Negli Usa ha visto centinaia di pitch e mosso investimenti per 40 milioni. Tutti i numeri e le curiosità da sapere su Shark Tank prima della messa in onda in Italia. Numeri, le storie di successo, i pitch migliori, i protagonisti
Negli USA è giunto alla 6a stagione. 120 episodi. 478 pitch. La metà di chi li ha presentati ha raggiunto dopo la puntata un accordo con uno o più investitori. Gli «squali» di Shark Tank. Format televisivo della statunitense ABC che giovedì 21 maggio debutterà per la prima volta in Italia su Italia 1. Gli squali americani nelle prime 5 serie hanno investito nelle startup che hanno pitchato davanti alle telecamere circa 40 milioni di dollari. Aziende che sono cresciute, alcune tanto, e creato lavoro.
Qualcosa del genere si spera possa succedere anche da noi. Non tanto per i volumi. Difficile. Nemmeno per gli effetti positivi sull’ecosistema delle startup innovative. Il programma è su idee di impresa. Non (o non solo) solo digital company. Negli Usa il programma è seguito in media da 8 milioni di persone a puntata (con punte di 10. Per avere una stima, l’ultima puntata di Breaking Bad è stata vista da 7 milioni di persone. Walking Dead che ha un successo enorme in America in media ne fa 13).
Dentro la vasca degli squali
Il format ricalca programmi di successo oramai noti al grande pubblico televisivo. Un gruppo di aspiranti imprenditori, un’idea di business, un pitch di 4 minuti, un gruppo di “sharks”, il vero cuore del programma perché sono gli investitori che dovranno scegliere di finanziare le migliori idee investendo nella startup in cambio di una quota della società (e quindi, in futuro, degli utili) o “chiamarsi fuori”, come recita la formula di rito.
Shark Tank è la “vasca degli squali” che ha portato per la prima volta le startup in tv. Negli Stati Uniti il programma, prodotto da Mark Burnett (lo stesso dell’Isola dei Famosi), è giunto alla sua sesta stagione ed ogni venerdì sera fa sintonizzare sulle frequenze della ABC milioni di telespettatori.
Il format in realtà è ispirato a un altro programma simile. “Dragons’ Den” (la Tana dei Draghi), trasmesso prima in Giappone e poi in Canada ed è un reality show in cui imprenditori o aspiranti tali presentano la propria idea e modello di business a un gruppo di 5 investitori. Gli “Sharks”. Prima di noi gli spagnoli hanno provato ad importare il format, con scarso successo. “Tu Oportunitad”, andato in onda con 8 puntate nel 2013 ha totalizzato mediamente solo un milione di telespettatori a puntata.
Il talent che ha ridato vita all’american dream
Shark Tank negli Usa ha cominciato solo per caso ad andare in onda proprio durante lo scoppio della bolla finanziaria del 2008. Uno degli shark del programma americano, Mark Cuban, imprenditore, padrone dei Dallas Mavericks, ha parlato del successo del programma come uno dei fattori che ha portato alla riscoperta dell’american dream dopo la crisi. Perché Shark Tank non è solo un format di talent scouting come siamo abituati a conoscerli. Che tanto successo hanno avuto e ancora hanno in Italia. Shark Tank è una piccola palestra d’impresa. Un inno alla cultura imprenditoriale. Al mettersi in gioco. E saperlo fare.
Se continui a fare quello che sai fare, resti il coglione che sei
A guardare come gli shark italiani hanno deciso di presentarsi lo spirito sembra lo stesso.
Fabio Cannavale di Lastminute.com ha scelto come proprio motto nel programma «Volere è potere». Semplice, ma non scontato.
Gianluca Dettori di dPixel ha scelto «Tutto ciò che non uccide fortifica».
Il pubblicitario Gianpietro Vigorelli invece va dritto con un consiglio: «Esagera».
