Aumenta del 16,7% il numero di startup innovative italiane nel primo trimestre 2015. Di queste, 3 su 4 si occupano di servizi alle imprese, fra cui produzione di software e ricerca e sviluppo. L’Italia che fa innovazione cresce, ma una startup su due è costituita da soli uomini.
Le recenti statistiche Istat sono chiare su questo punto: nonostante qualche nota positiva, per le imprese italiane la crisi non è finita, tanto che a marzo 2015 la disoccupazione è aumentata dello 0,3% rispetto ad aprile dell’anno prima. Tuttavia, se da un lato le aziende italiane stentano a risollevarsi, la maggior parte di chi investe in startup innovative, punta proprio sul settore dei servizi all’industria. Ricerca e sviluppo in testa. I numeri del fenomeno sono chiaramente illustrati nel blog di StartupItalia!.
Ma ci sono altri dati che si possono estrapolare in questa situazione. Intanto sono 3711 le startup innovative nei primi 3 mesi del 2015, il 16,7% in più rispetto a dicembre 2014, e la fetta più grossa, circa 3 nuove imprese su 4, ha scelto di occuparsi appunto di servizi per le imprese: produzione di software e consulenza, attività e servizi per la formazione, e ricerca e sviluppo.
Un bell’incremento questo degli ultimi mesi che ha coinvolto 192.047.966 € di capitale sociale, circa 52 mila euro a impresa, il 25% in più rispetto a dicembre 2014. Nonostante questo però le startup innovative rappresentano una fetta sempre minuscola dell’universo imprenditoriale italiano: lo 0,25% delle società di capitale italiane, che toccano oggi quasi quota 1,5 milioni.
La maggiore densità di startup innovative sul totale delle imprese di capitale si concentra nelle province del centro-nord, Trento, Trieste e Ancona in testa.
Sono gli ultimi dati forniti da InfoCamere, aggiornati al 6 aprile scorso. Un dato che emerge prepotentemente sugli altri è lo spiccato orientamento al settore Ricerca e Sviluppo. Secondo i dati InfoCamere, ben il 18,3% delle società di capitali che operano nelle attività di R&S sono startup innovative, una percentuale che appare significativa se pensiamo che esse rappresentano in realtà lo 0,25% del totale delle società di capitale italiane. La ragione di questo dato però è presto detta. Secondo quanto riportato nel decreto legge 18 ottobre 2012 n. 179, una startup innovativa per poter essere definita tale deve far sì che le spese in ricerca e sviluppo siano uguali o superiori al 15 per cento del maggiore valore fra costo e valore totale della produzione.
La presenza femminile nelle start up
In questo scenario la presenza femminile è leggermente inferiore rispetto alla media delle imprese di capitale, e in ogni caso oltre la metà delle nuove startup sono costituite da soli uomini. Le startup innovative a prevalenza femminile sono infatti solo il 12,85% del totale, mentre nel panorama delle società di capitale rappresentano il 16,39%. Decisamente più alta la percentuale di startup che vedono la presenza di donne, il 44,57%, contro il 50% delle società di capitale.
Quali siano le possibili ragioni di questa scarsa presenza femminile non è materia indagata da questi dati Infocamere, ma basta volgere lo sguardo agli ultimi dati Istat relativi alla conciliazione fra lavoro e famiglia, per porsi qualche domanda in questo senso. Nel 2012 il 22% delle donne intervistate che all’inizio della gravidanza aveva un lavoro, non era più occupata al momento dell’intervista e il 42,8% delle donne che aveva continuato a lavorare, denunciava problemi nella conciliazione vita lavoro.
@CristinaDaRold