I droni sentinella italiani di Archon trionfano a Hello Tomorrow, l’evento parigino che premia le innovazioni del futuro. Nel team, Roberto Navoni, presidente FIAPR a cui abbiamo chiesto lumi sul futuro di questi velivoli in Italia
«Hai visto questo? Sono italiani, fanno droni e hanno ottenuto un bel riconoscimento a Parigi». La segnalazione mi arriva in un pomeriggio di qualche giorno fa. La competizione in questione si chiama Hello Tomorrow che, mea culpa, non conoscevo. La prima cosa che intuisco è che non si tratta solo di una gara. È un evento complesso, variegato. Un aggregatore di idee, progetti, parole. Ci sono conferenze (nell’accezione meno noiosa del termine) e panel, tavole rotonde e workshop. Intervengono più di duemila tra innovatori, professionisti, investitori, startupper e giornalisti.
Poi c’è anche la competizione per startup. È aperta a realtà provenienti da tutto il mondo e si divide in diverse categorie che vanno dal settore del cibo a quello dell’energia, dai trasporti ai nuovi materiali. Nella categoria IT e sicurezza ha vinto una startup italiana, assai giovane ma con alle spalle un team di grande esperienza. Si chiama Archondronics e sviluppa droni sentinella: «L’idea di questo progetto nasce circa otto anni fa quando sviluppammo un progetto open source legato al mondo dei droni, un progetto in cui coinvolgemmo anche Chris Anderson e 3D Robotics» dice Roberto Navoni oggi a capo di Laser Navigation, partner e advisor del progetto Archon.
Le basi del progetto (nel nome dell’open source)
Il passo successivo per Roberto, e il suo team, è stato quello di fondare una società chiamata Virtual Robotix. «Prima di tutto è una community che nel tempo è andata sempre più rafforzandosi. Ha iniziato a fornire un certo tipo di servizi come la vendita di schede, che abbiamo chiamato Vr Brain, che consentono di autocostruire il proprio drone attraverso un software che si chiama APM Copter».
Successivamente è nata una fondazione, Dronecode, che fa parte della Linux Foundation, ed è costituita da un gruppo internazionale di aziende private che supportano il progetto: «La Dronecode Foundation ha l’obiettivo di supportare gli sviluppi di APM Copter anche a livello professionale».
La vision di Archon e i droni sentinella
Decisivo per la nascita della startup è stato un incontro fatto da Roberto al di là dell’oceano: «È capitato che io incrociassi Davide Venturelli nei miei giri in California e che parlassi con lui di moltissime cose. Davide (CEO di Archon, ndr) è un italiano che è andato negli Stati Uniti tempo fa. Oggi fa parte della Singularuty University». Grazie alle sue doti e capacità scientifiche (ha una laurea in fisica) è stato assunto alla Nasa come uno dei massimi esperti di Quantum Computer.
È un nuovo filone che si occupa di Pc d’ultima generazione. Computer che avranno una potenza incredibile rispetto a quelli che oggi usiamo.
Insieme a Davide Ghezzi, Venturelli aveva iniziato a ipotizzare la realizzazione di droni altamente innovativi. Caratterizzati cioè da alcune applicazioni che fossero in grado di farli volare in maniera automatica e garantire, ad esempio, servizi di sicurezza d’avanguardia. Un ipotesi che poi si trasformerà nel progetto Archon: «Vogliamo dare la possibilità a grandi realtà, con livelli di sicurezza elevati, di avere droni sentinella per monitorare al meglio le loro strutture. Archon e Laser Navigation hanno oggi una partnership strategica: forniamo loro tutta la tecnologia di base per poter costruire questi droni autonomi che si ricaricano tramite stazioni e che consentono di dare servizi d tipo industriale, 24 ore su 24».
Fa parte del team anche Giovanni Landi che si occupa di tutta la parte legata al 3D e alla realtà aumentata: «Uno di quelli che s’incontrano raramente. Bravo come pochi» confida Roberto.
L’esperienza a Hello Tomorrow
Archon per trasformare la sua visione in qualcosa di concreto, e ottenere dei finanziamenti che permettano lo sviluppo di questi droni, ha portato avanti una serie di progetti specifici e mirati (ad esempio per Horizon 2020) oltre che a partecipare ad eventi come Hello Tomorrow Challenge: «Erano 3600 i progetti iscritti» ricorda Roberto «Il nostro è stato ritenuto estremamente interessante e così innovativo da vincere la finale di categoria».
Ma come è stata quest’esperienza oltre la vittoria?
«Nei giorni precedenti, con gli advisor delle aziende, come Air Liquide, che ci erano stati assegnati qualche giorno prima da Hello Tomorrow, abbiamo lavorato con grande intensità. Abbiamo capito che cosa funzionava e cosa no. Abbiamo potuto fare delle vere prove grazie a queste realtà che ci tengono particolarmente a dare una mano durante i giorni del challenge. Questo creda sia un aspetto da sottolineare: la competizione ha davvero fornito un servizio di tutoraggio che è servito realmente per migliorare l’idea che ogni team andava a presentare».
