Un cartonato faceva le veci del Presidente Obama all’apertura della call di Working Capital, ma la sua presenza avrebbe fatto bene a noi come Paese e a lui. Ecco perché
Per un paio di settimane, siamo stati in ballo. Puro rock. C’era il rischio davvero elettrizzante di ricevere una visita speciale a Working Capital Roma per la nostra grande apertura del 27 marzo. L’idea che “Yes We Can” in persona potesse incontrare live startupper e innovatori italiani era quel che ci voleva per spingere più in avanti le cose. Ne aveva bisogno un Paese che non cresce da 20 anni, roso dalle invidie e dalle polemiche, incapace di scrollarsi di dosso il suo desolante cinismo. O di celebrare i suoi piccoli eroi. Gli amici di US Embassy sono stati gentilissimi, ci hanno donato alla fine un bel cartonato come consolazione. Eppure, un pensiero rimane fisso in testa. E sono le immagini di un passaggio rapido, che ha lasciato poche tracce. Tre visite istituzionali, poi quel Colosseo vuoto e le strade deserte intorno. Un corteo di auto scure che attraversa una città perplessa. Due considerazioni. Siamo nel mondo ormai solo questo, il luogo di antiche rovine disabitate? E perché questa strana, singolare timidezza nel contatto reale, fisico, con l’Italia e la sua società civile, con il suo popolo? Avrebbe fatto un gran bene a tutti noi qualcosa di diverso. E forse un po’ anche a lui. Pensate che impatto. Grazie comunque, Mr Change. Qui intanto ci proviamo lo stesso. Con la nostra 3D printer abbiamo stampato un paio di occhiali blu, con la scritta “Make in Italy”. A presto.
Salvo Mizzi