Intervista a Elio Narciso, startupper seriale ora a Boston dove è alla sua terza startup. Measurence. «Il retail impari dall’online, ma il 92% del Pil è offline». Il digitale aiuta i settori tradizionali, non li sostituisce
Taranto, Milano, la Spagna. Poi Boston, la folgorazione digitale e New York. Una exit milionaria alle spalle (quella di Zero9). Adesso Elio Narciso ha messo lo zampino (e anche qualcosa di più) in tre startup: è co-founder e ceo di Measurence,investitore e advisor di Lovli.it, co-fonduer di Predix.it,.
- Lovli è forse il progetto più noto. È un sito di e-commerce (che i fondatori preferiscono definire “talent store”) sul quale acquistare prodotti di design a prezzi scontati. Lanciato nel 2012, nel 2014 ha ottenuto 520 mila euro di finanziamenti da un gruppo di investitori che include Italian Angels for Growth.
- Predix, guidata da Luca Ruju, punta ad analizzare il traffico anonimo di un sito per riuscire a personalizzare l’offerta. La startup ha già conquistato l’attenzione di due grandi gruppi: è stata incubata da Rcs Nest e, a luglio, è entrata nel programma TIM #Wcap.
- L’ultima nata è Measurence. Narciso la definisce come una sorta di Google Analytics dei negozi fisici. Mountain View “misura le visite di un sito, analizza come gli utenti navigano da una pagina all’altra, come convertono da anonimi a registrati. Ecco, noi facciamo lo stesso per gli store”.
Fondata a New York, incubata da Cisco in Silicon Valley, Measurence ha ottenuto 100 mila euro da Impact e l’attenzione di marchi come Square, Burberry e Mondadori. Attraverso la sua piattaforma IoT, traccia quante persone passano davanti al negozio, quante si fermano a guardare la vetrina, quante entrano, dove vanno, quali prodotti guardano e quali comprano. Per i commercianti il vantaggio è chiaro. Ma per i clienti? «Possiamo immaginare code più snelle – dice Narciso – una migliore configurazione del negozio per trovare subito ciò che ci interessa. In un futuro vicinissimo (ci stiamo lavorando) potremo interagire con i commessi anche attraverso il cellulare per richiedere informazioni o ricevere promozioni più adatte a noi».
Measurence, Predix e Lovli: tre startup, tre modi diversi di affrontare il mercato retail.
Seppure diverse, ci sono elementi simili. Measurence e Lovli sono accomunate dalla voglia di portare nell’era digitale settori molto tradizionali come il retail fisico ed il mondo del design. Predix e Measurence aiutano le aziende (e-commerce nel caso di Predix, e negozi nel caso di Measurence) a migliorare la propria offerta attraverso l’uso dei dati. E poi sicuramente tutte le esperienze sono concatenate. Il ceo di Predix.it, Luca Ruju, il ceo di Lovli, Alberto Galimberti, ed io abbiamo lavorato tanto insieme dai tempi di Zero9, quindi ci conosciamo da almeno dieci anni.
Fino a poco tempo fa si guardava all’e-commerce in contrapposizione al punto vendita fisico. Il negozio è stato dato per morto troppo presto?
Lo andiamo ripetendo da un anno, da quando lo abbiamo scoperto anche noi: oggi oltre il 92% del Pil Usa, il paese più sviluppato su internet, è ancora offline. È una statistica incredibile, perché significa che c’è un’opportunità d’innovazione enorme. L’e-commerce cresce, ma in tanti settori dove l’interazione del prodotto è importante, il web può supportare il negozio fisico e viceversa. Qui a New York, tanti siti di e-commerce, come per esempio Warby Parker, stanno aprendo punti vendita. Sempre di più il negozio impara dal web. Abbiamo capito l’importanza della cultura dei dati. E Measurence vuole portare questa cultura nel negozio fisico.
L’IoT è un mercato in fase di maturazione. Come si vede l’Internet della cose da New York?
Adesso negli Stati Uniti le cose stanno succedendo davvero. L’innovazione verrà non tanto dall’home (per esempio il famoso frigorifero connesso, che poi chi lo paga?), ma dal business ed enterprise. In Italia siamo indietro. Non tanto dal punto di vista di idee e capacità, ma dal punto di vista di investimenti e infrastruttura. Però le aziende sono pronte a investire e hanno capito che devono prepararsi.
A proposito di Usa e Italia: Measurence è stata fondata a New York e incubata nella Silicon Valley. Ma ha scelto di tenere il team tecnico tutto a Milano. Perché?
