firma email wapp 3

HBI – Human Bio Innovation, SLY e RarEarth sono le tre startup vincitrici dell’edizione 2024 di “Eni Joule for Entrepreneurship”: ad accomunarle, una visione imprenditoriale innovativa e sostenibile nel campo della decarbonizzazione dei processi e dei prodotti, dell’economia circolare e della lotta al cambiamento climatico. Se la prima ha brevettato una tecnologia per il trattamento circolare dei fanghi di depurazione, la seconda ha sviluppato tecnologie AI per l’identificazione e la classificazione ultra-precoce degli incendi boschivi, mentre RarEarth ha messo a punto un processo chimico innovativo per il riciclo di terre rare (Neodimio-Ferro-Boro), da motori elettrici di veicoli a due ruote.

Tre storie diverse, nate e cresciute in tre aree geografiche e tre ambiti differenti, che però sono legate dall’obiettivo di trovare una soluzione a tematiche di rilevanza globale, valorizzando talenti made in Italy e mantenendo l’attività nel nostro Paese, consapevoli delle opportunità che offre, ma anche difficoltà da superare. 

Menzione “Eni Joule for Entrepreneurship” alle startup più innovative

Le tre startup saranno premiate dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il prossimo 15 ottobre presso il Palazzo del Quirinale, nell’ambito dell’annuale cerimonia per il Premio Eni Award, che dal 2007 a oggi è diventato un punto di riferimento internazionale per la ricerca nei campi dell’energia e dell’ambiente. «Nel 2021 è stata istituita la menzione speciale “Eni Joule for Entrepreneurship” per focalizzare l’attenzione delle istituzioni anche sulla sfida dell’imprenditorialità, oltre a quella della ricerca», spiega Domenica Surace, Head of Impact Assessment, Monitoring & Reporting di Joule, la scuola di Eni per l’Impresa.  

Al bando di concorso “Eni Joule for Entrepreneurship” possono partecipare team, spin off universitari e startup, che abbiano o stiano sviluppando progetti imprenditoriali innovativi, ad alto valore tecnologico e sostenibili dal punto di vista non solo economico, ma anche ambientale e sociale. «Anche quest’anno, come nelle tre edizioni precedenti, abbiamo ricevuto circa 80 candidature, che sono state sottoposte a un percorso progressivo di selezione in tre fasi: la prima interna a Joule, la seconda a cura di una Commissione Eni composta da membri esperti di open innovation e innovazione tecnologica, la terza sotto la guida di una Commissione scientifica esterna, di cui fanno parte i principali rappresentanti dell’ecosistema italiano dell’innovazione». 

Imprenditorialità legate a tematiche globali

I progetti vengono valutati in base a vari aspetti tra cui l’aderenza all’obiettivo del percorso, le competenze, la scalabilità sul mercato e il potenziale innovativo. «Quest’anno, considerata l’elevata qualità delle sei realtà finaliste, che avevano totalizzato punteggi simili, abbiamo deciso di valorizzare quelle che si occupano di importanti problematiche globali – specifica Surace – per mostrare come anche in Italia ci siano imprese impegnate a trovare soluzioni che possono riscuotere interesse in tutto il mondo». 

Questo è il caso, per esempio, di SLY, che ha sviluppato la piattaforma Treeage per il monitoraggio degli incendi e delle perdite di gas industriale fino a 50 metri di distanza. «Sensori AI all’avanguardia rilevano costantemente la composizione chimica dell’aria, tracciando l’eventuale presenza di gas anomali, e in pochi minuti avvisano gli utenti tramite software», spiegano Davide De Marchi e Kseniya Lenarciak, due dei tre co-founder, insieme a Max Lenarciak. «Grazie al nostro contenuto algoritmico e al nostro hardware, possiamo effettuare rilevamenti approfonditi, veloci e precisi».
Le loro storie, dal Canada a Pavia, passando per la Calabria, si sono intrecciate grazie ad amicizie comuni dopo la pandemia ed è subito scattata l’intesa professionale: nel 2023 hanno inaugurato la prima sede a Santa Caterina dello Ionio, in provincia di Catanzaro, poi è stata la volta di Milano, Roma e San Francisco, mentre la prossima apertura sarà in Texas. Le installazioni sono invece 12, dall’Abruzzo all’Uruguay, dalle Bahamas agli Stati Uniti, tra parchi ecologici, miniere, metanodotti, discariche e impianti a biomasse. «Abbiamo fatto una scelta ben precisa di radicamento sul territorio italiano, in particolare nel Sud Italia, ma il nostro sguardo è rivolto al mondo», sottolineano.

SLY
SLY – Max Lenarciak, Kseniya Lenarciak e Davide De Marchi

«Così le aziende possono trattenere i talenti in Italia» 

Attualmente il team è composto da 12 persone, ma la startup è alla ricerca di nuovo personale: «Servono talenti per la crescita interna: in Italia ce ne sono molti, la cui presenza va valorizzata», continuano De Marchi e Lenarciak. Nel nostro Paese «il livello di istruzione accademica è molto elevato, con dottorati di ricerca che sono veri gioielli, ma è importante creare le condizioni giuste per trattenere le persone ed evitare quella che viene definita fuga di cervelli».

