Secondo Auriga, il 2020 guarda all’open innovation con alleanze tra mondo finanziario e player non finanziari. Necessario il trasferimento tecnologico
Se il 2019 è stato un anno cruciale verso una sempre più condivisa trasformazione digitale, sia nel settore pubblico che privato, nel 2020 si prevedono più investimenti aziendali nell’open innovation e nelle realtà che operano in questo settore.
Questa la previsione messa a punto dall’incubatore IC406 di Auriga, che focalizza l’attenzione sul contributo che startup, università, centri di ricerca e aziende non concorrenti garantiscono con l’adozione di modelli organizzativi collaborativi.
Nel 2020 l’esigenza di seguire questi nuovi paradigmi allo scopo di portare maggiore innovazione all’interno di imprese e banche, sarà ancora più marcata e orientata verso soluzioni e servizi decisamente digitali. In particolare, Fintech & Insurtech sono tra i settori più dinamici e che promettono orizzonti di crescita ancora più ampi.
I trend che caratterizzeranno il Fintech nel 2020
Quali sono i trend che caratterizzeranno maggiormente il Fintech nel corso di questo anno appena iniziato?
- Open Finance strada maestra – l’Open Banking cederà il posto all’Open Finance, intesa come Open Innovation applicata a tutte le componenti del mondo finanziario (incluso l’insurance) con l’obiettivo di cogliere opportunità di business e idee dall’esterno. L’innovazione tuttavia non si fa solo con le startup, ma coinvolge diversi attori che gravitano attorno al mondo finanziario come ad esempio i propri clienti, le università, le istituzioni e gli incubatori. Non a caso, per facilitare l’innovazione e la collaborazione tra i diversi attori, si stanno affermando diverse piattaforme software, che permettono lo scambio agevole di dati ed elaborazioni, attivazione di servizi, creazione di ecosistemi di collaborazione tra soggetti diversi e che a volte fanno da aggregatori di idee innovative.
- Alleanze tra mondo finanziario e player non finanziari – Man mano che l’innovazione diventa sempre più “open”, si affermano sul mercato sempre più attori che sono al di fuori del mondo finanziario “istituzionale”, ma che, tuttavia, hanno una certa vocazione che li avvicina a questo settore. Si parla di soggetti che offrono servizi finanziari i quali, pur non essendo strettamente legati al proprio core business, permettono loro di rivolgersi a nuovi potenziali clienti. In questo senso, tali player possono incarnare nuovi concorrenti per i consueti attori finanziari, ma, allo stesso tempo, anche nuovi soggetti con cui cooperare.
- Consumatori sempre più abituati al Fintech – Secondo un’analisi effettuata dall’Osservatorio Fintech e Insurtech realizzato in collaborazione con Nielsen, emerge che il 50% degli italiani che usano Internet tra i 18 e i 74 anni conosce bene almeno un servizio Fintech, mentre il 33% ne usa almeno uno. In particolare, il mobile payment è il servizio maggiormente utilizzato, seguito dai chatbot.
- “Living in a Sandbox” – La Sandbox si sta rivelando estremamente efficace perché è un ambiente protetto in cui le Fintech possono testare le loro soluzioni su scala ridotta, godendo di eventuali deroghe normative per un certo periodo, al fine di prevedere tutto ciò che implica conformarsi alla regolamentazione esistente in termini di sicurezza e tutela del consumatore. Il tutto, con il supporto e la collaborazione delle autorità di vigilanza. Il Sandbox italiano assicura una tutela adeguata al consumatore e fornisce, inoltre, maggiori certezze alle corporate, ai venture capitalist e ai business angels che intendono investire su determinate realtà del settore.
Leggi anche: IC406: da Bari la risposta di Auriga al mercato finanziario Open X
“Stiamo raggiungendo una consapevolezza più matura anche in Italia sul fatto che la collaborazione tra imprese e startup porti indubbi benefici, come la possibilità per le aziende di accedere a nuove tecnologie e conoscenze di frontiera, la possibilità di testare l’innovazione con rischi ridotti e l’opportunità di arricchire il proprio sistema di offerta, così come di aprirsi a nuovi mercati”, commenta Roberto De Nicolò, digital evangelist di IC406.
Roberto De Nicolò
Trasferimento tecnologico: un pilastro a cui non si può rinunciare
“Guardando avanti, la grande difficoltà che vedo è un’altra: il trasferimento tecnologico. Parliamo di un aspetto che coinvolge tutto l’ecosistema. Le startup, l’open innovation, gli incubatori, e anche le gare sono ,cose meravigliose, ma la cosa più difficile, in assoluto, oggi, è il trasferimento tecnologico dalla startup alla catena di produzione. Se questo si realizza, idee e startup possono essere trasformate in realtà davvero integrabili e promettenti per banche e aziende, altrimenti tutto il potenziale resta solo sulla carta – avverte De Nicolò – L’indicazione che mi sento di suggerire a banche e aziende interessate all’innovazione è quella di dare maggiore importanza all’ufficio di trasferimento tecnologico, che dovrebbe essere un pilastro, fondamenta dell’Open Innovation. Senza di esso, nulla è possibile”.