Nelle scorse ore Donald Trump, il presidente eletto degli Stati Uniti, ha parlato delle possibili mosse in politica estera, non escludendo di occupare militarmente la Groenlandia. Stessa sorte potrebbe incombere anche al Canale di Panama, da cui transitano il 40% dei traffico dei container statunitensi e il 5% del traffico marittimo globale.
La storia del Canale di Panama
Dopo l’inaugurazione del Canale di Suez nel 1869, un’opera ingegneristica fondamentale per i commerci globali, nel 1876 è stata fondata una società francese per lo studio di un progetto per il Canale di Panama, intrapreso da Luciano N. Bonaparte Wyse e da Armando Reclus.
I lavori hanno seguito un percorso non facile: iniziati nel 1881 da una società francese, si sono interroti a causa del fallimento dell’azienda nel 1889; nel 1894 una seconda impresa ha raccolto il testimone, ma anche il quel caso ha dovuto confrontarsi con difficoltà economiche; a quel punto gli USA si sono così fatti avanti per riscattare il cantiere, ma la Colombia – che controllava il territorio di Panama – non ha accettato le proposte americane; Washington a quel punto ha minacciato di costruire un canale in Nicaragua.
Nel 1901 gli USA hanno ottenuto i diritti sul progetto di costruzione e, dovendo affrontare l’opposizione della Colombia, nel 1903 hanno scelto di appoggiare una rivolta indipendentista assicurandosi così il controllo dell’infrastruttura una volta nato il nuovo Stato. Il Canale è stato inaugurato il 15 agosto 1914. Nel 1978 il presidente USA Jimmy Carter ha firmato un trattato per avviare la restituzione a Panama, avvenuta nel 1999. Nel 2016 è stato completato l’ampliamento dell’infrastruttura marittima.