Concorda Enrico Pizzi, co-founder di RarEarth. «Al di là delle idee innovative e della qualità delle tecnologie a disposizione, sono soprattutto le persone a fare la differenza nel successo di un’impresa: bisogna avere un team competente e competitivo, in grado di affrontare sfide complesse». In Italia ci sono ancora molte aziende di stampo tradizionale sia nella selezione del personale sia nelle modalità di lavoro offerte: «Oggi, invece, i giovani sono pronti a prendersi responsabilità anche senza avere una lunga carriera alle spalle, perché credono che il talento possa prevalere sulla seniority. Serve una nuova mentalità: già si vede in alcune grandi aziende, che percepiscono i rischi di restare legate a dinamiche del passato, ma soprattutto nelle giovani realtà, che abbracciano una filosofia diversa fin dalla loro nascita». 

Innovazione, sostenibilità ed economia circolare 

RarEarth, che Enrico Pizzi ha fondato a fine 2022 insieme a Gianluca Torta, è impegnata nel recupero delle terre rare, con l’obiettivo di creare la prima fonte interna europea di questi elementi. «Abbiamo sviluppato una tecnologia per recuperare in modo efficiente ed economicamente sostenibile i magneti NdFeB da applicativi a fine vita quali elettronica di consumo, sensoristica e motori elettrici», spiega Pizzi. Il risultato è «la produzione di magneti permanenti riciclati, con caratteristiche diverse da quelli presenti sul mercato, elevata qualità ed ampio spettro di applicazione». 

Lo sguardo è ora puntato verso l’importante round di finanziamento in programma per il prossimo settembre, grazie al quale RarEarth, che ha sede legale a Milano e operativa a Falconara, in provincia di Ancona, porterà avanti i suoi progetti: apertura del primo impianto europeo per il riciclo di terre rare da motori elettrici in Italia, assunzione di personale, da affiancare ai due collaboratori già presenti, e avanzamento dell’iter autorizzativo. «Quest’ultimo è un aspetto assolutamente non banale, perché non esiste una normativa specifica per la nostra attività, senza contare che operiamo all’interno di un ambito a gestione molto complessa come quello dei rifiuti». La burocrazia in Italia «rallenta i processi, ma in generale il nostro Paese offre ottimi presupposti e incentivi per le startup, contrariamente a quell’idea diffusa secondo cui nell’innovazione siamo indietro».

RarEarth
RarEarth – Gianluca Torta e Enrico Pizzi

«Aggiornare le normative per favorire le opportunità di business»

Simile è il contesto in cui si muove HBI – Human Bio Innovation, startup nata nel 2016 a Bolzano, che si occupa di trattamento dei fanghi di depurazione. «Abbiamo sviluppato e brevettato una tecnologia poligenerativa in grado di recuperare e valorizzare l’acqua, l’energia rinnovabile e i nutrienti, utilizzabili come fertilizzanti sostenibili, dai fanghi da depurazione, riducendo così di oltre il 90% il residuo finale attualmente smaltito in modo non sostenibile», racconta Daniele Basso, co-founder insieme a Renato Pavanetto. 

In Italia ogni anno oltre 3,4 milioni di tonnellate l’anno di fanghi provenienti dal trattamento delle acque reflue urbane vengono attualmente inviate ad incenerimento per essere eliminate: «Grazie al processo da noi ideato, non solo diminuiamo in modo significativo l’impatto ambientale, ma produciamo anche energia rinnovabile, assicurando agli impianti l’autosufficienza, e recuperiamo materiali ad alto valore aggiunto, come fosforo e altri nutrienti, da utilizzare in agricoltura». Il primo impianto, inaugurato nel 2021 nel capoluogo altoatesino, è stato seguito da un secondo a Venezia nel 2022: la startup si rivolge sia ai privati, che alle grandi utility, che fanno capo a Regioni e Comuni.  

HBI
HBI – Daniele Basso

«Siamo riusciti a fare innovazione incastrandola tra le maglie di una normativa ferma al 1990, ma è importante snellire gli iter burocratici autorizzativi se il nostro paese, accanto all’elevata qualità accademica, vuole offrire anche vere opportunità di business», specifica Basso, sottolineando quanto sia fondamentale per la pubblica amministrazione, principale attore dell’economia italiana, stare al passo con il fermento che caratterizza l’ambiente universitario e quello della ricerca. 

Lo scorso 15 luglio HBI, che ha anche una sede operativa a Zero Branco, in provincia di Treviso, ha annunciato un aumento di capitale da 15 milioni di euro, con Cdp Venture Capital come lead investor: con il piano industriale dei prossimi sei anni, l’obiettivo per il 2030 è diventare leader nel settore del trattamento sostenibile, pulito ed efficiente  dei fanghi da depurazione, costruendo altri due impianti in Italia e iniziando l’espansione all’estero, principalmente in Germania, Spagna e Olanda. Tra gli impegni, anche quello di continuare nella ricerca: «Finora abbiamo finanziato tre dottorati di ricerca in collaborazione con l’Università di Bolzano e il parco scientifico e tecnologico NOI Techpark di Bolzano – conclude Basso -: crediamo fortemente nella creazione di ecosistemi di innovazione per l’attrazione e la permanenza dei talenti in Italia».