Mentre Luciano Bonetti di Foppapedretti è quello meno polite dei 5, ma forse il più efficace. Di sicuro il più originale: «Se continui a fare quello che sai fare, resti il coglione che sei».
Unica presenza femminile tra gli squali, Mariapia Costanza di Macnil – Zucchetti ha scelto di descriversi con un «Nulla è impossibile a meno che tu non pensi che lo sia».
Questo spirito dovrà arrivare ai concorrenti della serata di esordio. I nomi dei partecipanti è ancora top secret (alcuni in realtà sono trapelati, come Floome). Sono trapelate alcune idee. Food, ecommerce, manifacturing e applicazioni per mobile. In attesa di scoprire le startup protagoniste della versione italiana, ci sono numerosi casi di successo di startup nate da Shark Tank negli Usa. Ne abbiamo scelti 5 per spiegare come funziona il programma e quali sono le potenzialità. Ma soprattutto che idee hanno funzionato meglio. La fonte per i dati economici è Business Insider.
5 casi di startup di successo da Shark Tank Usa
Simple Sugars
Lani Lazzari ha pitchato davanti agli investitori nel 2013. Aveva 18 anni. La sua startup si chiama Simple Sugars. Produce creme per la pelle completamente naturali. Ha ottenuto il primo investimento proprio con Cuban per 100mila dollari in cambio del 33% della società. Dopo 24 ore dal primo episodio le vendite sono salite del 450%. 220 mila (da ora K) dollari di vendite. Dopo sei settimane ha raggiunto quota 1 milione. Nel 2014 ha raggiunto un fatturato di 3 milioni di dollari.
ChordBuddy
Travus Perri ha creato un sistema per aiutare i principianti a creare accordi con la chitarra. Nel 2012 ha fatto un accordo con uno degli squali di quella stagione, Herjavec, per 170K dollari per il 20% delle equity. Nel 2014 il fatturato è salito a 2 milioni.
Ten Thirty One Productions
Anno 2013. Cuban fa il più grosso investimento di sempre a Shark Tank. 2 milioni di dollari per il 20% di un’azienda che fa horror entertainment. A beneficiarne la founder, Melissa Carbone. Ha usato quei soldi per portare il suo business dalla California a tutti gli Stati uniti. E i ricavi sono saliti a 3 milioni nel 2014.
Breathometer
Stagione 5, anno 2013, 5 shark investono in Breathometer 650K dollari per il 30% dell’azienda. Un device che si attacca allo smartphone e analizza il respiro di chi ci soffia dentro per motivi di salute o tasso alcolemico. Dopo Shark Tank la startup raccoglie altri 2 milioni da venture americani, e nel 2014 raggiunge vendite per 10 milioni di euro.
Cousinsmainelobster
Food. Sabin Lomac e Jim Tselikis sono due cugini del Maine che creano un business per portare le aragoste in meno di 24 ore dal Maine in California dove si sono trasferiti. Ci crede Corcoran. Un deal in diretta televisiva per soli 55mila dollari per il 15% dell’azienda. Le vendite dopo l’episodio passano a 700 mila dollari. Oggi ne vendono per circa 4 milioni l’anno.
Uno dei migliori pitch negli Usa (di sicuro il più divertente)
Sarà importante per i partecipanti fare un buon pitch. Sarà la chiave per capire la bontà di un’idea, la sua realizzabilità, ma anche lo spirito degli aspiranti imprenditori che si contenderanno gli investimenti dei 5 shark italiani. Per esempio, questo pitch di Steve Gadlin può sembrare uno scherzo più che un’idea di impresa. Eppure ha convinto gli investitori che gli hanno dato 25K dollari per il 33% della sua azienda. Il nome improbabile della sua startup racconta già tutto: I want to draw a cat for you.
