Bruxelles ha proibito l’uso di Facebook, Twitter, Istagram, Snapchat e Gmail ai minori di 16 anni. Una decisione controversa: più che il divieto, occorrerebbe un’educazione
L’Ue fa un passo indietro. In un momento in cui la Rete e i social network sono protagonisti dei cambiamenti della società e delle rivoluzioni politiche, da Bruxelles arriva un atto di codardia: proibire ai minori di 16 anni di usare Facebook, Twitter, Istagram, Snapchat e persino Gmail. La commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni, dopo un lungo dibattito durato mesi ha deciso di approvare un emendamento proposto da un europarlamentare tedesco che si illude di cambiare la vita dei nostri ragazzi. Il testo approvato non lascia scampo: “Il trattamento dei dati personali di minori di età inferiore ai sedici anni è lecito se e nella misura in cui il consenso è espresso o autorizzato dal genitore o dal tutore del minore”.
In teoria cambia poco dalla situazione odierna: già oggi per entrare nel magico mondo di Mark Zuckerberg è necessario avere 13 anni. Così per avere una casella di posta elettronica con Gmail negli Stati Uniti così come in Europa bisogna avere 13 anni (14 In Spagna e Corea del Sud; 16 nei Paesi Bassi). Eppure la maggior parte dei ragazzi ha un account. Il trucco è semplice: al momento dell’iscrizione barano sull’età. Basta fare un tour su Facebook per rendersi conto di quanto stiamo raccontando: a Vanessa, nonostante le pose da donna delle fotografie postate, non riesci a dare più di 12 anni. Carola, mi ha raccontato che per iscriversi si è fatta aiutare da mamma che le ha dato una mano a sistemare “questa cosa” dell’età.
Il 38% dei ragazzi dai 9 ai 12 anni (secondo i dati Eurokids) e il 77% di quelli dai 9-12 ha un profilo su un social network. Se anche gli Stati membri dovessero recepire (com’è previsto entro il 2018) le indicazioni dell’Ue, cosa cambierebbe? La maggior parte dei miei alunni, che oggi ha un profilo su un social network, continuerebbe ad iscriversi barando sull’età. Anzi l’idea che il proibizionismo possa essere usato con gli adolescenti è la netta dimostrazione che il legislatore non conosce la generazione 2.0.
E’ difficile pensare che si possa fermare un processo in corso che ha tutta l’aria di uno Tsnunami digitale. Oggi siamo di fronte, secondo una ricerca di Eurokids Online, a bambini sotto gli 8 anni che usano la Rete: in Svezia sono più dell’80% così in Belgio. Non solo. Una ricerca del Safer Internet Center del 2013 ha rilevato come il 30% dei bambini tra i 7 e gli 11 anni ha una propria pagina Facebook. Non sembra essere più uno scandalo per nessuno, nemmeno per i genitori.
Va comunque detto che a fronte di un aumento esponenziale degli accessi ai social network registriamo sempre più casi di bullismo in Rete e altri episodi che fanno suonare un campanello d’allarme. Come non ricordare il caso di “Neknominate” la folle gara tra adolescenti basata su chi beve più alcool: si posta su Facebook il video in cui ci si ubriaca e si nomina a propria volta altri amici per “obbligarli” alla bevuta. Il vero problema non è proibire i social network a chi non ha ancora la cosiddetta “età digitale” fissata dall’Ue, ma educare i nostri ragazzi a usarli. Vanno insegnate loro le regole del gioco. Di questo, noi educatori, avevamo bisogno da parte del legislatore: di una mano in questa missione che ci vede in prima fila ad affrontare un fenomeno nuovo.