Un pool di scienziati della Stanford University ha creato un nuovo algoritmo ispirato dalla famosa app Shazam, utilizzata per riconoscere le canzoni. L’obiettivo è quello di evidenziare le zone ad alto rischio sul breve periodo grazie al suono.
Ad oggi non esiste un metodo scientifico che permetta di prevedere con certezza dove e quando si verificherà un terremoto. I terremoti possono essere previsti solo statisticamente, analizzando la storia sismica di una determinata zona, stimando così le possibilità che si verifichi un altro terremoto entro un certo intervallo di tempo.
Esistono i cosiddetti precursori sismici, ovvero parametri chimici, fisici e geologici che subiscono dei cambiamenti prima di un terremoto. Questi, nonostante non siano indicatori certi di imminenti terremoti, hanno attirato l’attenzione di molteplici laboratori scientifici in giro per il mondo, che però non sono ancora riusciti ad estrapolare un modello valido e pratico per una effettiva previsione dei terremoti.
Per completezza d’informazione, ecco quali sono i precursori sismici studiati:
- precursori geochimici: variazione della concentrazione di alcuni elementi chimici radioattivi, tra cui il radon, nelle acque sotterranee e nei gas al suolo;
- precursori geofisici: mutazioni nella velocità e nelle caratteristiche di alcuni specifici tipi di onde sismiche e delle caratteristiche elettromagnetiche delle rocce;
- precursori geodetici: cambiamenti nella posizione e nell’inclinazione di rocce e parti della superficie;
- precursori sismologici: sono i microterremoti rilevabili solo strumentalmente che si possono verificare prima di un grande evento sismico.
Shazam, Stanford e l’algoritmo
Greg Beroza, professore di geofisica alla Stanford University, qualche anno fa ebbe un’intuizione. Trovandosi in un negozio di dischi, sentì per caso una canzone attraverso la radio dello store: il pezzo lo colpì e volle conoscerne il titolo e l’autore. Quale miglior modo per farlo se non utilizzare l’app di Shazam?
«Shazam mi ha dato il titolo della canzone e l’artista in meno di dieci secondi – racconta Beroza – in un momento mi resi conto che quel meccanismo sarebbe stato utile anche in sismologia: è stato un flash».
Shazam confronta l’audio in real time con altri file nel proprio database: cattura la forma d’onda audio di un breve tratto della canzone e lo sovrappone in tempo reale con le altre forme d’onda ospitate su un server online. Non solo: per ottenere il miglior risultato possibile, l’applicazione è anche in grado di filtrare rapidamente il rumore di fondo dell’ambiente circostante, come le conversazioni delle persone.
Così Beroza, tornato a Stanford, ha iniziato a lavorare sull’algoritmo di Shazam, modellandolo sui concetti della sismologia.
L’algoritmo sviluppato dal team di Stanford è stato chiamato FAST (Fingerprint And Similarity Thresholding), poiché in poche frazioni di secondo è in grado di isolare un tratto di onda sonora relativa ad un terremoto (di qualsiasi magnitudo – o grado della scala Richter) e confrontarla con tutte le altre presenti in database, anche se vecchie di dieci anni. I terremoti che si verificano nell’area di una stessa faglia mostrano un’onda sonora simile: grazie a FAST è così possibile mappare i terremoti e capire quali zone siano maggiormente a rischio e quale intensità ci si potrà aspettare.
Il template matching va in pensione
Fino ad oggi i terremoti venivano comparati attraverso il sistema definito template matching, ossia un confronto “visuale” attraverso le forme d’onda precedentemente registrate in un database. Questo sistema porta con sé due criticità: la quantità di tempo impiegata per il template matching è grande, e i sismologi dovevano conoscere a priori ciò che stavano cercando attraverso il confronto delle onde. La tecnica FAST (ricerca pubblicata anche sulla rivista Science), invece, elude quelle criticità, elaborando i big data nei database, e ricercando le “impronte digitali” dei terremoti, a velocità elevate.
FAST confronta il simile con il simile, scartando il “rumore”
Le “impronte digitali” dei terremoti vengono catalogate e ordinate singolarmente o in gruppi, in base alla loro forma d’onda. L’algoritmo mette in comparazione le forme d’onda simili, scartando altri rumori di fondo, grazie a dei semplici plug-in (come un DeNoiser utilizzato in music editing). «I test FAST che abbiamo condotto su un dataset enorme, che raccoglieva più di sei mesi di rilevamenti geologici, hanno prodotto risultati straordinari – afferma Beroza – con una velocità di oltre tremila volte rispetto alle tecniche convenzionali». Tutto questo è stato possibile grazie a tecniche di data mining e machine learning, senza le quali gestire quelle quantità di dati sarebbe stato impossibile.
FAST e la predizione dei terremoti
«Grazie a FAST saremo in grado di avvicinarci a quella che viene chiamata “previsione dei terremoti” – racconta Beroza – potendo analizzare dataset incredibilmente grandi, andremo ad assottigliare le incertezze relative, e quindi potremo essere più accurati nell’individuare un lasso di tempo ed una magnitudo del prossimo terremoto su una data zona o città. FAST potrebbe realmente salvare molte vite».