites mi trovo ad essere la persona più vecchia, mentre quando sono in Italia, nella stessa situazione, sono la più giovane. Quindi, ho imparato che per le persone in Italia di 20, 30 o anche 40 anni, a meno che non si provenga da una famiglia ricca o non si abbia un background particolare, ci vuole molto tempo prima di poter esser presi sul serio. In Italia, per esempio, è molto difficile accedere a finanziamenti: infatti l’accesso al credito è uno dei problemi più grossi. In secondo luogo penso che il lavoro e il capitale siano fino troppo regolati. Se vuoi un ecosistema ricco di startup, devi rendere semplice l’essere una startup. Ci sono troppi avvocati, troppi contabili, troppi francobolli, troppa burocrazia. Bisogna lasciare la burocrazia fuori, e anche l’eccesso di regolamentazione, così l’imprenditoria può svilupparsi».
Come valuta il livello di supporto della politica per incrementare e migliorare la digitalizzazione in Italia e in Europa?
«La chiave, per me, è che la politica abbracci la digitalizzazione sempre di più. I politici dovrebbero smettere di considerare il digitale come una minaccia, e dovrebbero guardarlo sempre di più come un’opportunità. La seconda cosa, direi, è che per migliorare la digitalizzazione delle nostre società i politici dovrebbero migliorare la loro relazione con gli imprenditori. Il governo dovrebbe lavorare per essere un abilitatore dello spirito imprenditoriale dei cittadini e creare condizioni per accelerare il lavoro degli imprenditori».
Molte delle sfide dell’era digitale sono connesse all’elemento della sicurezza dei dati. Fino a che punto l’Occidente sta segnando la strada rispetto ad altri luoghi?
«Gli Usa e l’Europa hanno ancora molta strada da fare per migliorare la sicurezza dei dati e incrementare il nostro uso dell’Internet. L’importanza crescente della sicurezza dei dati è collegata all’emergere dell’Internet delle cose, che ci pone davanti a questi scenari: smart cities, una sanità migliorata dai sensori remoti, e modi migliori per trovare e seguire clienti. Questi sono miglioramenti connessi alla raccolta dei dati e ad una ulteriore implementazione delle strategie per aumentare la sicurezza. In questo settore, l’ecosistema israeliano è ben conosciuto in tutto il mondo per il suo grado innovativo e la sua creatività. Il saper-fare di Israele in termini di cybersecurity è veramente notevole»
Parliamo dei paesi al di fuori dell’Occidente. Come descriverebbe le maggiori differenze tra l’Occidente e le altre nazioni che ha visitato?
«Ci sono paesi con una crescita e una industrializzazione molto veloce con un accesso al capitale meno sviluppato. Questi paesi muovono i primi passi del loro sviluppo economico rispetto ai mercati emergenti vicini e in un certo modo hanno un ambiente più rischioso. Ad ogni modo, hanno un ambiente meno governato, quasi non c’è traccia di burocrazia, rispetto ai paesi occidentali. Per esempio, molti stati dell’africa sub-sahariana dal punto di vista dello sviluppo del mercato, ricordano la Cina 20 anni fa. Molte promesse, molti pericoli; ma anche molte possibilità di diventare ricchi più velocemente. E’ fondamentale per chiunque voglia raggiungere la crescita di focalizzarsi sui paesi che oggi sono di frontiera ma che diventeranno i mercati sviluppati di domani».
Intervista raccolta da Giovanni Luchetti
Traduzione ed editing di Carlotta Balena