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Intervista al co-founder Federico Papa per capire come un finanziamento agevolato può cambiare la vita di una startup, rendendola più performante, stabile e pronta per il mercato
Ludwig è una startup siciliana, nata nel 2014, che ha sviluppato un motore di ricerca linguistico specializzato in confronto di frasi. Un sistema di supporto alla scrittura basato sull’imitazione di testi provenienti da fonti affidabili (giornali, pubblicazioni scientifiche, etc.) che permette all’utente di capire se le frasi che sta scrivendo sono corrette e hanno senso. Ludwig opera nel campo della linguistica computazionale, natural language processing e funziona combinando statistica e semantica. Ad un certo punto, serviva una svolta, una forma di finanziamento consistente e di rapida erogazione, per consentire a Ludwig di crescere e diventare un’azienda solida, vera e propria. Ed ecco che è arrivata l’opportunità di Smart&Start e tutto è cambiato. Ne abbiamo parlato con Federico Papa, Co-founder insieme a Roberta Pellegrini, e COO di Ludwig.
Federico, quali sono stati i risultati e gli obiettivi che il finanziamento vi ha consentito di raggiungere e che, in quella fase, sarebbe stato difficile conseguire? Si può dire che Smart&Start ha rappresentato una svolta?
“Sicuramente ha rappresentato una svolta, sia da un punto di vista finanziario che di progettualità. Abbiamo presentato la domanda di finanziamento a febbraio 2017, qualche mese dopo il rilascio al pubblico della prima versione di Ludwig. Avevamo deciso di dare offrire al web il servizio che avevamo realizzato per comprendere se poteva realmente rispondere ai bisogni del mercato e conquistare una prima nicchia di utenti attorno a cui costruire valore. I ricavi di quel periodo erano a stento sufficienti a pagarci una pizza, ma avevamo già le idee chiare sul revenue model da applicare per iniziare a monetizzare non appena avremmo raggiunto un certo volume di traffico”.
Come vi siete finanziati fino a quel momento?
“A quel tempo finanziavamo le nostre operazioni con capitali propri forti dell’idea che ogni imprenditore deve essere il primo a credere nella sua impresa e accettarne ogni rischio. A causa della scarsità di mezzi a disposizione, la priorità era mantenere un burn rate basso e trovare soluzioni efficaci e a basso costo per portare avanti il progetto. Questo approccio però, se da un lato consentiva di sopravvivere, dall’altro ci imponeva di navigare a vista senza possibilità di progettare e quindi di comprendere appieno i nostri fabbisogni e obiettivi strategici.
Poi è arrivato Smart&Start…
“Essere ammessi a Smart&Start ci ha offerto finalmente questa possibilità imponendoci di ragionare con maggiore attenzione su cosa realmente ci serviva per crescere e proiettando i nostri bisogni lungo un orizzonte di 2 anni e non più di 2 mesi. Questo passaggio è stato fondamentale nel nostro processo di crescita come imprenditori perché ci ha responsabilizzato moltissimo e fatto sentire sotto osservazione. Il fatto di dovere rendicontare le nostre attività ed i risultati raggiunti ad un soggetto terzo ci ha imposto un maggiore rigore e stimolato ad essere più produttivi. Grazie al finanziamento abbiamo avuto le risorse per fare le prime tre assunzioni, tutte e tre con contratti full time e a tempo indeterminato (cosa che sarebbe stata insostenibile con mezzi propri). Abbiamo iniziato a collaborare con consulenti esterni che ci hanno supportato nello sviluppo di componenti e servizi strategici. Inoltre, abbiamo acquisito i servizi di cui avevamo bisogno per rendere Ludwig più performante, stabile e sicuro”.
Federico Papa, co-founder Ludwig
Come avete trovato il finanziamento?
“All’epoca, occupavamo una postazione al TIM WCAP di Catania dove venivano organizzati incontri di tutti i tipi e, ovviamente, anche sulla questione bandi/finanziamenti agevolati. Inoltre, lavorando in mezzo a tante altre aziende che avevano le nostre stesse esigenze, abbiamo capito che la parola bando era tra quelle più ricorrenti. Così è stato anche per Smart&Start. Devo confessare che noi abbiamo avuto un approccio parecchio conservativo e che prima di deciderci a presentare la domanda abbiamo voluto studiare a fondo ogni singolo aspetto del bando e informarci con quanta più gente possibile. Abbiamo preso parte a diversi seminari informativi organizzati da Invitalia e, soprattutto, contattato altre aziende che erano state ammesse al finanziamento”.
