“Lasciate perdere Bitcoin. È un miraggio. L’idea che abbia un enorme valore intrinseco per me è solo uno scherzo.” Così parlò Warren Buffett, l’oracolo di Omaha, finanziere leggendario (viene introdotto in pubblico proprio con quest’aggettivo) nonché tra i più ricchi al mondo.
Per lui, la crittovaluta è, al massimo, una sorta di vaglia: “un metodo molto efficace per inviare denaro”, veloce e anonimo. Ma nulla di più. Gli investitori farebbero quindi bene a starne alla larga: meglio puntare su chi ne controlla il traffico (le piattaforme di scambio; il paragone è con le compagnie che vi fanno spedire denaro per posta: ci guadagnano su) che non sulla crittovaluta stessa.
Ovvio che chi ha investito in Bitcoin ha un’opinione diversa. Il critico più esplicito delle parole di Buffett è stato il co-fondatore di Netscape e peso massimo della Silicon Valley Marc Andreessen, noto per aver messo ben 25 milioni di dollari nel portafoglio-exchange Coinbase (il più alto investimento mai fatto in un’azienda Bitcoin) : “La percentuale storica di vecchi uomini bianchi che le sparano grosse sulle nuove tecnologie che non capiscono è, credo, al 100%”, ha dichiarato a Forbes. Un suo socio ha poi aggiunto che Bitcoin, nell’ultimo anno, è stato assai più fruttuoso della holding di Buffett, la Berkshire Hathaway.
Lo scambio di opinioni riportato da Forbes rende chiaro quanta distanza ci sia tra la “vecchia guardia” di Buffett (beninteso: vecchia e solidissima), e le nuove frontiere della finanza elettronica. Ma soprattutto, le spiegazioni di Andeessen aiutano ad avvicinarsi al mondo Bitcoin partendo da una disamina tecnica. Innanzitutto, chiarisce, il valore della crittomoneta non è affatto arbitrario. “Equivale al valore di una singolo posizione in un registro crittografico pubblico di grandezza limitata, attraverso cui il valore può muoversi. Il registro totale di Bitcoin ha un valore corrispondente al volume e alla velocità delle transazioni che accoglierà nel futuro; per estensione, ogni posizione nel registro ha un valore frazionario determinato dal numero totale di posizioni (per Bitcoin oggi sono limitate a 21 milioni: oggi ce ne sono 11)”.
Insomma, il valore è nel movimento. Nella circolazione del denaro elettronico. Per questo la critica di Buffett è insensata, secondo Andreessen. “È come dire: quella dell’automobile è una tecnologia fantastica, ma non trasporterà mai nessuno da un punto A ad un punto B. Ma Bitcoin è una grande tecnologia proprio perché ti consente di creare valore con il movimento nel registro”.
In conclusione, tutto dipenderà dalla previsione collettiva sul volume e la rapidità delle transazioni che attraverseranno il registro: “La capitalizzazione di mercato del registro dev’essere abbastanza alta da accogliere tutto il valore che vi transita in un qualsiasi periodo di tempo”. Andreessen ha fiducia nella velocità di circolazione della moneta. Gli scambi, secondo lui, saranno più forti dell’azione di chi punta semplicemente ad accumulare Bitcoin. Ma anche loro svolgeranno un ruolo positivo. Per far girare il meccanismo a pieno regime, dovranno esserci sempre più sistemi dipendenti da Bitcoin e sempre più persone che lo adotteranno come propria crittovaluta (avendo coscienza della sua finitezza). Così il suo valore intrinseco potrà salire. Succederà? Su Forbes, testata serissima e di gran prestigio, affidano la risposta a… un viaggio nel tempo (del resto, se avessero ostentato sicurezza, avrebbero dimostrato molta meno serietà).