Oggi guadagna 100 milioni di dollari l’anno. Si chiama Sundar Pichai, 43 anni, un nome che forse non a tutti dice qualcosa. Eppure è il Ceo di Google. Nato in India, nel distretto di Chennai in una famiglia di modeste condizioni sociali, è entrato nella multinazionale nel 2004 e da allora è il protagonista della più rapida scalata di un ragazzo all’interno di una big dell’hitech. Ma come ha fatto, partendo da zero a diventare il braccio destro di Brin e Page?
È il Ceo più pagato al mondo
Parla poco, le sue interviste si contano sulle dita di una mano e da qualche giorno è sotto i riflettori di tutta la stampa, da quando Google ha reso pubblici i guadagni dei suoi manager. Il suo budget nel 2015 è impressionante: 652mila dollari di stipendio, a cui si aggiungono 99,8 milioni di patrimonio azionario e altri benefit che arrivano a 22.395. Sorprendenti, un po’ meno se si legge la storia di questo ragazzo che ha cambiato più volte le sorti della multinazionale, evitato crisi preoccupanti, costruito prodotti di successo: «Sundar ha una capacità incredibile, quella di vedere prima degli altri come le cose evolveranno in futuro e creare team che condividono la sua visione» ha dichiarato Larry Page. E se lo dice lui, possiamo crederci.
Dall’India alla Silicon Valley, passando per Stanford
Già da anni la nazione asiatica è diventata fucina di talenti straordinari nel tech. Tra loro c’è Sundar che non impiega troppo tempo a capire cosa vuole fare nella vita. Suo padre è un ingegnere elettronico, sua madre una stenografa. Tra i due genitori sceglie di seguire l’orma paterna. Se la cavano, sono la tipica famiglia che fa sacrifici enormi pur di mandare i suoi figli nelle migliori scuole. Hanno una casa piccola, di 2 stanze, dove il futuro Ceo di Google ne condivide una col fratello.
Fin da piccolo dimostra un talento straordinario per i numeri. Un’incredibile memoria fotografica che gli consente di pigiare un numero di telefono sulla tastiera e memorizzarlo all’istante (pare che nei meeting in Google si diverta a dare prova di questa sua abilità). Inizia a interessarsi alla programmazione. E scrive il suo primo software, un gioco di scacchi, sua passione e attività nella quale eccelle. Se la cava un po’ meno bene con le materie umanistiche, la storia non gli piace e la geografia anche, durante gli studi allo Indian Institute of Technology di Kharagpur.
Non è il primo della classe, sarà sempre il terzo e il quarto, secondo questa mania di fare classifiche tra studenti. Ma nelle scienze informatiche non ha eguali: è un genio, tanto che vince una borsa di studio a Stanford: «Da ragazzo ho letto più libri sulla Silicon Valley di chiunque. Trasferirmi in California era il mio sogno».
L’arrivo a Google e l’intuizione: facciamoci un browser
A Stanford segue la Wharton School della University of Pennsylvania dove ottiene il suo MBA. Prima di entrare a Google si fa le ossa, prima alla Applied Materials, multinazionale nel campo di hardware e software, e poi alla società di consulenza, McKinsey & Co.
Quando approda nel “motore di ricerca” inizia a lavorare sulla toolbar, la barra di ricerca. E da qui che inizia la scalata. Fin dal 2000 Google distribuisce lo strumento su Internet Explorer e Firefox, insomma scaricavi i motori di ricerca e la trovavi di default. Ma nel periodo in cui muove i primi passi in azienda, Microsoft fa una mossa spiazzante. Quella di inserire Bing, il suo motore di ricerca, su Internet Explorer. Tra i manager c’è preoccupazione. Sundar ha timore che “Bill Gates” possa decidere di modificare Internet Explorer così da rendere quasi impossibile per gli utenti scaricare la barra di ricerca di Google. Per capirci lo strumento è alla base del successo dell’azienda e responsabile della maggior parte del fatturato, 59,8 miliardi di dollari. Se a questo metti che la toolbar consente anche di profilare le abitudini degli utenti, si capisce che si sta prospettando uno scenario apocallitico.
Ma Sandar resta analitico e fa una proposta, di creare un proprio browser, quello che poi è oggi Google Chrome (da cui sarebbero poi derivati altri prodotti di successo dell’azienda da Chrome OS, Chromebooks, Chromecast).
Ora tutti sappiamo chi ha vinto la battaglia dei browser, ma quando il ragazzo indiano fa la sua proposta c’è grande scetticismo, in un mercato dominato da Internet Explorer e Firefox. Oggi Google Chrome è il numero uno al mondo.
Guida Android, poi tutta Google
Dopo il primo successo passa alla guida di Android e dà vita ad Android One una linea di smartphone low cost per conquistare i consumatori nei mercati emergenti (31 milioni di dollari, il fatturato di Google solo con il sistema operativo Android).
I successi con Chrome e Android gli spianano la strada per altre promozioni. Page si fida così tanto di lui da metterlo alla testa dei più importanti dipartimenti (Maps, Google+, Search…). Diventa, insomma, il suo secondo in tutto. Nel frattempo le cose stanno cambiando. Nasce Alphabet, il conglomerato a cui fanno capo Google Inc e tutte le sue controllate.
Brin e Page spostano poltrone, quando si libera quella di Ceo già sanno chi dovrà occuparla. Sandar.
“Però non sai aggiustarmi il computer!”
«Puoi anche essere il Ceo della più grande azienda tecnologia al mondo, ma può capitarti di subire le ramanzine di tuo padre. Mi dice che non sono un ingegnere vero, perché non so aggiustargli il computer» racconta Sandar che parla anche dei suoi amici che continuano a chiamarlo per farsi consigliare un antivirus: «Sono cose che ti consentono di restare con i piedi a terra, restare umile. Poi amo confrontarmi con persone che mi fanno sentire insicuro, che ne sanno più di me. È il modo giusto per spingersi sempre oltre i propri limiti».
Giancarlo Donadio
@giancarlodonad1