Le ragioni principali sono tre. La prima, è che il mio socio Federico Feroldi, uno dei migliori technologist italiani e forse anche al mondo, è di base a Milano. La seconda è che in Italia troviamo tanto talento, specie in ambito backend. Uno dei nostri sviluppatori è stato appena invitato per un’intervista da Facebook. Gli hanno pagato volo e alloggio solo per parlargli (per inciso: continuerà a lavorare per noi, voleva solo andare a curiosare). Infine, non ce ne rendiamo conto, ma in Italia c’è tanta gente che di mobile ne sa davvero tanto. Negli anni 2000 l’Italia ha creato aziende di successo globale come Buongiorno, Dada, Zero9, e tante altre che lavoravano in un settore molto specifico generando centinaia di milioni di euro di fatturato, con dozzine di uffici in tutto il mondo ed expertise concreta in mobile media, advertising, payments, tracking, analytics. Il mondo mobile è cambiato tantissimo dopo l’introduzione dell’iPhone e quindi quelle aziende hanno meno potere di quanto ne avessero prima. Ma hanno lasciato come eredità un patrimonio umano di innovatori in ambito mobile molto vasto.
Measurence, Predix e Lovli fondono IoT, e-commerce, design e. Quanto sarà importante per l’Italia trovarsi al centro di questo intreccio?
Oltre il 30% del design nel mondo è Italiano, con una quota che raggiunge il 50% in alcuni settori come lighting o living. Ebbene, sai quante transazioni di tutto questo design italiano avvengono online? Meno dell’1%! Un po’ come il mondo della moda prima di Yoox. Allo stesso tempo, il mondo del retail fisico del design è sotto pressione perché il modello economico della campionatura, in un mondo dove la personalizzazione è sempre più importante, fa acqua da tutte le parti. Ma è un mondo che rimane importante, perché spesso i clienti vogliono toccare un divano o un letto prima di comprarlo. Ci sono sinergie ancora inesplorate in quello che chiamiamo “omnichannel”, cioè la capacita di parlare al cliente offline e online in maniera fluida. Questo è possibile solo se internet è presente in entrambi i canali.
Predix collabora già con Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera. Oltre agli editori, avete ricevuto l’interesse del mondo pubblicitario?
Predix.it sta lavorando tanto con grandi siti in Italia. Ma l’obiettivo è quello di costruire una piattaforma così facile da usare che anche il più piccolo dei siti può vedere migliorare le conversioni all’acquisto grazie alla capacità di analisi e predizione del comportamento degli utenti. In questo contesto, sì, stiamo lavorando con diversi Centri Media, (penso a Maxus Global di Groupm, per esempio) per distribuire al massimo la nostra piattaforma.
Quali sono invece i programmi con Telecom?
La relazione con Telecom è strettissima. Pochi giorni fa Luca Ruju e il suo team hanno concluso la prima fase del programma di accelerazione TIM #Wcap. In aggiunta al lavoro con TIM Ventures lato investitori, stiamo esplorando sinergie con le diverse business unit del gruppo come potenziali utilizzatori della piattaforma SaaS: penso per esempio alla possibilità di inserire Predix.it dentro la piattaforma B2B Nuvola Store di Telecom. Abbiamo inoltre identificato anche sinergie commerciali con Telecom Italia Digital Solutions.
Fondare e far crescere una startup nel giro di 2-3 anni è già abbastanza complicato. Cosa spinge a essere uno startupper seriale?
Ho due figli di 7 e 8 anni e ora cominciano a fare domande del tipo: “che lavoro fai”? Spiegargli cosa faccio è difficilissimo. A parte gli scherzi, in realtà, dal punto di vista operativo sono focalizzato su Measurence, mentre Predix e Lovli hanno i loro team operativi ed io sono coinvolto come advisor e/o corporate development. Detto questo, dopo l’exit con Zero9, ho subito re-investito quanto guadagnato in cose che mi motivassero, con team di persone di cui mi fido, provando a lavorare in settori in cui credo. Non voglio fare paragoni arroganti, ma questa è una cosa abbastanza comune in Silicon Valley, dove per esempio tante delle startup attuali sono derivazione di chi ha lavorato in PayPal anni fa. Le mie sono tutte startup con massimo 2-3 anni di storia, quindi ancora all’inizio. Però, se lavoreremo focalizzati e con passione, con un pizzico di fortuna e l’aiuto degli investitori giusti (Measurence, Predix e Lovli stanno facendo fundraising in questo momento), sono molto fiducioso.
Paolo Fiore
@paolofiore