Ieri ho preso coscienza di essere la moglie di uno startupper. Non che non me ne fossi accorta negli ultimi quasi 4 anni ma ieri è successo qualcosa che me ne ha fatto rendere conto in maniera definitiva
Ieri ho preso coscienza di essere la moglie di uno startupper. Non che non me ne fossi accorta negli ultimi quasi 4 anni ma, proprio ieri, negandomi l’acquisto di una crema per il viso, di cui in effetti non avevo impellente necessità, mi sono accorta di quanto i nostri risparmi si siano ridotti al punto da dover decidere sull’acquisto di una crema con la stessa ponderatezza che 4 anni fa usavo per l’acquisto di un nuovo computer.
Siamo a un punto di svolta, ormai questa esperienza deve volgere al termine, in un modo o in un altro. È per questo che è giunto il momento di trarre alcune conclusioni da questa esperienza. Se attendessi l’esito finale potrei essere condizionata, nelle mie considerazioni, da ciò che accadrà all’azienda di mio marito.
In questo momento, all’apice dell’incertezza, non sono triste, non sono demoralizzata, non sono delusa. Sono piena di entusiasmo. Può sembrare un paradosso ma, riflettendo su come sono cambiate in meglio le nostre vite in questi ultimi 4 anni di difficoltà, non posso che essere ottimista sul futuro.
Se in mezzo a difficoltà economiche dovute all’investimento di tutte le nostre risorse per realizzare questo obiettivo, alla nascita e crescita di 3 figli (Vinicio, Frida eCrowdEmotion — sì, questa è la startup di Diego e, per chi ha vissuto questa esperienza, sa che un’azienda è proprio come un figlio), a stanchezza dovuta a notti insonni (e CrowdEmotion non è stata sicuramente da meno dei nostri due bambini), a momenti di euforia alternati a momenti di depressione, siamo riusciti a imparare più che nei quasi quarant’anni di vita precedente la startup, non possiamo che trarne un grande insegnamento.
Comunque vada, le nostre vite non saranno mai più le stesse.
Essere la moglie o la compagna di uno startupper non è di certo un ruolo meno importante di quello dello startupper e chi l’ha vissuto o lo sta vivendo lo sa bene.
Se chi sta accanto allo startupper non condivide e non sostiene, o la startup o la coppia non reggerà.
Uno dei due dovrà soccombere, perché l’impresa che si va ad affrontare non è facile. Il progetto iniziale può essere entusiasmante, ma durante il cammino succederà di tutto e non sempre sarà facile stare accanto a uno startupper. Se poi a questo si uniscono le difficoltà di una famiglia con bambini piccoli, lo sforzo sarà titanico.
Ed ecco la prima cosa che ho imparato
1. L’incoscienza
Solo una compagna incosciente (magari pure piccola imprenditrice, magari anche mamma da pochi mesi), accetterà con entusiasmo l’idea mirabolante, innovativa, fantascientifica (non sto esagerando, basta che diate un’occhiata al sito di CrowdEmotion per comprendere le implicazioni di un’idea del genere e di conseguenza le difficoltà ad affermarsi), del marito che, per essere realizzata, implicherà l’abbandono di un cliente sicuro e di un’agiatezza economica sempre più rara in un periodo di crisi come questo. Suppongo fosse l’ormone del puerperio, sennò non me lo spiego. Quindi, primo passo per affrontare l’argomento startup con vostra moglie, sarà quello di …ingravidarla!
Come potete vedere non ho perso l’umorismo e, mentre mi inoltravo sempre più nella selva oscura, realizzavo che aver imparato a essere incosciente non è essere incosciente. Prendere coscienza della propria incoscienza è capire finalmente che la ricerca della sicurezza e della stabilità spesso è un cappio che tarpa le ali alla nostra libertà, mentre lasciarsi guidare dalle nostre aspirazioni, cosa che viene bollata come incoscienza perché abbandono della presunta stabilità, è un passo verso di essa.
…e poi ho continuato a imparare
2. Il coraggio
All’inizio, quando ne parli con gli amici (i parenti non fanno testo, perché loro sono ancora fermi al punto 1. Stappano champagne per il primo nipote dandovi dei matti incoscienti per la startup — vai a far capire che la startup è un figlio per voi), se per caso sono minimamente interessati all’argomento (sì, perché spesso il tema della startup cade ancor prima che sia lanciato in aria), per non darti dell’incosciente, ti dicono che sei coraggioso, perché abbandoni la via “sicura”.
Ma il coraggio non è questo. Il vero coraggio lo impari solo cammin facendo.
Magari mettendo in cantiere -e non per sbaglio- un altro figlio, ed è quel coraggio che non ti abbandonerà mai più.
Poi cominci a resistere
3. La resistenza
Inizia così un lungo periodo in cui vi dite: “Dobbiamo tener duro, presto vedremo i risultati”. E iniziate a capire il senso relativo del tempo e della parola “presto”. Vi renderete conto che la vostra tenacia può attingere a risorse di pazienza che neanche credevate di avere. Proprio come quando diventi genitore e ti accorgi che il tuo serbatoio di forza è diventato inesauribile.
…scoprendo la vera determinazione
4. La risolutezza
Forte di questa nuova consapevolezza non hai più dubbi sull’obiettivo che vuoi raggiungere. Che piano piano si sposta. Non l’avresti mai detto prima.
Ti sembrava che l’obiettivo di far funzionare la startup fosse l’unico verso il quale dirigere tutte le tue forze.
