Un artista cinese, in concomitanza con la conferenza sul clima di Parigi, ha deciso di catturare lo smog di Pechino per farci dei mattoni. Si chiama Nut Brother e ha passato 100 giorni immerso nelle polveri sottili per sensibilizzare il mondo sul problema dell’inquinamento cittadino.
In questi giorni ci sono due mondi a confronto. Mondi diversi, opposti, ma inevitabilmente legati. Da una parte c’è Parigi e la conferenza sul clima (COP 21), inaugurata il 30 novembre scorso, con circa 150 leader internazionali presenti. Dall’altra c’è Pechino e il suo devastante smog, con un uomo che si aggira con un marchingegno per aspirare la “nebbia” giallognola che avvolge la città.
Quell’uomo è un’artista. Si fa chiamare Nut Brother e negli ultimi tre mesi ha deciso di fare qualcosa di concreto per salvare la sua città e ricordare a chi ci governa che il tempo a disposizione, per salvare la Terra, sta volgendo al termine. Sì, perché la Conferenza di Parigi, dopo 20 anni di mediazione da parte delle Nazioni Unite, ha come obiettivo quello di stipulare un accordo necessario, vincolante e universale sul clima. Un accordo che non può più essere rimandato e che invece stenta ad arrivare.
100 giorni per le vie di Pechino (con un aspirapolvere)
Nel frattempo la vita nella Capitale cinese è sempre più difficile. Alla fine di novembre le scuole sono rimaste chiuse per una settimana e la visibilità si è notevolmente ridotta. Nessuno gira per le strade senza indossare le famose mascherine in tessuto che però non sono affatto efficaci contro le polveri sottili. Del resto gli ultimi dati parlano chiaro: l’inquinamento registrato a Pechino ha raggiunto livelli 24 volte superiori a quelli considerati tollerabili dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Un panorama preoccupante, quasi apocalittico, che appartiene alla realtà. Ed è proprio per questo che Nut Brother, nome d’arte del 34enne Wang Renzheng, ha deciso di raccontarlo attraverso qualcosa di tangibile e concreto:
In questo modo sono in grado mostrare a tutti quest’assurdità
Così, negli ultimi 100 giorni, si è messo a girare per le vie della sua città dotato di uno speciale aspirapolvere: per 4 ore al giorno, in punti diversi diversi di Pechino, è rimasto esposto all’aria tossica per iniziare a costruire un qualcosa che avesse davvero un impatto e che potesse contribuire a cambiare il mondo.
Un mattone come simbolo della cecità umana
Il lavoro di raccolta si è concluso il 30 novembre, in concomitanza con l’inizio della conferenza di Parigi. Nei giorni seguenti, per dare forma alla sua protesta, l’artista si è recato in una fabbrica edile di Pechino: qui ha unito alle polveri pesanti raccolte (circa 100 grammi) un po’ di argilla e sabbia, ha mescolato con cura i materiali e ha atteso che il processo di essicazione arrivasse a conclusione. Il risultato finale? Un mattone. Il simbolo perfetto per rappresentare la cecità umana di fronte ad un problema così grave e urgente.
Questo mattone è l’esempio reale di quello che stiamo lasciando entrare nei nostri polmoni e nel nostro organismo
Non è un’opera scientifica ma il suo valore rimane altissimo
L’opera di Nut Brother è stata immortalata da alcune foto pubblicate da Quartz: «L’aria di Pechino è irrespirabile ovunque» ha detto l’artista. «La mia non è una ricerca scientifica ma una semplice opera di denuncia su quello che accade in Cina e in tutto il mondo. Dobbiamo cercare di ritrovare la relazione che profondamente ci lega alla natura. E farlo ora».
Questo particolare mattone, che non è poi così diverso rispetto a quelli normali, diventerà parte di un edificio della città. Come una sorta di testimonianza e di riscatto. L’intero progetto, completo di foto e dati, è stato messo online sul profilo Weibo (equivalente cinese al nostro twitter) dell’artista. Ora tocca a Parigi dare delle risposte prima che altre città subiscano lo stesso destino di Pechino.
Alessandro Frau