Un ricercatore italiano e uno americano (entrambi passati dal Cern) hanno creato una piattaforma collaborativa per le ricerche scientifiche. In 3 anni la loro startup ha raccolto 650mila dollari di finanziamenti
Nel numero di giugno di Cell, una delle più importanti riviste scientifiche internazionali, è stato pubblicato un articolo sul virus Ebola. Era scritto da oltre 25 ricercatori che, probabilmente, non si sono mai incontrati. Ma hanno potuto scrivere e, soprattutto, fare ricerca insieme, comunicando su internet attraverso Authorea.
Authorea è una piattaforma per la condivisione e la scrittura di articoli scientifici aperti e interattivi. È una startup newyorkese nata nel 2012 e pensata qualche tempo prima da un astronomo e un fisico di fronte a un piatto di pizza. L’astronomo è Alberto Pepe, pugliese di Manduria (TA), con un curriculum che va dallo University College di Londra a Harvard, con una tappa intermedia alla University Of California e una al Cern di Ginevra. Il fisico, invece, è Nathan Jenkins, anche lui con un passato al Cern e un programma di post dottorato alla new York University lasciato poco prima di fondare Authorea. I due si sono incontrati a Ginevra, ma è stato anni dopo a New York che, chiacchierando di scienza e competitività tra ricercatori, è nata l’idea di creare un sito dove la ricerca potesse finalmente diventare “open”.
Come non far “morire” i dati
«Quando si pubblica un paper scientifico», ha raccontato Jenkins a Fastcolabs.com «ci sono delle sorgenti dati» che stanno alla base di ciò che viene pubblicato, «ma che nessuno condivide, perché le persone condividono l’immagine, non i dati in sé». Si tratta di un vantaggio competitivo: «Dopo tutto il lavoro fatto per arrivare a quei dati non hai intenzione di darli a qualcun altro perché ci scriva un articolo». Eppure, «è proprio così che quei dati muoiono», vengono lasciati in un hard disk protetto e mai più utilizzati. Da qui nasce l’idea di Authorea.
Innanzitutto, la piattaforma dà la possibilità di scrivere e condividere un paper scientifico con la facilità con cui si scrivono e condividono i post di un blog. Nel paper si può includere ogni tipo di dato. Questo succede grazie alla possibilità di integrare Authorea con altri software e service in modo tale da poter allegare codici, numeri, equazioni e altri dati che permettono di lavorare alla ricerca direttamente sulla piattaforma. Gli articoli, poi, sono consultabili da tutti gli iscritti in qualsiasi momento, dalla creazione alla pubblicazione e possono essere modificati anche successivamente. In questo modo ogni ricercatore ha accesso a un bagaglio enorme di dati e ricerche e può contribuire a migliorare ogni articolo attraverso commenti, altri dati, aggiunte, materiali di cui è in possesso e che mette a disposizione di altri ricercatori interessati allo stesso tema.
Gli open papers secondo Authorea
È così che è nato il paper sul virus Ebola uscito a giugno sulla rivista Cell. «Il primo autore si è rivolto a Authorea per dell’aiuto tecnico sulla scrittura dell’articolo», ha spiegato Alberto Pepe al sito Xconomy.com «poco dopo circa 25 autori stavano lavorando al paper». La pubblicazione su Cell ha creato un certo interesse per la ricerca e al link che porta alla versione grezza del testo su Authorea si possono trovare le modifiche e le revisioni, in modo che tutti possano vedere come procede la collaborazione. «Si possono scaricare le sorgenti dati e vedere cosa c’è dietro alla versione finale del paper» e, volendo, riprodurre la stessa analisi mentre si legge l’articolo. Pepe e Jenkins avevano pensato Authorea come una piattaforma per astronomi e fisici, ma altri ricercatori hanno subito cominciato a usare il sito, allargando i campi di studio a discipline come la biologia computazionale, medicina, genomica. Uno degli ultimi progetti importanti realizzato tramite Authorea riguarda una ricerca di paleoclimatologia, per esempio.
«Ci stiamo allontanando dal modo in cui si scriveva e si pubblicava di scienza nel passato», dice Pepe: l’orizzonte ora è quello dell’open science e della ricerca collaborativa. Non è un caso che la prima frase che si legge quando si visita Authorea sia: «Scriviamo la ricerca insieme».
650K in 3 anni per la startup dell’open science
Authorea sta attirando l’interesse dei ricercatori, ma anche di chi investe. Finora la startup ha raccolto 650mila dollari di finanziamenti da investitori che includono, tra gli altri, New York Angels, ff Venture Capital e Digital Science, società con sede a Londra che sviluppa software per le pubblicazioni accademiche. Qualche settimana fa a Xconomics Alberto Pepe ha rivelato che «Authorea, dovrebbe chiudere un round di finanziamenti Series A nei prossimi mesi», dopodiché progetta di allargare il team – composto al momento da sei persone – ad altri sette dipendenti, in particolare persone con competenze di ingegneria e user experience.
Il futuro di Authorea, nei progetti di Pepe e Jenkins, sarà quello di allargarsi anche a chi non fa ricerca scientifica – come gli studenti universitari. Anche le istituzioni, le società farmaceutiche, aziende di consulenza hanno cominciato a interessarsi alla startup, perché tutte, in fondo, «hanno a che fare con documenti di ricerca e hanno bisogno di un modo per rintracciare le modifiche che vengono fatte a quei documenti».
Cinzia Franceschini
Twitter: @fraiznic