“The invisibile made audible”. Da qui parte la storia che oggi raccontiamo. La storia di Horus Technology, il dispositivo in grado di riconoscere lo spazio intorno a sé e dare indicazioni precise attraverso un auricolare
“The invisibile made audible”. Da qui parte la storia che oggi raccontiamo. La storia di Horus Technology, il dispositivo in grado di riconoscere lo spazio intorno a sé e dare indicazioni precise attraverso un auricolare a esso collegato. La storia di tre ragazzi che, mettendo a frutto i loro studi, vogliono aiutare quei 300 milioni di individui che, in tutto il mondo, soffrono di disabilità visive. Persone che, ogni giorno, trovano difficile compiere semplici gesti quotidiani come attraversare la strada o leggere un libro. Ed è una storia che si è appena arricchita di un nuovo, importantissimo, capitolo: una campagna crowdfunding terminata con un fantastico goal. Horus Technology, infatti, ha appena raccolto poco più di 30.000 euro, grazie a 322 sostenitori, superando nettamente i 20.000 euro previsti come obiettivo iniziale sulla piattaforma #wcap di Tim. Con questi nuovi fondi sarà possibile costruire una serie di prototipi avanzati e procedere con quei test decisivi che completeranno il prodotto.
La nascita di Horus
«Horus è nato da un incontro con una persona non vedente» racconta Saverio Murgia, CEO di Horus «che ha fermato me e Luca Nardelli (CTO, ndr) a Genova, chiedendoci aiuto per attraversare la strada e trovare l’autobus giusto. Abbiamo iniziato a parlare con lui e scoperto i metodi che utilizza per orientarsi e muoversi in parziale autonomia, ci sono sembrati veramente macchinosi e complicati. La nostra tesi di Laurea Triennale in Ingegneria Biomedica riguardava proprio lo sviluppo di un sistema robotico in grado di muoversi autonomamente grazie alla computer vision: questo incontro ci ha fatto pensare a come le nostre conoscenze potessero essere applicate per fare qualcosa di utile alle persone».
Il percorso di Horus ha avuto inizio grazie a Silicon Valley Study Tour, che ha permesso ai founder di partecipare allo Startup Day – Vol II organizzato a Genova con il supporto di Talent Garden: «con quella prima vittoria abbiamo segnato l’inizio di un percorso focalizzato a raggiungere l’obiettivo di sviluppare Horus. A maggio abbiamo ricevuto il primo grant da EIT ICT Labs, un network europeo che ci ha fornito numerose opportunità di contatto con altre eccellenze tecnologiche» ricorda Saverio. Il team è stato poi accelerato da Working Capital e ha vinto una competizione presso IDIAP, un laboratorio di ricerca in Svizzera. Subito dopo è arrivata un’altra buona notizia: l’invito a entrare nel network di Edison Start, tramite una menzione speciale. Infine, dall’inizio del 2015, Horus è ospitata nell’acceleratore FICHe che è parte del progetto europeo Fiware.
Come funziona Horus?
Horus si configura come un assistente personale che tramite dei sensori osserva la realtà circostante, la analizza e ne estrae delle informazioni, che vengono comunicate alla persona attraverso un messaggio vocale tramite conduzione ossea, in modo da non ostacolare la percezione dei suoni dell’ambiente circostante. Tutta l’elaborazione necessaria per leggere testi, riconoscere oggetti, volti e assistere nel movimento all’aperto indicando strisce pedonali, cartelli stradali o ostacoli, avviene in locale, evitando dunque di richiedere una connessione ad internet continua. Per adattarsi a tutte le situazioni possibili, Horus interagisce con la perso sia tramite comandi vocali che tramite pulsanti.
«La principale innovazione apportata da Horus» ricorda Saverio «consiste nell’applicazione e sviluppo di nuove tecnologie di computer vision e machine learning per fornire alla persona un supporto a 360 gradi, offrendo un dispositivo che sia oltre un ausilio e che diventi un vero e proprio assistente personale. A livello sociale, invece, l’innovazione consiste nella possibilità di creare un dispositivo per non vedenti che sia completamente costruito insieme a loro, infatti ogni aspetto di Horus viene progettato sulla base dei commenti che ci vengono proposti da persone che sarebbero realmente interessate ad utilizzare il nostro dispositivo. In questo modo si riesce a creare un dispositivo che possa veramente soddisfare le esigenze delle persone, restituendo loro indipendenza».
Ogni giorno i tre ragazzi ricevono messaggi da persone interessate a provare Horus e a contribuire allo sviluppo del dispositivo. La reazione delle persone che hanno testato Horus è stata immediata e tangibile: «Si mettono a sorridere e continuano ad ascoltare la voce che parla loro, ad esempio leggendo un testo. Appena terminato il test, sopraggiungono poi mille commenti: le persone ci segnalano quali sono gli aspetti da migliorare e quali siano secondo loro le funzionalità da sviluppare con maggiore priorità».
Il team
Saverio Murgia (il primo da destra): CEO e Founder di Horus, è studente del master europeo in robotica avanzata (EMARO), laureato in Ingegneria Biomedica e studente del percorso di eccellenza dell’Università degli Studi di Genova (ISSUGE). Ha esperienza riguardo computer vision, programmazione di sistemi embedded e sistemi operativi Unix based. E’ co-autore di un paper scientifico sulla computer vision pubblicato nei proceedings della conferenza internazionale VISIGRAPP.
Luca Nardelli: CTO e Founder di Horus, è tudente del corso di Laurea Magistrale in Bioingegneria, laureato in Ingegneria Biomedica e allievo del percorso di eccellenza ISSUGE. Ha esperienza in computer vision e programmazione su GPU con framework CUDA. E’ co-autore dell’articolo VISIGRAPP.
Benedetta Magri: Strategy and Business Development di Horus. Attualmente in contatto con diverse organizzazioni non-profit che si occupano di ciechi ed ipovedenti in Italia e Regno Unito. A lei è affidata la strategia di entrata nel mercato per Horus. È laureanda in Economia Aziendale presso l’Università di Genova (2015)