Vi aspettavate di vincere?
«Quando un italiano si presenta con le sue tecnologie fa sempre la differenza. Per me è un dato di fatto. Quello che però posso dire è che fuori dall’Italia c’è un’atmosfera diversa. Si respira un’aria molto più effervescente anche rispetto alle manifestazioni che si fanno in Italia soprattutto legate ai droni».
Una nuova normativa e il futuro dei droni in Italia
Roberto Novoni è anche presidente di Fiapr, la più grande associazione italiana di categoria. Il 6 di luglio uscirà un nuovo e attesissimo regolamento che dovrebbe normare in maniera più sicura (e meno stringente) un mercato in divenire.
Le cose cambieranno davvero?
«Conosco bene tutto quello che sta succedendo in Italia. Soprattutto dal punto di vista normativo. Per rispondere alla tua domanda: sì. Anche se non è semplice. Nell’arco di pochi mesi di lavoro siamo riusciti a fare quello che non era mai stato fatto prima. Soprattutto grazie a un confronto continuo che mescola quello che succede realmente all’estero e quello che chiedono invece in Italia. Tutto ciò ci fa ben sperare e nel prossimo futuro sono sicuro che i droni potranno volare nelle zone urbane. I piloti che vorranno fare business in ambito APR potranno farlo, rispettando ovviamente tutti i sacri crismi della sicurezza per i cittadini. Le nuove norme potranno finalmente aprire nuove fette di mercato anche in Italia».
Siete dunque soddisfatti?
«Per riuscire a fare in Italia quello che abbiamo fatto in Francia in meno di una settimana avremmo dovuto attendere almeno un mese di autorizzazioni. Di fatto il mercato italiano, per quanto riguarda le sperimentazioni più avanzate, rimane complesso da affrontare. Però bisogna dirlo: le cose stanno migliorando notevolmente. L’ENAC sta diventando molto più collaborativa. Ha capito che siamo persone serie e che lavorando insieme si può riuscire da un lato a mantenere gli standard di sicurezza e dall’altro ad aprire pian piano nuove opportunità per il mercato. Tutto sommato siamo contenti di questa evoluzione recente. Ma se mi avessi fatto questa domanda due settimane fa ti avrei detto che la situazione era una vera tragedia».
Come sarà lo scenario tra 5 anni?
«Il mercato dei droni sarà fatto di oggetti molto piccoli, inoffensivi, con un livello d’integrazione tecnologica elevatissimo. Avranno, per esempio, telecamere microscopiche e se dovessero cadere in testa ad una persona non saranno in grado di fare danni concreti. Per garantire un livello di sicurezza adeguato dovranno essere oggetti un po’ diversi da quelli che vediamo oggi. Non saranno così grossi e avranno tecnologie più funzionali per l’uso in volo. Ci sarà una professionalizzazione ancora maggiore. Ognuno di noi potrà essere riconosciuto come pilota di droni e non solo in Italia. L’obiettivo delle nostre organizzazioni è quello di costruire delle regole che valgano per l’Italia ma vengano riconosciute anche dalla Francia, dalla Germania e così via».
Quali sono le differenze con l’Europa? Sono più avanti di noi dal punto di vista normativo?
«In Europa, per i droni soto i 150 kg, ogni paese può avere una sua normativa locale. Nell’ultimo anno e mezzo in realtà si sta parlando molto di una convergenza di norme affinché esse risultino omogenee. Questo potrà consentire l’apertura di un vero mercato europeo. Un mercato dove si potrà prendere una patente europea di pilota, con mezzi che potranno essere venduti in tutti i paesi senza dover sempre procedere a ricertificazioni. Probabilmente sarà una cosa che accadrà nel 2017. Dal punto di vista normativo siamo abbastanza allineati con gli altri. Per certi versi, con l’ultimo regolamento, siamo addirittura avanti. La Francia rimane la nazione più aperta a scenari un po’ più estremi ma ci stiamo arrivando anche noi. È un’operazione in continua evoluzione».
E per quanto riguarda i droni dotati di intelligenza artificiale?
«Saranno uno step successivo. Non credo che li avremo nei prossimi cinque anni. Credo ci voglia più tempo».
Cos’è l’innovazione?
«Innovazione è la fantasia al potere. Bisogna avere fantasia per immaginare come possa essere il futuro e costruirselo. Non bisogna porre limiti alla possibilità di innovare. Il grosso problema dell’Italia, a mio parere, non sta nella voglia di innovare che non manca ma purtroppo nei meccanismi inceppati che dovrebbero consentire queste innovazioni. Dico ai giovani: andate via dall’Italia ma senza mai staccarvi totalmente da essa. Crescete per poi tornare quando avrete la possibilità di cambiare realmente le cose e far crescere questo Paese».