Lo sta progettando un team di scienziati europei. Servirà anche a studiare l’interazione uomo-macchina in ambiente acquatico. “Il sistema – spiega a The Next Tech il professor Salih Murat Egi – è progettato sia per chi si immerge per motivi professionali che a scopo ricreativo.“
Estate, tempo di vacanze, di lunghe nuotate al mare. Per i patiti dello scuba diving, è anche tempo di immersioni. Un hobby affascinante, che però non è privo di rischi: basta poco, una piccola distrazione o un difetto dell’attrezzatura, per far sì che una giornata spensierata cessi di essere tale. Lo stesso vale per chi sott’acqua ci va per lavoro, dagli archeologi marini ai biologi. Di solito perciò i sommozzatori si immergono in coppia, ma questo non sempre è sufficiente a scongiurare i pericoli.
Un consorzio di enti di ricerca europei – di cui fa parte, per l’Italia, il Cnr – sta lavorando a una possibile soluzione: una coppia di droni, uno di superficie e l’altro sottomarino, che “accompagni” il sommozzatore negli abissi, guidandolo nei passaggi più complessi, illuminando il fondale, trasportando parte dell’attrezzatura, aiutandolo a non perdere l’orientamento e a risalire in sicurezza.
Il drone di superficie è progettato per volare sopra l’acqua, e serve soprattutto come punto di raccordo fra il sub e il drone sottomarino, connettendosi a entrambi in modalità wireless. Il gemello sottomarino è destinato invece ad affiancare il sommozzatore; ed è progettato per essere in grado di “leggere” il comportamento del partner umano, individuando eventuali anomalie e segni di un affaticamento o di un malore.
Il tutto all’interno di un progetto europeo chiamato Caddy (acronimo di Cognitive Autonomous Diving Buddy), di durata triennale e finanziato dall’UE con 3,6 milioni di euro (sui 4,8 di costo totale), all’interno del settimo programma quadro.
“Il sistema – spiega a The Next Tech il professor Salih Murat Egi, coordinatore del progetto per conto Divers Alert Network, una delle organizzazioni partner – è progettato sia per chi si immerge per motivi professionali che a scopo ricreativo“. Chi si immerge per ragioni di pubblica sicurezza (missioni di soccorso e simili), ad esempio, è spesso in lotta contro il tempo. Caddy potrà aiutare quindi a ottimizzare le risorse e a velocizzare il lavoro.
“Nel caso degli scienziati marini – continua l’esperto – il veicolo può essere programmato in modo da svolgere compiti cruciali, come scattare foto subacquee, o sorvegliare i sommozzatori occupati in un certo quadrante”. I sub sportivi apprezzeranno invece la possibilità di essere guidati attraverso grotte e cavità sottomarine, e il dispositivo può essere configurato in modo da avvertire la base di superficie nel caso si verificassero problemi.
Per questo tipo di esigenze, Caddy è un prodotto fin troppo sofisticato (e probabilmente, costoso): ne dovrà quindi essere messa a punto una versione più semplice ed economicamente accessibile, cosa a cui il team di ricerca sta già lavorando.
Parlando più in generale, e adottando il gergo dei ricercatori, il drone avrà tre compiti principali: quello di osservatore, nei confronti del sub, di cui monitorerà le condizioni fisiche, i gesti e le azioni; di “slave“ o assistente (utile per le foto, il trasporto di attrezzature e altro); e infine, di guida: nel caso in cui il sommozzatore debba seguire un percorso predefinito, o abbia bisogno di aiuto per tornare velocemente in superficie.
Il progetto europeo Caddy è iniziato nel gennaio 2014 e terminerà nel dicembre 2016; per quella data dovrebbero essere pronti i primi prototipi, il cui costo finale è stimato dai ricercatori in 100.000 euro ciascuno (per il sistema completo). Alla fase prototipale e di sperimentazione seguirà la commercializzazione del prodotto, che dovrebbe avvenire nel corso del biennio 2017-2019.