Chi nuota nella vasca italiana
Nell’edizione americana gli sharks sono Daymond John, Mark Cuban, Lori Greiner, Kevin O’ Leary (alias Mr. Wonderful), Robert Herjavec e Barbara Corcoran. Tutti uomini e donne di successo, milionari che partendo da zero (o quasi) hanno costruito imperi. In più: negli anni hanno maturato una grande complicità e, soprattutto, sanno stare in tv, il che ha contribuito alla crescita e all’affermazione del programma.
Se Shark Tank saprà non solo parlare la loro lingua, ma intercettare i sogni e – soprattutto – i bisogni dei giovani ventenni e trentenni italiani avrà lunga vita, oltre che grande share
Per l’edizione italiana i profili scelti dagli autori e da Toro Tv, la società che produce Shark Tank (e la stessa che produce The Voice of Italy) sono eterogenei: manager, imprenditori e investitori. Le due figure che in giuria si avvicinano di più all’ideale di squalo sono Gianluca Dettori e Fabio Cannavale. Partiti entrambi da zero sono stati protagonisti del boom del web in Italia. Due talenti che a cavallo tra gli anni ’90 dei modem 33.6k e il Duemila della prima grande rivoluzione digitale hanno iscritto il loro nome nel registro dei “millennium boys” della nostra penisola.
Gianluca Dettori
48 anni, poco più che trentenne e con in tasca una laurea in economia ha fondato Vitaminic, la prima distribuzione italiana di musica digitale online, ricoprendone la carica di Chief Executive Officer e portandola alla quotazione sul Nuovo Mercato di Borsa Italiana nel 2000. Da buon surfista Dettori è abituato alle sfide, alle grandi sfide. Dopo essere riuscito a domare le onde della grande finanza, ha scelto di dare una mano ai giovani startupper italiani, fondando dpixel, la società di venture capital che investe nel campo digitale, software e del commercio elettronico e che ha all’attivo un programma di scouting nazionale itinerante, il Barcamper, col quale va a caccia di talenti sui quali investire. Negli ultimi 10 anni ha seguito personalmente decine di startup nel settore digitale e medicale. Nel 2013 ha ricevuto l’incarico di advisor della Commissione Europea, in merito al progetto FF-PPP Future Internet Accelerators, che ha finanziato 16 acceleratori di startup in Europa.
Fabio Cannavale
50 anni, milanese, ingegnere, anche a lui piacciono le onde, però anziché domarle col surf le accarezza con la sua barca a vela.
Ha sudato, e tanto, Cannavale. Tanta e tanga gavetta come consulente per grandi società come ATKearney e McKinsey&Company. Fino a quando nel ’96 ha deciso di spiegare le vele della sua barca fino ai Caraibi. E’ lì che nasce l’idea di offrire vacanze sul mare con “The Floating Village”, la sua prima impresa. Così, Cannavale non solo è riuscito a trasformare quella che fino ad allora altro non era che una grande passione, ma nel giro di un decennio è divenuto leader indiscusso in Italia, nel settore dei viaggi online ultimi anni: è lui il fondatore di eDreams.it, di cui è stato presidente, e del primo motore di ricerca di voli low cost Volagratis.com, il cui successo lo ha spinto a creare Bravofly Rumbo Group, che oggi offre servizi a oltre 10 milioni di viaggiatori, con il nuovo company name di lastminute.com. Ma uno squalo che si rispetti non va a caccia solo nel suo mare, per questo ha scelto di diversificare il proprio business investendo in dpixel, H-farm, Club Italia e Digital Magix.
Gianpietro Vigorelli
63 anni, milanese, Gianpietro Vigorelli ha passato una stato direttore creativo in Saatchi & Saatchi Advertising. Dal 1994 è in Young & Rubicam. Vero e proprio artista poliedrico, Vigorelli è noto anche come regista: è stato lui a firmare negli ultimi decenni molte campagne pubblicitarie che oggi potremmo definire “virali”, come lo spot con Alberto Tomba nei panni de “L’uomo bionico” per Barilla.