Quando avete capito che era l’opportunità giusta?
Abbiamo capito che era quello che ci serviva quando, dopo avere iniziato ad avere le prime validazioni sul prodotto da parte degli utenti, ci siamo resi conto che serviva dare un cambio di passo che non sarebbe stato possibile facendo affidamento solamente sulle nostre risorse. Abbiamo deciso di puntare su Smart&Start perché offriva condizioni finanziarie particolarmente favorevoli che ci permettevano di ottenere i capitali che ci servivano esponendoci ad un rischio contenuto. Inoltre, un ulteriore aspetto molto importante che ci ha fatto propendere per Smart&Start tra le diverse forme di finanziamento a disposizione, era la possibilità di finanziarci senza dovere cedere equity, mantenendo così inalterata la compagine sociale e il pieno controllo sulla governance”.
Quali sono state le principali difficoltà che avete incontrato lungo tutto il processo, dall’individuazione al bando più adatto a voi, alla valutazione costi/benefici della partecipazione, alla predisposizione della domanda?
“Considerato che prima di presentare la domanda avevamo studiato a fondo il bando, non abbiamo riscontrato particolari difficoltà in fase di scrittura del progetto. Le richieste dei moduli di domanda erano abbastanza chiare e anche la documentazione da produrre. Siamo stati sopresi dalla celerità con cui si sono svolte le procedure di selezione e per l’atteggiamento collaborativo di tutto il personale Invitalia con cui siamo entrati in contatto. Una volta ammessi al finanziamento ci è stato affidato un referente con cui abbiamo avuto un dialogo agevole e costruttivo e che ci ha sempre fornito le risposte e le informazioni che ci servivano”.
Quindi nessuna difficoltà particolare?
“Le difficoltà maggiori hanno riguardato la fase di gestione del progetto. Mi riferisco nello specifico alla mole di documentazione da produrre per potere presentare la richiesta di rimborso al raggiungimento di ogni SAL. Documentazione a mio giudizio eccessiva considerato che, ad ogni SAL, toccava ripresentare tutta una serie di documenti già in possesso di Invitalia, appesantendo in maniera eccessiva ed inutile le attività di rendicontazione. Un altro elemento che andrebbe migliorato sotto il profilo gestionale, è quello di potere disporre di documentazione tradotta in altre lingue o, perlomeno, solo in inglese. Infatti, essendo Ludwig una startup a vocazione globale, abbiamo da sempre intrattenuto rapporti con consulenti e fornitori esteri. Per potere rendicontare le spese legate a questi servizi ci siamo trovati nella imbarazzante situazione di chiedere a dei fornitori di compilare documenti in lingua italiana che noi dovevamo accompagnare con approfondite spiegazioni sul come andava compilato e sulle finalità del documento. Ovviamente, ciò comportava un notevole appesantimento delle procedure e notevoli ritardi nel compimento delle attività di rendicontazione considerato che molti fornitori prima di restituirci il documento firmato dovevano attivare delle loro procedure di verifica interna. Per risolvere queste problematiche servirebbe anche che Invitalia fornisse ad ogni azienda un documento attestante la partecipazione al programma e il proprio coinvolgimento in qualità di soggetto istituzionale. Basterebbe questo per snellire e velocizzare le procedure volte a rassicurare gli stakeholder esteri. Un documento del genere sarebbe inoltre utilissimo per colmare il gap di reputazione e affidabilità nel caso di partecipazione a bandi e eventi di carattere internazionale”.
Alla luce della vostra esperienza, quando e a che condizioni la finanza agevolata può essere una opzione da vagliare per una startup?
“Penso che il momento migliore per ottenere un finanziamento, pubblico o privato, sia in generale quando l’azienda ha già un minimum viable product sul mercato. Per arrivare a quello significa che l’azienda ha già impostato una architettura di prodotto e una strategia di business. Insomma una direzione, per quanto abbozzata e precaria. Considerata la velocità con cui cambiano i piani e gli obiettivi nelle fasi iniziali di un progetto, il team deve essere libero di testare senza essere vincolato da condizionamenti esterni. Ottenere capitali troppo prematuramente è quindi a mio avviso rischioso perché potrebbe imporre una direzione troppo rigida imitando la propensione e l’attitudine al cambiamento che sono l’essenza di una startup. Pertanto, potendoselo permettere economicamente, fino ad un MVP sul mercato ritengo sia più sano investire capitali propri. Tra l’altro, da un punto di vista strategico è sempre meglio presentarsi ad un finanziatore con un prodotto e delle metriche, anziché con un progetto buono solo sulla carta”.
