Un’interrogazione parlamentare ha chiesto al Mise di verificare l’attività di Cocontest. Alla startup romana contestati il modello di business e una pubblicità considerata denigratoria. La replica: «Ridicolo. Ci temono»
Il 12 maggio è stata presentata un’interrogazione Parlamentare al ministero dello Sviluppo economico. L’hanno firmata 9 deputati, seduti ad ogni latitudine dell’emiciclo di Montecitorio. Da Fratelli d’Italia a Sinistra ecologia e libertà, passando per il Pd e Movimento 5 stelle. Nel documento chiedevano al dicastero di Federica Guidi di verificare la legittimità di Cocontest. La startup romana offre un servizio di crowdsourcing per chi deve arredare o ristrutturare casa o un ufficio, mettendo in collegamento clienti e architetti attraverso un contest pubblico. Per i deputati il servizio «presenta lati oscuri» ed è «altamente offensivo dell’intera categoria professionale degli architetti». Tra i firmatari 8 architetti e un urbanista (qui i nomi dei firmatari). I parlamentari sostengono nel documento che il servizio offerto Cocontest è illegale. Violerebbe le leggi italiane, e le direttive europee recepite dall’Italia per regolare il rapporto clienti architetti. E che una loro pubblicità apparsa online è, si legge nell’interrogazione, è «denigratoria nei confronti di un’intera professione» (qui il video contestato dai parlamentari). E’ la prima volta che in parlamento si presenta un’interrogazione per chiedere conto dell’attività commerciale di una startup innovativa italiana.
Le accuse a Cocontest degli architetti in Parlamento
Raggiunta da StartupItalia! mentre alla Camera si discuteva il ddl Scuola, Serena Pellegrino, Sel, eletta in Friuli Venezia Giulia, primo firmatario dell’interrogazione, si è detta certa che Cocontest non possa continuare a lavorare in Italia: «Quel servizio non possono farlo, mi batterò fino alla fine perché si impedisca che si mortifichi così il lavoro degli architetti». Architetto, 49 anni, nata a Lecce, siede nella parte più a sinistra degli scranni dell’emiciclo di Montecitorio. Curiosità. Un altro dei firmatari, Fabio Rampelli, 55 anni, Fratelli d’Italia, siede nel lato diametralmente opposto dell’emiciclo. Ultima fila, all’estrema destra. Trasversalità massima. Unica cosa in comune, la professione. Anche Rampelli è architetto. Per i firmatari dell’interrogazione Cocontest violerebbe tutte le norme di ingaggio di un professionista. Non solo.
«Questo servizio è lesivo verso la nostra professione. Questo mercato è competitivo in maniera sbagliata», continua Pellegrino. Si schiavizzano dei professionisti. Li si rende ancora più schiavi del mercato. Fa fare agli architetti una guerra tra poveri». Per Pellegrino Cocontest è indifendibile. Un’offesa ad una professione. E all’obiezione che il servizio offre la possibilità di lavorare a chi altrimenti non potrebbe in un mercato asfittico come quello italiano replica: «Invece di partecipare a quei contest dove si svendono dovrebbero lavorare per rifare il nostro patrimonio storico e urbanistico. Ci sarebbe una marea di lavoro per loro. Così si creano solo schiavi del mercato».
[L’intervista all’on Pellegrino: «Perché Cocontest schiavizza gli architetti»]
La replica di Cocontest: «Innoveremo senza permesso»
«Noi non schiavizziamo nessuno. Noi democratizziamo il mercato dell’architettura. Noi non siamo illegali. Siamo disruptive e questo ovviamente non piace». Alessandro Rossi, 27 anni, cofounder di Cocontest, parla da San Francisco, dove con la sua startup partecipa al programma di accelerazione di 500 Startups. E’ incredulo di quanto stia succedendo in Italia. «E’ assurdo, però capiamo che a una minoranza molto potente di architetti possiamo dare fastidio». Replica alle accuse dei parlamentari, e attacca. «In Italia abbiamo una domanda di architetti per le ristrutturazioni che fa numeri ridicoli. Gli architetti non lavorano. I giovani sono poco pagati e sfruttati come tirocinanti fino a 35 anni. Viviamo una condizione drammatica e questo non l’abbiamo certo creato noi ma chi in questo momento è una elite di architetti. Anzi, l’elite delle elite, quella che addirittura oggi può fare lobbying in Parlamento».
Noi non schiavizziamo nessuno. Noi democratizziamo il mercato dell’architettura
Cocontest rigetta ogni accusa. Di illegalità («Non forniamo progetti esecutivi. Ma idee di design. Il rapporto architetto cliente non lo curiamo noi ma sta al lavoro privato di ognuno») di essere stati denigratori nei confronti degli architetti («con un po’ di ironia l’avrebbero capita anche loro quella pubblicità»). Cocontest rischia di diventare quello che per Uber è diventato per i tassisti. «Ma il paragone non è del tutto calzante», precisa Rossi. «I tassisti difendono una categoria che è abbastanza orizzontale per guadagni al loro interno. Gli architetti in Parlamento e la lobby che difendono sono la minoranza ricca degli architetti italiani. Quelli che ci guadagnano tanto e a cui sta bene che le cose non cambino. Quelli a cui fa comodo tenersi un tirocinante non pagato o pagato a rimborso spese per anni».
[L’intervista ad Alessandro Rossi di Cocontest: «Abbiamo democratizzato il mercato degli architetti, altri che schiavi»]
In italia il 35% degli architetti è disoccupato. Molti non hanno un reddito superiore a 17 mila euro lordi l’anno. Circa il 60% dei neolaureati in Architettura lavora gratis. Alcuni con un rimborso spese che non supera quasi mai i 500 euro. La torta a disposizione degli architetti italiani è piccolissima. Solo il 20% dei lavori di ristrutturazioni e arredo vengono affidato ai professionisti. I costi sono altissimi per chi decide di affidarsi ad un architetto. Cocontest fa leva proprio su questa sproporzione di domanda e offerta. I costi si abbassano, vero. Ma i lavori che vengono assegnati su quella piattaforma difficilmente sarebbero stati assegnati altrimenti. In attesa della risposta del ministro Guidi, rimangono questi i dati di un mercato risicato. E oggi un po’ più difficile da ripensare.