Una foto, una parola, un sentimento associato. Qwikword è un social network creato a New York da ragazzi italiani. Il founder Crismale è convinto che Facebook non è più così attrattivo per gli utenti, e c’è spazio per sperimentare nuovi social.
Può venire dall’Italia il social network che batterà Facebook? È il sogno di Gianmarco Crismale e dei suoi amici fondatori della app Qwikword.
Incontro Gianmarco nello studio legale DLA Piper, sulla Sesta Avenue fra la 49° e 50° strada a Manhattan, dove lavora l’avvocato newyorkese Alan D’Ambrosio, consigliere e consulente della startup. “Era l’estate del 2012 e lavoravo in banca a Udine – racconta Gianmarco -. Mi occupavo dell’apertura di nuove filiali. Per riordinare le idee ho cominciato a scrivere le prime parole che mi venivano in mente su un foglio bianco e a studiare le loro associazioni. Poi ho pensato che sarebbe stato interessante sapere quali altre associazioni di idee avrebbero avuto i miei amici. Da lì è nato il progetto di un social network per condividere la prima parola ispirata da un’immagine”.
Ogni foto è uno stato d’animo, cos’è Qwikword
Qwikword funziona così: una persona pubblica una foto con una parola che definisce il suo stato d’animo di fronte a quell’immagine; le altre reagiscono scrivendo a loro volta la prima parola che viene loro in mente guardando quella foto. Gianmarco fa un esempio: “Per me la Statua della Libertà significa ‘sogno’. Ma per un altro può voler dire ‘illusionè o ‘fuga’. Le immagini stimolano interessanti reazioni, utili a capire il punto di vista degli altri. Su Qwikword ci si può immediatamente confrontare con lo stato d’animo di chi partecipa al ‘gioco’ e anche entrare in contatto con gente nuova”.
Volete davvero far concorrenza a Facebook?, gli chiedo. “Abbiamo analizzato quello che sta succedendo su Facebook – risponde diplomatico Gianmarco -: la gente non ha più tempo di scrivere commenti e spesso si esprime solo cliccando ‘like’. Il nuovo fenomeno di successo online è Snapchat, che permette di scambiare foto e messaggi brevi, che scompaiono dopo pochi secondi. Qwikword va nella stessa direzione: soddisfa il bisogno di un’interazione veloce, ma significativa”.
La startup è stata fondata e si è sviluppata finora con i risparmi di Gianmarco e degli amici. “Siamo autofinanziati – precisa lui -. Non cerchiamo venture capitalist o altri investitori, perché siamo troppo appassionati della nostra società e non vogliamo perderne il controllo”.
“Io sono venuto qui in perlustrazione una prima volta nell’estate 2012, poi mi sono trasferito definitivamente lo scorso giugno – continua a raccontare Gianmarco -. All’inizio ho chiesto all’Ice di New York l’indicazione di avvocati che ci potessero aiutare per i problemi di marchi e brevetti. Loro hanno spiegato che non fanno pubblicità a nessuno, ma hanno suggerito alcuni nomi, fra i quali Alan D’Ambrosio, che ha creduto subito nella nostra idea”.
La squadra di Qwikword è fatta di quattro persone a tempo pieno a New York e tre in Italia, fra Udine e Padova, impegnate nello sviluppo del software. “Abbiamo scelto New York perché il nostro primo mercato di riferimento sono gli Stati uniti e qui è più facile entrare in contatto con i marchi e conoscere gente utile per il business”, spiega Gianmarco, che è il ceo (amministratore delegato). Laureato in Economia a Udine, lo scorso giugno ha lasciato il lavoro in banca per creare la startup.
Qui ho imparato che se lavori tanto, dalle 7 del mattino alle 2 di notte, tutto è possibile
Gli altri fondatori sono tutti trentenni come lui, amici o amici di amici. A New York – “nel garage della nostra startup, che poi è il mio appartamento nell’Upper East Side”, scherza Gianmarco – c’è il vicepresidente della società ed esperto di web design Fulvio Menegozzo, focalizzato sul prodotto e il brand. A Padova c’è Gianpaolo Ferrarin, il chief technology officer. A Udine c’è Luca Monfredo, laureato in Informatica e web designer, titolare anche di una sua società di software, Cikka!com. Matteo Pivetta si occupa di finanza e strategia per ora da Hong Kong, dove sta studiando per ottenere un Master in business administration alla Hong Kong University of science and technology.
“Qui ho imparato che se lavori tanto, dalle 7 del mattino alle 2 di notte, tutto è possibile – racconta Gianmarco -. Per farmi conoscere e ottenere incontri ho usato moltissimo LinkedIn, che è fondamentale per la rete di contatti. Molte aziende si sono già dette interessate a lavorare con noi: per loro è prezioso capire la reazione del pubblico all’immagine di un nuovo prodotto. Finora il servizio è in fase sperimentale. Faremo un grande lancio a marzo”.
Gianmarco non può citare i nomi delle aziende con cui sta discutendo accordi commerciali. Ma rivela di aver aperto un dialogo con il Chief digital officer del Metropolitan museum, Sree Sreenivasan, ex Cdo della Columbia University e professore di social & digital media alla Columbia journalism school. “Per un museo le immagini sono ovviamente una materia prima e Sree mi ha detto che il Met sta pensando a una app in qualche modo simile alla nostra – spiega Gianmarco -. Sarebbe bellissimo poter collaborare con un istituto così prestigioso”.