Un finanziamento pubblico in che modo si relaziona ad altri possibili modalità per finanziare il percorso di crescita?
“Per quanto invece riguarda la compatibilità tra le diverse forme di investimento, la nostra esperienza è abbastanza peculiare. Smart&Start offre la possibilità di ottenere capitali senza dovere cedere equity. Da un punto di vista tecnico è un debito a carico della società e che, come tutti i debiti, dovrà essere ripagato nel tempo. Sicuramente questo non è il massimo agli occhi di un investitore privato intenzionato a investire capitali propri. Nelle rare occasioni in cui abbiamo intrattenuto dei colloqui con dei fondi interessati a investire sul nostro progetto, si trattava di fondi esteri che non vedevano assolutamente di buon occhio la presenza di un debito nei confronti di una società a controllo statale italiana. Anzi, spesso ci è stato proprio detto che una delle condizioni dell’investimento era quella di chiudere la società in Italia e di aprirne una all’estero. Credo che un finanziamento da parte di un investitore privato non debba e non possa essere valutato avendo riguardo solamente all’aspetto economico. Idealmente, un investitore oltre al denaro dovrebbe portare conoscenza del settore, contatti e competenze. Mettere dentro l’azienda un soggetto che non è in grado di contribuire allo sviluppo della strategia di crescita aziendale potrebbe trasformarsi in un fattore di rischio per la sostenibilità del progetto nel medio-lungo periodo. Inoltre, occorre considerare che fare coesistere diverse forme di investimento potrebbe portare ad un disallineamento sulle scelte strategiche e obiettivi aziendali. Fatte queste considerazioni, la nostra filosofia è quella di posticipare quanto più possibile la raccolta dei capitali con un finanziatore privato e di valutarla come opzione solamente nel caso in cui non fossimo più in condizione di finanziare autonomamente il nostro piano di sviluppo. La nostra strategia ci ha portato ad essere pienamente sostenibili già dal 2020 e fino ad oggi non avvertiamo la necessità di ottenere capitali esterni”.
Se dovessi dare dei suggerimenti a chi sta valutando la partecipazione al bando, cosa consiglieresti?
“Rispondere a questa domanda non è semplice perché molto dipende dal livello di maturità dell’azienda che presenta la domanda. Volendo trovare una risposta che vada bene per tutti, vorrei focalizzarmi su quattro punti principali: concentrarsi sulla descrizione del team di progetto. Mostrare di avere un team con le giuste competenze sia tecniche che di sviluppo del business è un aspetto fondamentale. La domanda non scritta a cui idealmente bisogna rispondere è se posso fidarmi di voi? Occorre quindi dedicare molta attenzione alla descrizione di ogni membro del team, delle sue competenze e al ruolo che andrà a ricoprire nel progetto. L’obiettivo è quello di convincere sull’affidabilità del team a portare a compimento le attività. Offrire una prospettiva temporale che vada oltre la durata del programma di co-finanziamento (24 mesi). Occorre simulare quello che si ritiene possa essere lo sviluppo dell’azienda lungo un orizzonte quinquennale dimostra che il team è in grado di fare delle valutazioni sulla propria crescita e sull’evoluzione del proprio mercato di riferimento. Sotto questo profilo trovo molto utile allegare alla domanda di partecipazione dei grafici GANTT che aiutino a visualizzare in maniera chiara le diverse attività da portare a termine, la durata stimata e le risorse uomo allocate per ognuna di esse. Associare delle KPI ad ogni attività che si intende finanziare. Dimostrare di sapere formulare degli indicatori di performance e dei criteri di misurazione delle azioni e obiettivi strategici è fondamentale per incrementare la credibilità del progetto e del team. Stabilire all’interno dell’azienda un referente che abbia il compito di occuparsi della rendicontazione delle attività e di interfacciarsi con Invitalia costruendo un canale di comunicazione efficace e diretto”.
Bandzai
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