La startup dell’automotive Arrival ha annunciato che venderà i propri asset e le proprietà intellettuali in UK per pagare i debiti. Poco più di un anno fa scrivevamo su StartupItalia dei licenziamenti (800 persone) che hanno coinvolto l’azienda fondata nel 2015 e con sede a Londra. Come ha riportato TechCrunch in passato la società specializzata nella produzione di van elettrici era stata valutata 13 miliardi di dollari. Allo stato attuale vale meno di 10 milioni di dollari. La bancarotta in UK è un’ulteriore segnale di crisi.
La strategia di Arrival non si è mai concretizzata: l’obiettivo, infatti, era realizzare van e bus elettrici in piccole fabbriche vicine ai centri urbani. Nel 2021 la società aveva segnato la più grande IPO di una società tech UK al Nasdaq, ma il percorso in Borsa si è concluso lo scorso gennaio quando il titolo è stato rimosso.
Non solo Arrival
La situazione per l’automotive europeo sconta diverse difficoltà. In Italia, soprattutto, gli ultimi giorni hanno registrato polemiche per la decisione di Stellantis di mettere in cassa integrazione gli oltre 2mila lavoratori dello stabilimento torinese di Mirafiori. La società guidata da Carlos Tavares sta evidentemente puntando sempre di meno sull’Italia e nel frattempo l’Europa deve fare i conti con la concorrenza cinese in termini di vetture elettriche.
La difficoltà nel vecchio continente è percepita dalle startup come Arrival e anche da altre società che hanno puntato sull’elettrico, come Polestar, che di recente ha annunciato il taglio di 450 persone. C’è infine un altro fattore esogeno che può mettere a rischio l’industria e il mercato: quanto sta accadendo nel mar Rosso, con gli attacchi Houthi contro le navi mercantili che si dirigono verso il Canale di Suez, ha spinto diverse compagnie a scegliere la strada più lunga (circumnavigare l’Africa) con conseguente aumento dei prezzi.