Ora ti accorgi che la startup è diventata un mezzo per ripensare tutta la tua vita, le tue scelte, le tue vere aspirazioni.
e realizzando te stesso
5. La rinascita
Se hai trovato il coraggio di accompagnare attivamente il tuo compagno in questa impresa titanica, improvvisamente ti sembrerà molto più facile riconoscere quelle che erano le tue vere aspirazioni e che negli anni hai accantonato per seguire “la strada giusta”, socialmente accettata. A un certo punto comprendi che se volevi fare la pittrice dovevi farlo e adesso non è troppo tardi per riprendere in mano la tua vita e le tue aspirazioni. Anche in un momento in cui tutte le difficoltà si stanno radunando per non darti tregua. Ti accorgi che prima, quando potevi farlo perché eri più giovane, avevi più soldi, non avevi figli, non l’hai fatto perché ti avevano gettato addosso una tremenda paura del futuro. Ora che stai vivendo questo fantomatico futuro, ti rendi conto che puoi farlo! E lo fai. Naturalmente. Senza più paura.
Bisogna anche centellinare i soldi a disposizione
6. Il risparmio
A un certo punto, all’apice della resistenza e della risolutezza, ti accorgi anche di aver raggiunto un altro traguardo, che magari inizialmente non ti eri neanche posto perché la parola “presto” aveva ancora un senso assoluto. Col passare del tempo il budget inizia ad assottigliarsi e, nel frattempo, hai preso coscienza del fatto che non si può proprio stabilire una data precisa per il raggiungimento dell’obiettivo, per cui diventi sempre più vigile sui movimenti del portafoglio ed escogiti ogni espediente per poter vivere dignitosamente con sempre meno soldi. E ti accorgi di quanto hai sempre sprecato! Ti accorgi che vivi benissimo, e forse meglio, spendendo molto meno. Ti rendi conto che puoi guadagnare risparmiando mentre ti godi i figli e realizzi le tue passioni. Com’è possibile? Perché non hai più paura. Non ho detto che sia facile, non ho detto che non ci si senta come un’autostrada nel momento di punta 7 giorni su 7, ma sicuramente ci si sente vivi nel senso più completo e soddisfacente del termine.
…scoprendo che si vive anche meglio
7. Il benessere
Quando inizi a trovare soluzioni per non sprecare scopri, per esempio, che la via dell’autoproduzione può dare ottimi risultati, non solo in termini di risparmio ma anche di benessere! Si mangia più sano, si usano prodotti per la casa ecologici, si rivalutano l’arte del riuso e del riciclo. La qualità della vita, che in questo momento è sottoposta a un tale stress da far pensare a un crollo emotivo con conseguente ripiego verso i cibi spazzatura, è invece migliorata tanto da farmi pensare di aprire questo blog proprio con l’intento di spiegare il nostro percorso verso una vita sana e soddisfacente. A quel tempo non mi ero neanche resa conto che anche la startup aveva influenzato quel cambiamento di stile di vita.
La tua vita non sarà più la stessa
8. La decrescita felice
Con questo nuovo stile di vita ti accorgi, a un certo punto, che stai (de)crescendo. Mai avresti pensato che la tua crescita avrebbe avuto come risultato l’apprendimento e l’applicazione del concetto di decrescita. E felice, per giunta! Qualche anno fa mio marito mi parlò di decrescita felice. Il mio cervello non era assolutamente riuscito a mettere insieme questi due concetti che mi sembravano del tutto contrapposti. Poi, un giorno, metto insieme tutto quello che sto facendo e mi accorgo che sto decrescendo. Felicemente. E riconosco, ancora una volta, che ne è valsa la pena, come sempre, sostenere il mio visionario marito nella sua impresa.
…e avrai qualcosa di vero da insegnare ai tuoi figli
9. Essere madre
Fare la mamma è, a suo modo, una startup. Un’impresa, nuovissima, che ti mette a dura prova. Se poi fai la mamma e sei la moglie di uno startupper, vivi costantemente la novità del quotidiano. Non hai più neanche un punto di riferimento fisso. Ogni giorno tutto è in evoluzione. Ogni momento è da cogliere al volo perché un attimo dopo il programma potrebbe cambiare. Non sei più spettatrice della tua vita, diventi protagonista assaporandone ogni attimo e vuoi che i tuoi figli inizino la loro vita proprio così. Non con le parole, ma con il tuo esempio, trasmetti loro ogni giorno l’essenza di essere se stessi.
E alla fine sei libero
10. La libertà
Arrivata a questo punto non t’importa più se la startup andrà avanti o meno.La parola fallimento non ha più alcun significato. Capisci che quello che ti hanno sempre insegnato, che il fallimento è vergogna e sconfitta, è soltanto una pressione per impedirti di provare, per irreggimentarti con la paura e la ricerca di illusorie stabilità e sicurezza.
Il fallimento non è altro che un gradino superato, un’occasione di apprendimento, un punto di partenza.
La strada per la libertà è costellata di difficoltà.
Ci sono tanti modi per raggiungerla. Noi abbiamo inconsapevolmente scelto quella della startup e abbiamo imparato talmente tante cose che non saremo mai più come prima.
Come moglie di uno startupper non sono stata una spettatrice passiva e ho condiviso, a modo mio, come madre, moglie, piccola imprenditrice, questa avventura, cercando di mettere a frutto tutte le situazioni, anche le più sgradevoli. Questo non ci ha evitato discussioni, stress, stanchezza. Ma non abbiamo mai chiuso la giornata senza esserci riappacificati dicendoci che la nostra forza andava ben al di là degli sterili battibecchi.
Un gradino lo stiamo superando. Vada come vada, una lezione l’abbiamo imparata.
Presto vi farò anche sapere com’è andata a finire con CrowdEmotion.
Nadia Camadona
Reblog da Medium