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Una donna su tre in Italia ha subito violenza dal partner durante la propria vita. Tuttavia, la violenza fisica non è l’unica forma di abuso da tenere in considerazione. È ben il 30,5% delle donne italiane ad aver dichiarato di aver vissuto esperienze di violenza psicologica, che si manifesta spesso attraverso minacce, manipolazioni e controllo coercitivo. La violenza psicologica, infatti, sta colpendo un numero crescente di donne e, purtroppo, ha lo stesso impatto devastante della violenza fisica.

Tra i dati riportati dall’ISTAT, particolarmente preoccupante è la diffusione di questa violenza tra le fasce più giovani e quelle con un livello di istruzione medio-alto. Un fenomeno, quindi, che si inserisce nel contesto dei problemi di genere che affliggono l’intera Europa. Il 35% delle donne tra i 16 e i 24 anni ha subito abusi psicologici ma non sono solo le giovani a essere colpite: anche le donne maggiormente istruite con un titolo di studio medio-alto sono vulnerabili, con il 29,9% delle diplomate e il 27,1% delle laureate.

Sono questi i dati che ci invitano a guardare oltre i lividi fisici e a comprendere la gravità di una violenza che troppo spesso viene sottovalutata.

Violenza psicologica e vulnerabilità

I dati mostrano che le donne del Sud Italia e delle Isole sono maggiormente esposte a violenza psicologica rispetto al resto del Paese ed emerge anche una correlazione tra la salute delle donne e atti di violenza psicologica. Sono, infatti, il 35,3% le donne in cattiva salute e il 31,4% quelle con limitazioni gravi nelle attività quotidiane ad essere vittime di abusi psicologici. 

Questo evidenzia come donne già vulnerabili a causa di difficoltà fisiche o di salute siano ulteriormente esposte alla violenza, una realtà che riflette una condizione di doppia fragilità, in cui la sofferenza fisica si intreccia con quella psicologica, peggiorando la loro situazione di oppressione.

A livello europeo, l’Istituto Europeo per l’Uguaglianza di Genere (EIGE) segnala che la violenza psicologica è una realtà diffusa in tutti i Paesi membri, con conseguenze devastanti sul benessere delle donne. Troppo spesso rimangono in silenzio. Troppo spesso temono di non essere credute o non riconoscono il tipo di abuso subito. 

Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è l’occasione per dare visibilità a questa forma meno visibile, ma altrettanto pervasiva, di violenza di genere.  Riconoscerla e contrastarla è fondamentale: la violenza psicologica, infatti, è spesso l’anticamera degli abusi fisici, se non già parte di un ciclo di violenze che alterna minacce, controllo e atti fisici.

Martina Truppo Psicoterapeuta ad orientamento Sistemico Relazionale Sessuologa e Team Leader di Unobravo
Martina Truppo, psicoterapeuta, sessuologa e team leader di Unobravo
Photo credit: Unobravo

Violenza di genere, intervista alla psicoterapeuta Martina Truppo

Ed è proprio per analizzare e sensibilizzare sul tema della violenza di genere che Martina Truppo, psicoterapeuta, sessuologa e team leader di Unobravo, racconta in esclusiva a StartupItalia l’importanza di saper riconoscere la violenza psicologica all’interno delle relazioni umane per poter riacquisire la propria indipendenza ricercando relazioni sane ed equilibrate.

Violenza e relazioni amorose. Quali sono i segnali più comuni di violenza psicologica e fisica che spesso si fa fatica a riconoscere?

La violenza di genere può assumere forme subdole e non sempre è possibile riconoscerla chiaramente. Questo perché essa non si manifesta solo attraverso spintoni, schiaffi, insulti o ricatti ma, in generale, anche tramite comportamenti dispregiativi e denigratori sistematici (parole sprezzanti ed offensive umiliazioni, ridicolizzazioni, rimproveri, critiche avvilenti, continui confronti con altre donne o precedenti partner). Violenza è controllo sulle azioni (controllo degli orari, delle spese, delle relazioni), sulle parole (correzione continua), sui pensieri, è isolamento relazionale, gelosia patologica, limitazione della libertà personale (obbligo di uscire di casa solo in certi orari, obbligo di non uscire sola). Difficili da identificare come forme di violenza sono anche le costrizioni al rapporto sessuale come “dovere coniugale”, il divieto di avere un proprio conto bancario o boicottare la ricerca di un lavoro. Purtroppo la violenza raggiunge anche forme inequivocabili arrivando a tentato strangolamento, testate, ferite, bruciature, sequestro, privazione di acqua, cibo e cure mediche.

Come la violenza psicologica può incidere sulla salute mentale e fisica di una persona, e perché è importante considerarla dannosa quanto quella fisica?

