Grazie a Seejay, brand e publisher (giornali, redazioni, blogger e chiunque produca informazione) possono sfruttare una grande quantità di informazioni, raccogliendo, selezionando e pubblicando immagini, video, audio, testi dai social network su un “Social Wall”.
Raccontare ciò che accade attraverso i post e tweet di Facebook e Twitter, le foto di Instagram e i video di YouTube. Ma non solo. Offrire, attraverso l’utilizzo di contenuti social, una narrazione diversa, creata direttamente dagli utenti. Seejay, startup italiana creata da Carlo Brunelleschi e Fabrizio Ferreri, è tutto questo ma anche molto di più. Fornisce un nuovo modo per raccontare eventi, notizie, prodotti, e avvenimenti di grande interesse. Dà la possibilità di monitorare dati, analisi del sentiment e profilazione degli utenti social coinvolti nel Social Wall. Garantisce un’interazione diversa, più innovativa e partecipativa. E già il nome dice tutto: C (see) J (jay). Seejay, come Citizen Journalism. Una delle evoluzioni più concrete del giornalismo contemporaneo. Una forma di storytelling imprescindibile per scoprire e raccontare oggi la realtà che ci circonda.
Ma ora viene il bello. Seejay, ha lanciato una campagna equity, sulla piattaforma Siamo Soci, per trovare investitori, crescere ulteriormente e diventare, ancor più, un punto di riferimento per chi voglia raccontare, per passione o per professione, storie virali.
Come funziona Seejay
Grazie a Seejay, brand e publisher (giornali, redazioni, blogger e chiunque produca informazione) possono sfruttare questa grande quantità di informazioni, raccogliendo, selezionando e pubblicando immagini, video, audio, testi dai social network su un “Social Wall”. Elementi che vengono poi organizzati con una grafica personalizzata. Creare un Social Wall con Seejay consente al cliente di ingaggiare, coinvolgere ed espandere in modo originale la propria audience social. Seejay inoltre fornisce dati, analisi del sentiment e profilazione degli utenti social coinvolti nel Social Wall, offrendo al cliente informazioni sulla composizione e sulle caratteristiche della propria audience social. L’obiettivo è duplice: proporsi, da un lato, come una piattaforma completa di gestione dei contenuti con lo scopo di attivare ed espandere l’audience social del cliente; dall’altro fornire allo stesso una rappresentazione accurata di una audience social che orienti le scelte strategiche del cliente e ne incrementi le performance social.
L’intervista ai founder
Per saperne di più abbiamo intervistato Fabrizio Ferreri che ci ha spiegato come è partita l’avventura di seejay e perché hanno scelto la strada dell’equity crowdfunding.
Raccontami un po’ qualcosa di voi. Cosa volevate fare da piccoli? Che studi avete fatto?
Carlo Brunelleschi voleva fare l’aviatore, volare nel cielo. Guardava al cielo come zona di libertà e apertura che tutto sovrastava, una sconfinata distesa di immaginazione. Il cielo come una tela dove ognuno di noi vede e disegna ciò che vuole. Il cielo come transito verso gli astri. Io, invece, volevo fare il chimico. Ero attratto non tanto dal lato più tecnico della disciplina, quanto dalla magia di poter unire due elementi per tirarne fuori un terzo non contenuto negli elementi di partenza. La chimica dunque come prassi creativa per eccellenza, sulla falsariga dell’alchimia.
Abbiamo studi diversi e complementari: Carlo ha un background in ingegneria elettronica, io ho studiato filosofia ed economia. Ci siamo conosciuti a un evento per startup, aggiungerei un noioso evento per startup, che però abbiamo trasformato in una sorta di speed dating visto poi l’esito che ha avuto. Sia io che Carlo gestiamo Seejay, confrontandoci quotidianamente sui principali aspetti aziendali, Carlo con un focus prevalente sulla parte tecnologica, io con un focus prevalente su strategia e comunicazione.
Ti ricordi il momento preciso in cui è nato il progetto Seejay?
Sì, venivamo entrambi da precedenti esperienze in ambito publishing e media. Carlo da Decoro Urbano e io da Urlist. Desideravamo inizialmente mettere a disposizione uno strumento rivolto in particolare al citizen journalism. Lo spunto decisivo però ce lo ha fornito la musica: come il deejay mixa pezzi diversi creando alla fine composizioni ed esperienze nuove, così la nostra idea nasceva per rendere possibile il “mixaggio” dei contenuti dei social network e del punto di vista del giornalista, arrivando alla fine a una news collettiva e partecipata, costruita dal basso e capace di valorizzare il punto di vista degli utenti.
Da allora quali sono i passi principali fatti da seejay?
Tre sono state le tappe principali:
1) dopo il focus sui giornalisti, estendere il servizio ai brand, piegandolo ad un uso legato anche al marketing. Con questo doppio target B2B, publisher per scopi informativi, brand per finalità di marketing, ci siamo lanciati sul mercato a fine 2013 incominciando a fatturare.