Luciano Bonetti
67 anni, bergamasco, ingegnere elettronico, è stato manager di Foppapedretti, all’interno della quale ha ricoperto diversi incarichi. Lì ha iniziato nel ’76 la sua carriera e dal 1981 al 1995 è stato amministratore unico della stessa. Appassionato di golf e di pallavolo, è presidente del Volley Bergamo, squadra pallavolistica femminile che gioca in A1. E il genio del marketing della squadra. Anche una volta divenuto presidente di Foppapedretti, ha tenuto per sé le deleghe al marketing, alle strategie di comunicazione, alla direzione della progettazione di prodotto. E siccome è uno al quale piace fare e non solo stare dietro a una scrivania ha tenuto per se anche la direzione generale dell’azienda.
Mariarita Costanza
Con i suoi 43 anni è la più giovane del team di squali italiani di Shark Tank, nonché l’unico pezzo di sud tra gli investitori. Pugliese, ultimati gli studi in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Bari, nel 2001 ha creato insieme al marito e socio Nicola Lavenuta la sua prima startup: Macnil. L’ha fatta crescere con un prestito alla sua banca, mettendo a garanzia la casa dei genitori. Sacrifici e rischi che saranno presto ricompensati. Oggi la Macnil è la prima azienda di fleet management sul territorio nazionale e ha cominciato il percorso di internazionalizzazione, e a giugno 2014 è entrata far parte del Gruppo Zucchetti. Mariarita Costanza più che uno squalo è un bravo pescatore, che conosce il suo mare e sa quanto questo, se rispettato, può restituire a chi si prende cura di lui. Se oggi nel cuore di Gravina in Puglia esiste una grande azienda ICT che si occupa di Internet of Things e tanti altri progetti di successo è perché quindici anni fa una ragazza poco più che ventenne ha scelto di non lasciare quel suo mare del Sud. Ha gettato le sue reti, e sta vincendo.
Cosa ci aspettiamo dall’edizione italiana
Non ci aspettiamo (né speriamo, con tutto il cuore) che Shark Tank diventi l’ennesimo talent della televisione italiana. Siamo già pieni di aspiranti cantanti, ballerini, chef, pasticceri, nail artist, personal shoppers… ricordate anche uno solo dei nomi di chi non ha vinto una delle edizioni di X-factor, MasterChef, Amici? Impresa ardua. Perché il vero problema della tv sono sempre stati gli ascolti, cavalcando la polemica, mischiando emozioni vere a testi e copioni costruiti a tavolino.
Oggi purtroppo in Tv nessuno guarda alla strada di mezzo. L’offerta dei vari programmi, da quelli di inchiesta, all’intrattenimento, ai reality, tende sempre e comunque a intercettare segmenti di pubblico compartimentati: seri e fannulloni, buoni e cattivi, belli e brutti, casalinghe e donne di successo. Nessuno che parli (ma soprattutto sappia parlare) a chi sta in mezzo, a chi ha attenzione per la cronaca, per gli approfondimenti e le inchieste di Report, ma che al tempo stesso ama vedere i Simpsons, o magari una puntata di X-Factor e, perché no, dell’Isola dei Famosi. Un programma mediano, insomma, che sappia unire lo show allo stimolo. Una tv che generi coraggio di osare in prima persona.
E’ vero, Italia1 è un canale nazional-popolare e come target ha un pubblico giovane, un pubblico molto abituato a quel genere di tv. Ma non dimentichiamo anche le analogie con la grande crisi nella quale era partita l’edizione statunitense: oggi un giovane su due in Italia cerca lavoro. Alcuni sono Neet. Altri non disprezzano il rischio. E sono cuoriosi di trovare nuovi modelli di imprenditorialità. Se Shark Tank saprà non solo parlare la loro lingua, ma intercettare i sogni e – soprattutto – i bisogni dei giovani ventenni e trentenni italiani avrà lunga vita, oltre che grande share.
Arcangelo Rociola Twitter: @arcamasilum
Aldo Pecora Twitter: @aldopecora