Ecco cosa hanno fatto gli startupper italiani al meeting londinese. Le loro sensazioni, i loro obbiettivi (e chi vuole restarci)
Ci sono Massimo Ciuffreda e Michele di Mauro con Wiman. C’è Mario Bucolo con PhotoSpotLand. C’è Luca Gibelli e il team di Skylable. E infine Maurizio Caporali di Udoo. Sono le 4 startup italiane che hanno vissuto da protagoniste il TechCrunch Disrupt Europe 2014. In questi giorni nei loro padiglioni (il prezzo per ognuno si aggirava intorno ai 600 euro, compresi due biglietti di ingresso) stanno raccontando al pubblico londinese la loro idea, la storia della loro startup, e cosa vuol dire fare innovazione in Italia.
SKYLABLE
Perché andare allo startup Alley di TechCrunch lo spiega Luca Gibelli, 34 anni, di Skylable. «Volevamo mostrare a un pubblico più ampio le possibilità offerte dalla nostra azienda e per sensibilizzare il pubblico e le imprese ai rischi dell’utilizzo delle public cloud». Skylable offre una soluzione che permette di aggregare lo spazio su disco di un numero qualsiasi di server e di organizzarlo a seconda delle proprie necessità. Ci sono riusciti? «La risposta è stata molto positiva e moltissimi investitori si sono fatti avanti per partecipare ai nostri round di finanziamento successivi e acquistare quote della nostra startup».
PHOTOSPOTLAND
C’è chi va per i contatti, per farsi conoscere, per vendere quote. Chi per restarci. Come Mario Bucolo, 47 anni, catanese, fondatore di PhotoSpotLand, una community di viaggiatori fotografi che non condividono le foto dei propri viaggi, ma i posti più belli che hanno visitato. «Abbiamo già la società a Londra ed ora ci stiamo trasferendo lì anche fisicamente. Ci interessava partecipare a livello istituzionale per lasciare un segno di operatività e presenza qui a Londra». Perché avete deciso di andare via? «La situazione startup e funding in Italia è sempre peggio per noi le prospettive di finanziamento vengono dalla Gran Bretagna e dagli USA. A livello di opportunità la presenza al TCD ci serve per estendere il nostro network di contatti». Uno di sicuro l’ha ottenuto a New York, dove a maggio coordinerà il padiglione italiano al TechCrunch Disrupt NY.
UDOO
TechCrunch ha invitato anche UDOO, startup toscana che ha creato un computer senza mouse né tastiera, compatibile con Arduino. Il blog statunitense ha sostenuto gli startupper italiani fin dal lancio un anno fa della loro campagna su Kickstarter. «Ci apprestiamo a lanciare sempre su Kickstarter un nuovo prodotto» spiega Matteo Del Balio, 29 anni. Un riconoscimento per quanto fatto nell’ultimo anno, ma soprattutto «un modo per contattare nuovi investitori. Perché finora siamo riusciti a realizzare i nostri progetti col crowdfunding. Ora sapere che anche investitori e hedge funds possono essere interessati è stimolante. «La sensazione predominante è che sia in atto un processo di trasformazione molto potente: c’è voglia di reinventare, di porre il web e la tecnologia come grandi contenitori di servizi innovativi e specializzati». E in questa tensione l’Italia sta facendo la sua parte. «Abbiamo un enorme bagaglio di potenzialità che purtroppo non sono adeguatamente supportate ed incoraggiate dall’ambiente politico, economico e sociale. Vorremmo che le start-up italiane fossero sostenute nel potersi confrontare con realtà internazionali come questa di TechCrunch, gioverebbe sicuramente all’immagine del paese e dimostrerebbe che abbiamo tantissime realtà tecnologiche che rappresentano un avanguardia nel mondo».