2) L’ingresso in società, all’inizio del 2014, dei primi investitori col contestuale passaggio al B2C e la nuova identificazione del target individuato nei creatori di contenuti digitali. Questo passaggio ha comportato il ripensamento della piattaforma più in direzione del micro-blogging.
3) Dopo attente valutazioni, il ritorno a fine 2014 al B2B e al target publisher e brand, e il sostanziale potenziamento del prodotto con l’integrazione di feature semantiche, degli analitycs e dell’analisi del sentiment.
Quali sono i “numeri” principali di Seejay?
Ad oggi Seejay ha circa 120.000 utenti e circa 5.000 Storie (o Social Wall) create. Abbiamo già raccolto come micro-seed 120.000 euro.
Dimmi, secondo te, qual è l’innovazione principale apportata da Seejay.
Seejay oggi è un sistema complesso che si propone come obiettivo di massimizzare il profitto che publisher e brand possono ricavare dalla loro presenza sui social network. In che modo? In quattro fasi. L’innovazione di Seejay sta proprio nel tenere insieme in un unico prodotto queste fasi diverse:
1) Creazione della Storia -> ingaggio della audience social del cliente;
2) Promote (feature di promozione della Storia organica a Seejay) -> espansione della audience social del cliente;
3) Analytics e analisi del Sentiment -> comprensione della audience social del cliente e di ciò che accade sui social network in relazione ad hashtag di interesse del cliente;
4) Profilazione (di là da venire) -> identificazione della audience social del cliente.
Avete lanciato adesso la campagna su Siamo Soci. Perché avete deciso di farlo?
La tempistica del lancio è dovuta naturalmente al nostro piano finanziario. La scelta di ricorrere a questa modalità di funding è legata a diversi fattori: l’innovatività del metodo, che ti consente in una volta sola di rivolgerti contemporaneamente a più investitori; i canali differenti dai nostri cui è possibile accedere in questo modo, e infine il rapporto di stima professionale con i founder di SiamoSoci che svolgono un lavoro costante di comunicazione e diffusione del tuo progetto.
Facciamo un appello. Perché gli investitori dovrebbero investire sul progetto Seejay?
Qui passo la parola a Carlo Brunelleschi (dalla domanda successiva la riprendo io)…ci rivolgiamo a quegli investor audaci che sono stanchi del ciché della ennesima startup italiana rivoluzionaria che vende abbigliamento, oggetti per la casa, food & wine, stanchi dell’ennesimo comparatore di prezzi e volantini, dell’ennesimo motore di ricerca eventi e voli, dell’ennesimo trip planner…a questi diciamo che è arrivato il momento di investire finalmente in un prodotto made in Italy che sia originale e tecnologicamente innovativo. Questo perché come ha detto Paolo Barberis qualche mese fa, poco dopo aver preso incarico come Consigliere per l’Innovazione del Presidente del Consiglio, «Bisogna lavorare più all’attacco, non solo cercare di mantenere le posizioni sui settori ‘‘core’’ della nostra economia ma cercare di contrattaccare su settori in cui abbiamo lasciato troppo spazio gli altri Paesi».
È difficile in Italia far partire una campagna di questo tipo? che tipo di difficoltà state incontrando e quali sono invece i fattori positivi?
La difficoltà è dovuta al fatto che ancora in Italia la cultura del funding “dal basso” non è così radicata. C’è ancora nell’investor medio un po’ di sfiducia verso i progetti che adottano questa modalità di finanziamento. La difficoltà principale, quando parli col potenziale investor in maniera mediata e indiretta, è proprio far scattare la molla che spinge l’investor a rompere la sua diffidenza iniziale. Il principale fattore positivo è il supporto in termini di diffusione della campagna che stiamo ricevendo dalla nostra community di user e storyteller.
In chiusura facciamo un gioco. Come vedi il progetto Seejay tra 5 anni?
Tra 5 anni vedo Seejay come il servizio must to have per brand e publisher che operano sui social network in ottica business. Immagino più sedi nel mondo, un team multinazionale, fatturati importanti e anche, pallino mio e di Carlo, un gruppo di ricerca interno che possa sempre innovare il servizio.
C’è qualcosa che non ti ho chiesto ma che vorresti raccontare?
Sì, vorrei dirti che da qualche mese, da settembre 2014, abbiamo fatto una scelta contro-tendenza, stabilire il team operativo a Catania, in pieno sud (io e il CTO siamo di Catania). Ci pentiamo di questa scelta? No, riconosciamo la mancanza qui di un vero ecosistema ampio di supporto all’imprenditoria anche se molto si sta muovendo grazie a Working Capital che attualmente ci ospita nei suoi locali, ma, pur dovendo mensilmente spostarci per qualche giorno nelle nostre sedi di Milano e Roma, la bellezza di lavorare davanti ad una finestra sul mare col sole che illumina tutto è davvero impagabile.