A Piazza Affari oggi non sta andando solo Banzai, ma l’e-commerce italiano. O, quantomeno il simbolo dello stesso, con 4 milioni di acquirenti registrati, superato in Italia solo dalle americane Amazon ed eBay (qui la nostra analisi). La Borsa dà quindi una risposta (anche) al commercio elettronico nostrano nella fase delicata in cui le vendite dall’Italia verso Italia ed estero pesano per 13,3 miliardi di euro all’anno e gli acquisti di internauti italiani da portali stranieri sale a 14,6 miliardi. Il precedente da tenere a mente una volta iniziate le contrattazioni, che ricordiamo non coinvolgono il pubblico indistinto e si limita al 20% del capitale, è quello di Yoox.
Il simbolo del commercio elettronico tricolore, l’altro, fondato da Federico Marchetti è sbarcato a Piazza Affari nel 2009 con prezzo fra 3,6 e 4,5 euro per azione. “Non lo dico per essere originale a ogni costo, ma credo invece che il timing dell’operazione sia perfetto. Per troppi anni i marchi della moda e del lusso hanno guardato con scarso interesse a internet, ma nel 2009 c’è stata la svolta. Le paure cominciano a svanire e i brand hanno capito il potenziale del web non solo come canale distributivo, ma di comunicazione e di contatto con i clienti finali, che ormai sono globali, proprio come Internet”, dichiarava Marchetti. E rileggerlo oggi, ben sei anni dopo, fa un po’ impressione pensando quanto poco sia cambiato in termini di consapevolezza degli esercenti (ne parlavamo qui). L’unica matricola del segmento Star, lo stesso in cui si quota Banzai, del 2009 venne comunque accolta positivamente nonostante i dubbi dell’epoca sullo sviluppo dell’e-commerce: Yoox chiuse in crescita dell’8,3% a 4,66 euro per azione, la parte più alta della forchetta prevista, per una capitalizzazione di circa 216 milioni. Oggi le azioni della società di Marchetti valgono 19,83 euro, un anno fa si impennavano a 34,3 euro. I risultati preliminari del 2014 fanno riferimento a una crescita dei ricavi del 15% a 524 milioni di euro e un rialzo del fatturato del 16% a 158 milioni.
Altra esperienza da tenere sul tavolo in queste ore è quella di Zalando, gigante tedesco che si è candidato a fine 2014 a far sventolare nuovamente ad alti livelli la bandiera del Vecchio Continente. Insieme a lui, alla Borsa di Francoforte, il (suo) contenitore Rocket Internet. Sulla scia, in quei giorni d’autunno, dell’expoit di Alibaba, gigante e-commerce (e non solo) cinese che ha sbancato Wall Street. L’andamento di Zalando è stato invece altalenante: il titolo si è piazzato nella parte alta della forchetta, a 21,50 euro, e nelle prime ore è cresciuto del 12%. Si è poi stabilizzato in quelle successive per poi scivolare del 12% a 18,60. E le ragioni rischiano di condizionare anche l’andamento della quotazione di Banzai: a far tenere il freno tirato è stata la situazione economica dell’Europa meridionale e le incertezza sulla ripresa dei consumi, anche online. I conti del 2014 sembrano però dar ragione a chi ha scommesso sul portale: un rialzo delle vendite del 26% ha permesso di chiudere l’anno in positivo per la prima volta.