Google Cardboard, ossia come una scatola di cartone (e uno smartphone) può teletrasportarci dovunque vogliamo. Dalla riabilitazione al giornalismo: andiamo alla scoperta delle applicazioni di una tecnologia che condizionerà la nostra vita nel prossimo futuro.
Una scatola di cartone, due lenti e, se proprio volete tutto il lusso a disposizione, un elastico. Si chiama Google Cardboard ed è una ricetta semplice semplice per assaggiare sul nascere una delle tecnologie che rivoluzionerà totalmente il modo di comunicare storie, idee ed emozioni. L’hanno definita il medium empatico per eccellenza, stiamo parlando della Realtà Virtuale, in hasthag #VR.
Anche se il nome dovrebbe dirci tutto, si fa ancora molta discussione su cosa si possa effettivamente definire VR e cosa invece una semplice imitazione. Pur non essendo ancora diffusa massivamente, la realtà virtuale ha già le sue svariate sottoculture, i puristi convinti che i video a 360° siano un oltraggio al vero VR, e chi invece abbraccia una visione molto più estesa, aprendosi a commistioni tra video tradizionali e immagini stereoscopiche, così come alla realtà aumentata (altro hashtag, #AR) e agli ologrammi.
Fatto sta che è in arrivo uno tsunami di nuovi dispositivi finalizzati a modificare la nostra percezione, parlando direttamente ai nostri sensi, senza intermediari, gettandoci direttamente dentro l´esperienza.
Il mercato della Realtà Virtuale
Un mercato anomalo quello della VR, colonizzato a macchie prima ancora che dai prodotti mainstream (Oculus Rift, HTC Vive, Playstation VR, OSVR) da una colorita fauna di soluzioni low cost e spesso open source. Primo fra tutti proprio il nostro Google Cardboard. Le tecnoetnie che attendono con ansia l´uscita di visori high-end come Oculus Rift hanno molto criticato questa “scatoletta” che a loro dire offre una VR davvero scadente, di bassa qualità, minando in partenza l´idea che la gente si farà di questa tecnologia.
Eppure, che lo si voglia o meno, la principale porta di accesso (economicamente spalancata, costa dai 3 ai 20 euro) alla VR in questo momento è proprio il Cardboard che per funzionare ha bisogno solo di uno smartphone. Si, proprio quello che ormai abbiamo quasi tutti nelle nostre mani e su cui forse state leggendo questo articolo. I visori commerciali scardineranno le dinamiche della cinematografia, del gaming, dei social network, ma mentre si attende che vengano immessi sul mercato, il New York Times ha distribuito un milione di Cardboard ai suoi abbonati offrendo loro un contenuto unico, pionieristico nel campo del giornalismo. Attraverso la sua nuova app e´ stato infatti pubblicato il primo documentario in VR, “The Displaced”, che narra della vita di 3 bambini rifugiati del Sudan, dell’Ucraina e della Siria, seguito poche settimane dopo da un servizio sulla veglia pubblica a Place de la République successiva all’attentato terroristico del 13 Novembre a Parigi.
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Non c’è che dire, un successo unico che ha permesso al NYT di aggiudicarsi un posto in prima fila nel giornalismo del futuro. Perché, anche se il giornalismo non sarà mai totalmente oggettivo, la VR permette di portare gli utenti direttamente sul campo, senza inquadrature, tagli o zoom preferenziali, ma lasciando piena libertà di guardarsi attorno, letteralmente a 360° per esplorare una situazione, un evento, un meeting. Visi e sorrisi dietro le quinte che non sarebbero stati notati altrimenti, sguardi e sottintesi normalmente invisibili, nascosti da qualche parte, dietro l’inquadratura.
Mentre tutti aspettano di conoscere i prezzi dei visori mainstream, preparandosi ad acquistare parallelamente pc dalle prestazioni non proprio accessibili, centinaia di scuole in tutto il mondo hanno deciso di collaborare con Google per proporre nuovi metodi di insegnamento immersivi attraverso il programma noto come Expeditions Pioneer Program con cui “raccontare” la geografia, la storia, il nostro Mondo, grazie al Cardboard.
L’health e altre applicazioni possibili
Le applicazioni della realtà virtuale non si fermano qui. Pensate che con la VR sono state già fatte numerose prove di riabilitazione psicofisica per anziani e pazienti ospedalizzati, per i quali a essere limitato non è solo il corpo ma anche la libertà della mente di raccogliere nuove esperienze, e quindi nuove sfide, aspettative, obiettivi. La VR può contribuire ad aiutare i pazienti proprio sotto questo aspetto, permettendo di sperimentare emozioni, punti di vista, condizioni di vita, anche quelli altrui.
Forse un giorno non condivideremo solo post, foto delle vacanze, video di un concerto ma la scarica di adrenalina vissuta lanciandoci in deltaplano.
Attenzione, fermi tutti: è vero, bisogna tenere gli occhi aperti sul rovescio della medaglia, su un ozio-passività che potrebbero essere indotti da una tecnologia che ci fa “uscire” dal mondo. Ma teoricamente anche Internet ci fa stare seduti ore al pc ed i social incollati allo schermo dello smartphone. Ma c’è chi quello stesso pc o smartphone lo sta usando per creare nuove opportunità, nuove collaborazioni, nuovi approcci letteralmente a tutto. C’è chi questa Internet, questa rete digitale e virtuale, la usa per tornare più efficacemente al mondo reale, più preparato, più propositivo di prima.
Un futuro da scoprire
Come ogni novità, la VR sarà l’ennesima sfida che ci porrà dubbi, domande, critiche ma è esattamente grazie a questo confronto che saremo capaci di ridiscutere il nostro ruolo nella società, i nostri limiti e le nostre potenzialità. Forse questi sogni ad occhi aperti sono ancora disturbati da qualche pixel qua e là, o da qualche ritardo dell´immagine mentre giriamo la testa “volando” nello spazio.
Ma in queste visioni digitali lievemente difettose riusciamo già a scorgere un oltre, un futuro (molto vicino) in cui l´immagine sarà nitida e l’esperienza totale.
Possiamo intuire il potenziale di questa tecnologia, di questo medium di comunicazione 3.0 paragonato da Facebook ad una forma di teletrasporto. E se possiamo farlo è proprio grazie a quella scatola di cartone che ognuno può realizzare da sé. Il Google Cardboard e tutti i suoi cloni, attivamente stimolati da Google stessa, sono una finestra sul futuro che, pixel o no, ci lascia a bocca aperta (a proposito, c’è un nome pure per quest’ultima, è stata definita come la VR Face).
Grazie a una scatola di cartone impariamo a sognare attraverso la VR, chiarendo anche cosa vogliamo da essa, quali storie vorremmo raccontare, quali mondi sintetici presentare. E possiamo farlo tutti, senza alcun limite. Perchè l’essenza, e la sfida, della VR non è la tecnologia che vi sta dietro, ma il contenuto e in questa riflessione Google Cardboard è il primo ad aver parlato con la voce di tutti gli appassionati in giro per il mondo già imbarcati su questa avventura.
Valentino Megale