«Biden ha governato malissimo dal punto di vista degli americani, specialmente sul piano economico. Quella statunitense è una baruffa interna tra due concezioni degli USA. Purtroppo lo scenario globale da 15 anni vede uno scontro tra i grandi imperi. L’Italia? Non c’è percezione di dove sia lo sviluppo economico, di come lo si fomenti. Per questo nel 2012 mi venne quella folle idea di provare a impedire che l’Italia annegasse». Michele Boldrin, economista che fa ricerca e insegna alla Washington University di St Louis, è il protagonista di questa nuova puntata della rubrica Italiani dell’altro mondo.
L’esperienza politica a cui ha fatto riferimento è Fare per Fermare il Declino, partito di cui è stato coordinatore e scioltosi ormai una decina di anni fa. Abbiamo raggiunto Boldrin in un periodo complesso caratterizzato dalla rielezione di Trump, dal futuro incerto dell’Europa e dai conflitti internazionali. Con lui abbiamo commentato notizie di attualità, concentrandoci poi sugli scenari che dal punto di vista di sviluppo o innovazione rischiano di penalizzare quei Paesi, Italia compresa, rimasti indietro sotto tanti aspetti.
«Quando ho cominciato gli studi – ha raccontato Boldrin, originario di Padova – ho fatto un po’ di giurisprudenza. Ma mi annoiava, così mi sono spostato alla Ca’ Foscari per frequentare economia mentre facevo anche il piccolo rivoluzionario. Mi sono accorto che non era quella la mia carriera: preferivo fare ricerca».
La scelta di spostarsi all’estero non è tardata. «L’ho fatto perché l’ambiente al tempo era mortifero. Ne ho avuto prova quando sono stato a Chicago e Los Angeles». Oggi insieme ad Alberto Forchielli, imprenditore che abbiamo intervistato di recente su StartupItalia per un commento sulla manovra, ha messo in piedi il Movimento Drin Drin. I due conversano spesso su YouTube sulle ricette che dovrebbe applicare l’Italia.
«C’è una distanza intellettuale che spaventa – ha argomentato Boldrin rispetto alle proposte presenti nell’attuale bozza di manovra 2025 -. C’è un disperato tentativo di mantenere un’Italietta degli anni 30. Tassare il 3% le startup significa preferire i sussidi per il lavoro poco produttivo e di piccolo cabotaggio. C’è l’occupazione piena, certo, ma la miseria è diffusa. Ci sono purtroppo lavori poco qualificati perché non c’è incentivo né a prepararsi né a formarsi per un mestiere altamente produttivo».
Fomentare l’innovazione
Lui che vive da anni negli Stati Uniti è a contatto con il Paese che guida intere industry legate all’innovazione. Riprendendo una sua espressione, abbiamo chiesto a Boldrin come si fomenta il cambiamento. «Bisogna creare terreno fertile dove i semi cascano da soli. Non servono sussidi, nessuno sussidia la grande innovazione. Al massimo lavori sull’esenzione fiscale. Servono scuole e politecnici che formino le persone, centinaia di migliaia che ci proveranno perché, si sa, in pochi ci riescono». L’economista ha tirato in ballo il ruolo della politica. «Serve un giardino fertile e protetto dove non ti mettono le tasse il giorno dopo: le imprese devono poter apparire e scomparire».
Negli ultimi mesi si è parlato del rapporto sulla competitività di Mario Draghi, presentato per offrire una progettualità all’Unione Europea. «L’analisi dei problemi e delle sue cause che Draghi fa nel rapporto è corretta e condivisa ormai da decenni nell’ambiente internazionale. Niente da dire ma anche nulla di nuovo. Il problema sta nelle ricette: troppo nuovo intervento statale “attivo” anziché costruzione del giardino con terreno fertile. Mario Draghi sbaglia quando propone i grandi centri europei di ricerca creati dall’intervento pubblico come in Cina. Quelli sono luoghi dove si fa innovazione militare. Se vuoi qualcosa di simile alla ricchezza della Silicon Valley devi creare ambienti diffusi, istituti di ricerca che competano tra loro».
Nel corso dell’intervista Boldrin ha fornito anche una lettura su un trend che nota nell’economia globale e che ha a che fare con talenti, a volte italiani, che scelgono di stare altrove. «I fattori produttivi che contano sono sempre più mobili a livello mondiale. Tutto si può apprendere e replicare: significa che non c’è nulla di garantito. Mi vengono in mente le sciocche difese sul Parmigiano. I fattori di produzione, come creatività e innovazione, sono spostabilissimi nel mondo e così i capitali».
Modelli a cui ispirarsi
Scontata la risposta sul dove si concentrano questi talenti. «C’è una redistribuzione mondiale dei talenti guidata dagli ambienti dove ci sono condizioni di lavoro e crescita decenti». E per chi preferisce rimanere in Italia? «Alle giovani generazioni suggerisco di fare politica. C’è salvezza individuale per i più bravi, molto dotati, ma gli altri devono capire che la politica libera spazi».
Le soluzioni ai problemi dell’Italia si giocano anche (qualcuno direbbe soprattutto) nel comparto innovazione. Ma ci sono nel frattempo elementi, best practice e politiche che potrebbe essere utile tenere in considerazione? «Dai giapponesi bisogna imparare come gestire la crisi demografica – ha concluso Boldrin -; l’Irlanda insegna come aprirsi all’investimento estero per generare vantaggi per la popolazione; la Spagna mostra come fare investimenti pubblici decenti; la Francia mostra che politiche energetiche non folli alla fine aiutano; e aggiungo pure l’Argentina di Milei: i tagli agli interessi costituiti fanno bene».