Il 2015 delle startup secondo Club degli Investitori, tra note positive e meno, e un avvertimento sulla sopravvalutazione di alcune startup
Il Club degli Investitori è composto da un gruppo di imprenditori, professionisti e manager piemontesi che investe in società, di nuova o recente costituzione, ad elevato contenuto innovativo e con ampie prospettive di crescita. I soci investono personalmente nelle singole iniziative, acquisendo quote di partecipazione nelle società. Conta oggi più di 100 soci che, come business angel, affiancano e supportano la crescita dell’azienda. Abbiamo sentito Giancarlo Rocchietti per farci raccontare il loro 2015.
Come è stato il 2015 delle startup dall’osservatorio Club degli investitori? (investimenti, cose da ricordare, momenti chiave)
Abbiamo assistito a tre fatti importanti.
- Innanzitutto ci sono state diverse exit, soprattutto nel life science e ICT, che hanno dato grosse soddisfazioni a fondatori ed investitori. Questo dimostra che il lavoro degli anni passati sta portando ai primi risultati positivi.
- Secondo: sono stati avviati nuovi fondi di venture capital di dimensioni notevoli per il nostro mercato, che danno la possibilità alle startup di accedere a nuovi finanziamenti dopo i primi investimenti seed, come quelli erogati dal Club degli Investitori.
- Infine, sono nati i primi corporate venture: Gruppo Cln e Gruppo Mondadori, ad esempio, hanno istituito al loro interno nuove divisioni dedicate, investendo su manager specifici del settore.
Per quanto riguarda le attività del Club degli investitori, sicuramente è stato un anno molto positivo, sia in termini qualitativi che quantitativi. Il numero di soci è notevolmente aumentato, superando le 100 unità, e questo ci ha permesso di raggiungere diversi obiettivi. Da una parte, infatti, nella fase di approfondimento, avere a disposizione maggiori competenze, ci ha permesso di prendere in considerazione settori precedentemente poco esplorati, come, ad esempio, quello delle nanotecnologie oppure del fashion retail; dall’altra ha permesso, nel 2015, un investimento totale di circa 3.5M a favore di Directa Plus, che ha avviato il processo di quotazione a Londra nel 2016, Oluck, Finaest, Desmotec, Whoosnap e D-Orbit.
Quali sono state le startup che hanno fatto meglio nel 2015 secondo voi?
Prima di tutto citerei D-Orbit, oggi considerata tra le 100 startup più promettenti al mondo, grazie al suo innovativo sistema di decommissioning. Recentemente il Club, con un investimento di 1,3 milioni di euro, è stato lead investor in un nuovo round di investimenti, per un valore di circa 1,83 milioni di euro. Grazie alle risorse raccolte oggi D-Orbit è in grado di portare a termine la Missione D-Sat (prevista per il 2016), con il lancio del primo satellite al mondo che, a fine vita, verrà rimosso dallo spazio in modo sicuro, diretto e controllato. Da ricordare anche l’exit di MyTable, acquisita all’inizio dell’anno da TripAdvisor.
Come è evoluto l’ecosistema nell’ultimo anno? Punti di forza? Di debolezza?
L’ecosistema delle startup quest’anno ha visto una crescita degli investimenti in termini quantitativi grazie all’ingresso nel mercato di nuovi business angel, sia facenti parte di network, sia persone singole. Dall’altra parte, nella mia esperienza di business angel, percepisco il rischio di una potenziale bolla, soprattutto quando si parla di quotazioni che, in Italia, necessariamente dovrebbero essere più basse. Il fenomeno è sopravvalutato soprattutto dai media, se pensiamo che le startup innovative rappresentano lo 0.25% delle aziende nazionali. Molto denaro si è riversato nel settore rispetto al passato, a partire dal 2014, grazie alla liquidità disponibile e agli incentivi fiscali, ma anche grazie alla continua esposizione sui mezzi di comunicazione. Ciò ha fatto lievitare in meno di due anni le cosiddette valutazioni “pre money” del 30/50%.