All’incirca un anno fa scrivevamo dei piani di Northvolt per mettere a segno l’IPO a Wall Street da 20 miliardi di dollari (ma la cosa è rimasta in sospeso). Dodici mesi dopo l’ex startup svedese che produce batterie ha annunciato 1600 licenziamenti che colpiranno in particolar modo l’impianto estrattivo di Skellefteå, il laboratorio Västerås e la sede centrale di Stoccolma. Come si legge sul Sole 24 Ore per ora sembrano salvi i posti di lavoro nella sede tedesca, ad Heide, inaugurata pochi mesi fa alla presenza del Cancelliere Scholz.
Perché Northvolt licenzia?
Non è un periodo facile per il settore delle automobili elettriche. I piani dell’azienda e dei suoi investitori – tra cui Volkswagen e BlackRock – miravano a favorire lo sviluppo di una supply chain europea in grado di garantire un approvvigionamento adeguato di batterie. La concorrenza delle aziende cinesi e in generale di player asiatici ha però spinto l’ex startup a optare per i tagli.
I tagli all’organico in Northvolt seguono un’altra decisione cruciale per l’azienda, ovvero quella di bloccare la produzione di catodi. In sintesi la società ha messo da parte l’ambizione di garantire un ciclo completo della produzione, tenendo anche conto del riciclo dei materiali. Questo significa che l’Europa è ancor più lontana dall’obiettivo sfidante di un’autosufficienza nel comparto.
Qual è la capacità produttiva di Northvolt
Stando agli annunci Northvolt avrebbe mirato a raggiungere la capacità di 150 GWh nel 2030. Ma siamo ancora lontani dai 60 GWh, necessari ad alimentare un milione di auto elettriche l’anno. La società si è infatti ridimensionata, puntando a garantire 16 GWh entro il 2026.