Intervista al fondatore di Iubenda la startup italiana leader nella privacy policy, come cambia la normativa e perché l’Italia ha lavorato bene sulla norma
“I cookies? Erano diventati una droga, rispetto al loro utilizzo c’era ormai una dipendenza. Ora, per passare al non poterli più utilizzare senza il consenso degli utenti, bisognerà tenere conto di una transizione non banale La normativa è stata definita dall’Europa tramite una direttiva che l’autorità italiana ha dovuto trasformare in provvedimento, così – nei limiti di quanto richiede la direttiva stessa – l’applicazione italiana cerca quantomeno di trovare delle semplificazioni”. A dirlo è Andrea Giannangelo, fondatore e Ceo di Iubenda, la startup tutta italiana checon i propri servizi cerca di semplificare l’applicazione della cookie law, la legge entrata in vigore il 2 giugno che permetterà agli utenti di sapere che tipo di cookies utilizza il sito che stanno vistando e poi di scegliere se accettarlo o meno e che minaccia multe da 6 a 120 mila euro ai gestori di siti che la violano (qui per approfondire). La sua società può infatti considerarsi a tutti gli effetti uno dei leader del settore delle privacy policy a livello internazionale e su questa norma Giannangelo e il suo team ci hanno lavorato dall’inizio, fino a diventare il partner tecnico della guida che gli operatori del settore hanno scritto a braccetto con il Garante della Privacy.
Qual era la situazione prima dell’entrata in vigore della norma?
Il cookie è uno strumento di tracciamento univoco potentissimo che fino a ieri non aveva una legislazione che lo coprisse, anche se in teoria sarebbe stato soggetto alla tutela delle persone in generale, che nessuno però ha mai applicato in questo senso. Ora ci troviamo con dei soggetti, tutti quanti statunitensi, che grazie ai cookies riescono a tracciare il nostro percorso di navigazione in maniera univoca e incrociata su più siti. Google ad esempio riesce a sapere esattamente qual è la mia storia di navigazione su tutti i siti. Effettivamente nella normativa esisteva un buco, l’utente non sapeva nulla e i siti potevano fare uso di questi strumenti principalmente a beneficio loro e di terze parti. Proprio partendo da questa lacuna, il legislatore europeo ha sentito la necessità di fare qualcosa.
Nell’applicazione italiana della norma europea si poteva fare di più?
In Italia è stato fatto un lavoro molto serio e virtuoso rispetto a quello che è successo negli altri Paesi. Secondo il garante della Privacy i principi dell’Europa (che poi sono quelli della direttiva ePrivacy del 2009, ndr) sono molto chiari, cioè:
Se visito un sito, i cookies non devono essere installati prima che io abbia dato il mio consenso.
Poi, rispetto a questa posizione rigida e al di là del fatto che il testo non sia limpidissimo nel momento in cui cerca di scaricare la responsabilità sulle terze parti, le associazioni invitate dal Garante si sono subito messe a un tavolo per cercare di capire come applicare la legge e di concordare insieme all’Autorità una serie di ammorbidimenti o di interpretazioni che alleviassero l’impatto delle normativa.
Qual è stata la posizione del Garante?
A noi è sembrato che il tono del Garante fosse quello di semplificare il più possibile la vita di chi ha un sito web. Ha voluto subito che ci fosse un tavolo con le associazioni, a cui abbiamo cominciato a lavorare da luglio visto che Iab ha voluto che fossimo noi il partner tecnico. Posso confermare poi che all’Autorità garante hanno ben presente il tema dei piccoli siti e dei problemi che possono trovarsi ad affrontare, anche per questo i blog in teoria non dovrebbero fare niente, o quasi niente, per adeguarsi a questa legge e a livello regolatorio si sta facendo di tutto in questo senso. Un esempio può essere l’esenzione prevista per le statistiche anonimizzate di terzi, si tratta di una semplificazione enorme e prettamente italiana. Se si fa, infatti, un confronto con quella che è stata l’applicazione della norma europea nei Paesi Bassi – che al di là del Regno Unito sono fra le sedi più prolifiche dal punto di vista delle startup online – si nota che lì, soggetti come Booking.com o come tutto il gruppo Youporn debbano ora sottostare a una legislazione sui cookies molto più restrittiva, che applica quello che dice l’Europa senza un minimo di semplificazione estendendo il blocco preventivo a tutti gli strumenti terzi.
Come questa nuova legge ha influito sulla vostra attività?
Nelle ultime settimane abbiamo risposto a tantissime richieste di informazioni, riceviamo migliaia di mail da gente che ci chiede cosa deve fare per mettersi in regola. La settimana scorsa abbiamo fatto alcuni webinar con seicento partecipanti totali, si stanno muovendo numeri importanti anche per la bulimia di informazioni che c’è su questo tema. Noi abbiamo il vantaggio di unire nel nostro servizio tutta la filiera, dalla parte giuridica a quella tecnica. Da pochissimo sono usciti sul mercato altri strumenti, messi insieme negli ultimi giorni da soggetti di vario tipo, da sviluppatori singoli, agenzie o aziende nate proprio per dare una soluzione commerciale al problema, ce ne sono alcune anche gratuite. Noi siamo un’azienda che si occupa ormai da qualche anno di queste cose, esportiamo questo tipo di servizio in tutto il mondo e il nostro primo mercato non è l’Italia, ma gli Stati Uniti.
Quanti nuovi clienti avete acquisito?
I nostri nuovi clienti sono nell’ordine delle migliaia, ma non so quanti siano direttamente attribuibili a questa legge. Abbiamo investito tantissimo, per esempio con un modulo che permette di automatizzare l’applicazione della legge e per farlo abbiamo preso i migliori al mondo: gli stessi che lavorano per Google. In questi giorni però stiamo vivendo sulla nostra pelle la differenza tra il mondo startup statunitense e quello europeo, ma soprattutto italiano. Negli Usa si utilizzano le soluzioni americane cascasse il mondo, mentre in Italia è tutto il contrario. Ne abbiamo sentite di tutti i colori sul nostro lavoro, gridano alla truffa e alla malafede politica. Questo è piacevole perché siamo convinti di aver fatto un buon lavoro, purtroppo la legge è questa e noi cerchiamo solo di fornire strumenti che ne semplifichino l’applicazione, non c’è niente sotto se non una bella azienda e un bel team.