Federico Vezza è l’ideatore della pagina Instagram sul magico mondo del “sono in ferie, ma dimmi”
«Ricevo tanti messaggi di persone che vengono maltrattate sul lavoro. Fare il consulente non significa essere schiavo. Credo che la mia pagina faccia sorridere e riflettere». Da qui a utilizzare i meme per rivendicazioni sindacali ce ne passa, ma in questa intervista che abbiamo chiesto a Federico Vezza, content creator e mente dietro alla pagina Instagram Consulenza Confusa (qui il link), non ci aspettavamo certo di evidenziare anche le clamorose storture del lavoro odierno. Su StartupItalia, finora, ci eravamo limitati a una collezione di inglesismi e modi di dire che costellano call e meeting (aridaje…) del mondo startup. Ma c’è un momento per le risate e un altro per la serietà. Scopriamo dunque come una pagina può sfruttare l’ironia per fotografare uno spaccato amaro dell’attualità. Nell’articolo sarete accompagnati da una piccola galleria di meme di Consulenza Confusa.
Il bagaglio di Federico Vezza, 29 anni e un impiego da manager a Milano in IBM, è istruttivo per chi coltiva ambizioni da content creator sui social. Scoprendo nascita, percorso e impennata della pagina si assorbe una chiave di lettura spesso trascurata quando si parla di nuovi lavori. «Ho lanciato la pagina con alcuni amici ai tempi dell’università – ci ha raccontato Federico -. Era il 2017 e si chiamava Consulenza del suicidio. L’idea era di attaccarci al network di altre pagine come Economia del suicidio, rivolta soprattutto agli universitari. Per molto tempo è rimasto un hobby, uno sfizio. E alla fine sono rimasto da solo a gestirla».
Il 2020 che per molte realtà e altrettanti professionisti è stato un anno di svolta dal punto di vista del business non ha fatto registrare grossi cambiamenti per Consulenza Confusa. Nel frattempo Federico ha iniziato a fare carriera dentro una grande multinazionale. Tutto è poi cambiato – lato content – grazie all’introduzione di un template più pulito e ai consigli di un’amica. «Marianna Iazzetta, esperta del mondo del fashion, mi ha dato una mano a evolvere. Il 2021 è cominciato con 6mila follower ed è terminato con 28mila. Molti consulenti e professionisti dicono di sentirsi meno soli quando guardano i miei meme». Immagini che, come tratto comune, cercano di sfatare il mito secondo cui lavorare sempre è lavorare bene.
Gli anni di attesa prima di vedere i risultati dimostrano quanto la costanza faccia la differenza sui social. Dove, al netto dei numeri (ci sarà sempre un influencer più grande), quello che conta sono i contenuti e la passione. «Da Consulenza Confusa guadagno poco e niente. Ma rifiuto qualsiasi tipo di collaborazione. Preferisco gestire il mio store con magliette e tazze. Penso che i meme siano momenti creativi a tutti gli effetti e, col tempo, ho imparato a capire quali funzionano e quali no». Nell’intervista a Federico Vezza è anche questo un altro aspetto interessante su cui vale la pena soffermarsi: in un’epoca in cui molti sognano di fare gli influencer, perché invece non percorrere un’altra strada, forse ancora più sfidante? Ognuno, indipendentemente dal lavoro che fa, può creare contenuti e crearsi una propria community.
E a proposito di influencer/content creator/ celebrity, le ultime vicende – da Djokovic a Joe Rogan – mostrano (di nuovo) quanto l’ecosistema social non sia molto diverso da un Far West in cui tutto è polarizzato. Lo stesso Federico ha citato le opinioni dell’esperto di marketing Seth Godin in merito agli influencer. «Son d’accordo con quel che dice: si sono creati gruppi che a volte alimentano l’ignoranza. Se la mia community guarda a me come riferimento, a quel punto il contenuto rischia di andare in secondo piano. Ecco perché non so quanto mi convenga espormi. Preferisco far parlare i contenuti. Tutti noi abbiamo una responsabilità. E credo che la formazione per i content creator debba esser vista come passaggio obbligato».