Bitcoin (qui la guida di Emanuela Perinetti) è il termine del momento quando si parla di futuro dei pagamenti, e non solo. La moneta digitale, che nelle ultime ore sta subendo una serie di attacchi (qui la dichiarazione della Bitcoin Foundation), e le numerose alternative in circolazione stanno incuriosendo esercenti, professionisti e singoli consumatori. Ma non si tratta dell’unica opzione diversa dai circuiti classici che potrebbe essere presto a disposizione di chiunque sia interessato a pagare beni e servizi in modo differente da quello tradizionale. La startup italiana Sardex darà entro la prossima estate la possibilità di effettuare acquisti tramite un’apposita applicazione e utilizzando il circuito omonimo.
Come il nome suggerisce la realtà è nata, nel 2010, in Sardegna. Si tratta di un sistema di credito che mette in contatto i vari soggetti economici. Al momento è disponibile per le aziende, che hanno la possibilità di pagarsi a vicenda in Sardex. Un Sardex vale un euro. Chi entra nel circuito parte con un passivo pari al valore del primo acquisto. Un’azienda acquista, ad esempio, 10 monitor da un’altra impresa del circuito e va sotto di 1000 Sardex, immaginando che ogni monitor costi 100 euro. A quel punto dovrà mettere a disposizione i suoi beni o servizi pari a quel valore per tornare in pari e iniziare a muoversi nel mercato così regolato.
“Bitcoin è una merce, la nostra è una moneta comunitaria, non si acquista e non si vende”, spiega a SmartMoney Carlo Mancosu, co-fondatore della startup. Con questo sistema lo scorso anno Sardex ha coinvolto nella terra d’origine 1.600 imprese e contribuito alla diffusione di scambi pari a 15 milioni di euro. Per il 2014 l’intenzione è quella di arrivare a 36 milioni. E come detto, di coinvolgere anche ai singoli utenti.
Con questa mossa si rafforza ulteriormente l’intento iniziale della giovane azienda: creare valore. I consumatori otterranno infatti Sardex se acquisteranno, in euro, dalle imprese del circuito. Una sorta di premio per chi sostiene l’economia locale e di incentivo a continuare a frequentare realtà aderenti al progetto. Qualcosa di simile è già stato attivato dando la possibilità ai dipendenti delle imprese coinvolte di aprire un conto Sardex. “In questo modo i datori di lavoro hanno avuto la possibilità di assegnare loro quei premi e riconoscimenti aggiuntivi che la crisi economica ha bloccato”, spiega Mancosu. Creare valore, appunto.
La startup originaria e i suoi 20 dipendenti hanno sede e raggio d’azione in Sardegna, ma sono già nati spin-off, di cui Sardex è socia, in Piemonte (Piemex) Lazio (Tibex), Marche (Marchex) e Sannio, tra Campania, Molise e Abruzzo (Samex). Entro il 2015 l’intenzione è quella di coprire tutta la Penisola.