Chi fa uso di violenza psicologica “colpisce” l’altra persona principalmente attraverso le parole. Essendo esse non in grado di lasciare segni visibili (al contrario ne lasciano di profondi nell’anima), si ritiene di utilizzare una forma di violenza molto diversa da quella fisica. Se la violenza fisica è oggettiva ed incontrovertibile per le ferite inferte, la violenza psicologica non è rilevabile attraverso prove lampanti ed è, per questo, percepita soggettivamente. Ciò può rappresentare un grande ostacolo al suo riconoscimento, soprattutto quando la violenza di genere è normalizzata in determinati contesti sociali. Tuttavia gli studi hanno confermato che violenza fisica e psicologica possono causare in egual modo ansia, senso di colpa, depressione, disturbo post-traumatico da stress, abuso di sostanze e comportamenti suicidari, disturbi alimentari e/o sessuali. In particolare, la violenza psicologica minaccia l’autostima e il valore personale, rendendo la vittima impotente di fronte alle minacce e al timore di non essere meritevole d’amore.

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Photo credit: Unobravo

Quali sono i primi passi pratici e psicologici che una donna dovrebbe fare per uscire da una relazione violenta?

Ogni qualvolta mi trovo davanti ad una donna che ha subito e/o subisce violenza di genere mi rendo conto di quanto sia difficile riconoscere il vortice di violenza e iniziare a reagire. Entrano in gioco tanti fattori: senso di colpa, vergogna, paura di trovarsi da sole o di ritorsioni, modelli familiari disfunzionali, desiderio di tenere unita la coppia o la famiglia “nonostante tutto”. La prima mossa è proprio riconoscere ciò che si sta subendo come qualcosa di disfunzionale e iniziare a  pensare di meritare una relazione migliore in cui la violenza non esiste. Il “click” avviene quando in nessuna circostanza e per nessun motivo la violenza è accettata o giustificata. Chiedere aiuto è spesso indispensabile per affrontare il percorso, che sia un aiuto professionale o amicale/parentale.

In che modo un supporto psicologico può aiutare a riacquistare fiducia e a liberarsi da una relazione tossica?

Grazie ad un supporto psicologico è possibile, innanzitutto, essere aiutate a riconoscere i meccanismi disfunzionali di una relazione violenta. Una volta rese inequivocabili le dinamiche, sarà difficile ignorarle e si lavorerà insieme per affrontarle, rafforzando l’autostima ed esplorando gli antecedenti che hanno portato ad accettare una relazione di quel tipo. 
Imparare ad amarsi e prendersi cura di sé è fondamentale per distinguere ciò che ci fa del bene da ciò che lede la nostra persona, dunque tenersi lontane da relazioni tossiche. La mia esperienza con donne vittime di violenza mi ha dato la possibilità di capire che, al di là dell’aiuto psicologico, è stato il non sentirsi più sole, “pazze” o sbagliate a dare loro la forza di reagire. Non semplice, c’è bisogno di tanto coraggio per affrontare un percorso del genere che posso assicurarvi, non appena darà il minimo frutto, sarà più facile da gestire.

Che consiglio darebbe a chi sospetta che una persona vicina possa essere vittima di violenza, ma non sa come intervenire?

Il mio consiglio è di entrare “in punta di piedi” sulla questione. Essendo situazioni che generano grande vergogna, chi ne è vittima non vuole parlarne poiché teme di essere giudicata. Suggerisco di fare attenzione al modo in cui si pongono le domande, cercando di essere delicati e aperti all’ascolto. Attenti anche a non minimizzare o insinuare qualche tipo di responsabilità (“te la sei cercata”/“sei sicura di non averlo provocato troppo?”).  In generale è indispensabile mostrare la propria vicinanza e disponibilità all’ascolto. Può essere d’aiuto informarsi sui Centri Antiviolenza, presidi territoriali specializzati che lavorano allo specifico scopo di sostenere le donne e, qualora fossero presenti, i loro figlie e figlie, accompagnandole in ogni fase del percorso di liberazione dalla violenza. Basta chiamare il numero nazionale 1522 che fornirà tutte le indicazioni necessarie. È  attivo h 24, 7 giorni su 7 ed è multilingue. Infine, nel caso in cui la donna e/o figli e figlie si trovino in una situazione di immediato pericolo è fondamentale chiamare le forze dell’ordine per un intervento immediato.

Come si può aumentare la consapevolezza dei e delle giovani rispetto ai segnali di violenza psicologica, per prevenire relazioni dannose?

La sensibilizzazione e la prevenzione sono fondamentali nella lotta contro la violenza di genere, un fenomeno che riguarda non solo le donne, ma anche gli uomini. È importante che fin da piccoli si impari il rispetto reciproco e a instaurare relazioni sane, tramite il supporto della famiglia e della scuola. Promuovere l’uguaglianza di genere e l’educazione ai diritti umani è essenziale per creare rapporti equilibrati e prevenire la violenza. Tuttavia, è anche necessario fornire informazioni chiare in merito, parlare delle forme in cui si manifesta e quali sono le misure di supporto, oltre a sviluppare programmi di empowerment per rafforzare l’autostima delle persone più vulnerabili. Un altro aspetto cruciale è lavorare per cambiare gli atteggiamenti e gli stereotipi che giustificano la violenza nella società. Le campagne di sensibilizzazione, che utilizzano sia i media tradizionali che i social media, possono contribuire a rendere il problema più visibile. La violenza di genere è un fenomeno ampio e complesso che richiede un intervento urgente e coordinato su più fronti: sociale, culturale e politico.