Quindicesima lezione del corso di Stanford sulla creazione di una startup: in questa si scopre come si prendono al meglio le decisioni importanti per un’azienda (e la capacità di ascolto di un vero leader)
L’appuntamento numero quindici con il corso “How to start a startup” vede in cattedra Ben Horowitz, probabilmente uno degli investitori più importanti e noti nella Silicon Valley (ha investito, tra i tanti, in Skype, Facebook, Twitter, AirBnB, ecc.).
La lezione, dal titolo “How to manage” è disponibile, come sempre qui sotto con i sottotitoli in inglese.
Anche questa settimana sono disponibili le slide utilizzate durante il talk e il transcript completo dell’intervento.
Le letture consigliate (da fare prima del video) sono tre e si tratta di tre articoli pubblicati dallo stesso Howowitz sul suo blog:
- Making Yourself a CEO
- A Good Place to Work
- How to Minimize Politics in Your Company
Come è facile intuire dal titolo, questa lezione è completamente dedicata all’aspetto manageriale all’interno di una startup e a quei compiti troppo spesso sottovalutati dai CEO: assunzioni, licenziamenti, assegnazione dei task, ecc.
L’argomento è sicuramente complesso e spinoso ma Ben Horowitz riesce a comunicarlo al meglio grazie a una serie di esempi molto pratici che rappresentano situazioni tipiche all’interno di un’azienda. Vi consiglio, per questo, di dare un’occhiata alle ottime slide di supporto.
Il punto centrale dell’intera lezione è la capacità, dell’imprenditore, di comprendere i punti di vista degli altri ogni volta che deve prendere una decisione importante. Ogni tipo di decisione, sia essa piccola o grande, verrà letta in modo diversa dalle parti coinvolte. E scatenerà conseguenze diverse (a volte inattese) sulle parti coinvolte.
I punti di vista da tenere in considerazione sono fondamentalmente tre: il proprio, quello della persona che subisce la scelta e quella di tutte le altre persone non presenti al momento della decisione. Questi ultimi, spesso ignorati o sottovalutati, sono invece fondamentali perché, come conclude Horowitz, “sono loro l’azienda, sono loro la cultura!”.