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Il 2015 è stato l’anno record delle grandi banche d’affari, che hanno messo in azione un giro da 5.020 miliardi di dollari (4.555 miliardi di euro), superando il record del 2007 (4.810 miliardi di dollari), l’anno precedente all’inizio del “big crunch”, ovvero del grande crollo che portò alla crisi economica globale.

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Megafusioni tra colossi

I dati sono stati diffusi dal Daily Telegraph, che ha registrato il ritorno delle megafusioni (“merger and acquisition” o più semplicemente “M&A”) tra colossi dello stesso settore. 67 in tutto, tra fusioni e acquisizioni, per un valore medio di oltre 10 miliardi di dollari e totale di 1.900 miliardi, oltre il doppio di quanto registrato nel 2014.

Tra i “signori dell’universo” i nomi – ad eccezione di Lehman Brother’s, vittima più illustre della crisi – sono sempre gli stessi: Goldman Sachs ha avuto ricavi per 2,6 miliardi dal settore fusioni ed acquisizioni, pari all’11,7% dell’intero fatturato del colosso bancario. A seguire JP Morgan con 1,9 miliardi e terza Morgan Stanley con 1,6 miliardi.

Usa e Cina

Dei 67 mega accordi tra colossi della finanza 50 riguardano gli Usa, che con oltre 10 mila operazioni di M&A per un controvalore di 2.400 miliardi di dollari (il 54% in più rispetto all’anno prima) restano il motore dell’intero settore.

Segue, come numero di accordi, la Cina con 4.500 per 567 miliardi di dollari, con un aumento del 34%, nonostante il crollo della borsa di Shanghai a partire dal 12 giugno scorso.

In Europa

Terza la piazza di Londra ma solo per numero di accordi, 2.537, ma seconda per controvalore con 447 miliardi di sterline pari a 665 miliardi di dollari. Nel Regno Unito si è anche registrata la più grande impennata di acquisizioni e fusioni: +93% rispetto al 2014. Il settore più coinvolto è quello della salute, stimato in 732 miliardi. Settore dove si è verificato anche il Big Deal dell’anno, la fusione tra i colossi farmaceutici Pfizer e Allergan (Botox) per 160 miliardi. A seguire la tecnologia con 719 miliardi.

Italia fuori dalla crisi non prima del 2020

Mentre i colossi bancari vivono la loro stagione migliore dal 2007, il Pil italiano potrà tornare alla situazione pre-crisi non prima del 2020. Lo sottolinea la Cgia di Mestre rilevando che nonostante un recupero economico raccolto dall’Italia negli ultimi mesi la situazione resta ancora molto delicata: dall’inizio della crisi nel 2007 ad oggi, nel nostro Paese il Pil è sceso di oltre 8 punti percentuali, i consumi delle famiglie sono calati di 6,5 punti e soprattutto gli investimenti di quasi 27,5 punti per circa 109 miliardi di euro. La disoccupazione, invece, è pressoché raddoppiata. Se nel 2007 ammontava al 6,1%, ora dovrebbe attestarsi al 12,1%. «Gli investimenti», dice il coordinatore della Cgia Paolo Zabeo sono una componente rilevante del Pil. Se non miglioriamo la qualità dei prodotti, dei servizi e dei processi produttivi siamo destinati a impoverirci. Senza investimenti non c’è futuro».