Nonostante la pandemia (e adesso anche la crisi legata alla guerra tra Russia e Ucraina), il nuovo report di AgFunder conferma la crescita dirompente del settore con un balzo dell’85% rispetto al 2020. La parte del leone la fa l’e-grocery
Mala tempora currunt, ma non per il comparto dell’innovazione agroalimentare. Del resto, è la stessa crisi climatica che ci impone di trasformare profondamente – migliorandolo – il nostro modo di produrre e consumare cibo. La grande sfida, raccolta da un numero sempre più numeroso di aziende e startup nel mondo, è quella di coniugare sostenibilità e competitività.
La conferma che l’AgriFoodTech gode di ottima salute a livello globale arriva dall’AgriFoodTech Investment Report 2022 realizzato da AgFunder, uno dei più importanti venture capital del settore. Come mette in evidenza la ricerca, nel 2021 gli investimenti hanno toccato quota 51,7 miliardi di dollari, per un totale di 3155 deal, facendo registrare un notevole salto in avanti: +85% rispetto al 2020.
Il rapporto prende in considerazione due filoni: il primo riguarda la “parte alta” della filiera (upstream), ovvero le realtà che si occupano dei processi di produzione e trasformazione del cibo, il secondo invece la “parte bassa” (downstream), quella più vicina al consumatore finale, e quindi la vendita al dettaglio. Ebbene, il valore degli investimenti per le aziende upstream è stato di 18,9 miliardi di dollari, mentre quelle downstream hanno totalizzato 32,1 miliardi.
Le categorie più attrattive
Più nel dettaglio, a trainare la crescita delle risorse investite nell’AgriFoodTech nel 2021 è stato soprattutto l’e-grocery (siamo nell’area downstream), che in un anno ha fatto segnare un +188%. Stiamo parlando di un ambito in grado di sfruttare le potenzialità delle tecnologie digitali per rivoluzionare le modalità di distribuzione dei beni di consumo. A mettere a segno il round di investimenti più elevato è stata la piattaforma cinese di gruppi di acquisto Furong Xingsheng, che ha raccolto oltre 3 miliardi di dollari da veri e propri giganti come Sequoia Capital, KKR e Tencent.
L’attenzione degli investitori si è concentrata molto sulle realtà attive nell’instant-delivery: le tedesche Flink e Gorillas hanno conquistato in poco tempo lo status di unicorno e si sta avvicinando all’obiettivo anche la turca Getir che nel 2021 si è fermata, per così dire, a 983 milioni di dollari.
Sul lato upstream, il fronte che ha visto nel 2021 la maggiore attività di investimento è quello degli innovative foods, con più di 430 aziende capaci di attrarre capitali. Parliamo della carne e di altri derivati animali realizzati in laboratorio a partire dalla coltura di cellule animali in appositi bioreattori: in questo campo hanno saputo raccogliere una grande quantità di fondi aziende come la californiana Perfect Day e l’israeliana Future Meat. Ma parliamo anche delle alternative plant-based ai prodotti di origine animale (in cima alla classifica troviamo l’americana Impossible Foods e la cilena NotCo) e dei cosiddetti novel foods, tra cui rientra per esempio l’utilizzo delle proteine degli insetti (si veda il caso di successo della francese Ynsect).
L’altro settore in forte ascesa è quello del vertical farming, che fa della sostenibilità il suo cavallo di battaglia, promettendo prodotti di qualità con una drastica riduzione dei consumi idrici e senza l’utilizzo di fertilizzanti chimici: qui brillano aziende come la tedesca Infarm e la newyorkese Bowery Farming. Infine, c’è il capitolo biotech: a livello di investimenti, il primato spetta all’americana Pivot Bio (round da 430 milioni di dollari nel 2021) che ha sviluppato dei fertilizzanti a base di batteri azotofissatori in alternativa ai più inquinanti fertilizzanti di sintesi.
Stati Uniti sempre in testa, ma la Cina insegue
Ça va sans dire, il Paese che è riuscito ad attrarre la maggior parte dei capitali (21 miliardi di dollari, il 41% degli investimenti totali) e che ha siglato il più alto numero di deal (1.062, ossia il 34% del totale), rimangono gli Stati Uniti. A dominare la scena è in particolare la California (9,7 miliardi di dollari), che grazie alla vivacità della sua Silicon Valley stacca di gran lunga tutti gli altri Stati americani.
Alle spalle degli Usa non si ferma la corsa della Cina (7,3 miliardi di dollari di investimenti e 123 deal), che per colmare il gap con l’AgriFoodTech a stelle e strisce scommette soprattutto sull’e-grocery, come abbiamo visto in precedenza nel caso di Furong Xingsheng. Sul terzo gradino del podio troviamo invece l’India (4 miliardi di dollari, 257 deal), seguita da Germania, Regno Unito, Brasile e Israele. L’Italia è indietro e, stando ai dati riportati da AgFunder, non rientra nemmeno nella top 15. L’ecosistema nostrano AgriFoodTech è ancora piuttosto immaturo, questo è vero, ma presenta un potenziale di espansione enorme.